GIOVANNI XXIII E PADRE PIO: QUANDO I SANTI NON SI CAPISCONO TRA LORO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 22 mar.
Non ci fu alcun atteggiamento persecutorio da parte di Giovanni XXIII nei confronti di padre Pio da Pietrelcina, anzi i provvedimenti assunti rivelano una benevola predisposizione nei confronti del Frate.
Lo afferma il giornalista Stefano Campanella, portavoce del santuario di San Pio a San Giovanni Rotondo, autore del libro "Oboedentia et pax. La vera storia di una falsa persecuzione" edito dalla Libreria Editrice Vaticana e presentato questa sera nell'affollatissima Sala Marconi della Radio Vaticana.
"Erano gli uffici a trasmettere notizie negative su quanto avveniva a San Giovanni Rotondo, e il Papa non poteva far altro che prenderne atto", spiega da parte sua mons. Loris Capovilla, segretario personale di Papa Roncalli, motivando cosi' il giudizio negativo del "Papa buono" sul frate stigmatizzato.
"Posso assicurare - giura l'arcivescovo emerito di Loreto - che da parte del Papa non c'era alcun pregiudizio". Il suo timore "era frutto delle informazioni che gli venivano fornite dagli incaricati della Santa Sede. Lui, non conoscendo personalmente il frate, doveva necessariamente affidarsi agli incartamenti, ai pareri, alle relazioni di chi si occupava della vicenda per conto del Vaticano gia' da tempo". Quanto alle ragioni che c'erano dietro quegli incartamenti, Capovilla conferma che "cio' che preoccupava maggiormente era l'enorme afflusso di denaro, di donazioni, a San Giovanni Rotondo: c'era il timore - racconta - che qualcuno potesse approfittare della situazione, in particolare per quanto riguarda la costruzione dell'Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza".
L'arcivescovo Capovilla tiene a sottolineare pero' che "il caso Padre Pio non e' nato con Giovanni XXIII ma addirittura ai tempi di Benedetto XV". Roncalli, ricorda, "era un uomo e come tale non era infallibile, avra' commesso anche lui i suoi errori".
Ma questo non inficia per nulla la santita' del frate di Pietralcina e nemmeno quella del Pontefice: "considerando che Padre Pio e' stato prima beatificato e poi canonizzato da Giovanni Paolo II ed oggi e' uno dei santi piu' amati del mondo, mi sembra chiaro - afferma l'anziano arcivescovo intervistato dal sito "Petrus" - che da parte di Papa Roncalli vi sia stato un giudizio sbagliato, condizionato da tutta una serie di circostanze. Cio' non sminuisce il Pontificato e la vita di Papa Giovanni, ma mette in risalto che il Papa e' un uomo come tutti gli altri e, a meno che non si esprima 'ex cathedra', cioe' non si rifaccia al dogma dell'infallibilita' del successore di Pietro, puo' anche sbagliare nelle sue valutazioni".
Il Papa buono, comunque, alla fine si dovette ricredere, ed a convincerlo a cambiare idea era stato il card. Giuseppe Siri, l'arcivescovo di Genova che e' stato il primo presidente della Cei, rivela il biografo di quest'ultimo, il celebre vaticanista e storico Benni Lay, che ha pubblicato sul sito "cardinalsiri.it" una serie di testimonianze inedite sui rapporti tra il santo del Gargano e lo stesso Siri, che si decise ad intervenire con Giovanni XXIII dopo l'inquisizione di mons. Maccari a San Giovanni Rotondo. "Capitava spesso - confido' il cardinale - che mi trovavo in udienza con il Papa dati i miei impegni di presidente della Cei e delle Settimane Sociali ed ogni qualvolta si finiva col parlare di padre Pio. Giovanni XXIII, un uomo buono, vero santo, era preoccupato. Arrivavano in Vaticano gravi accuse su padre Pio. Talvolta erano i medesimi difensori ad oltranza del cappuccino che con il loro zelo e la loro fretta contribuivano a creare difficolta'. Molti agivano in buona fede, pensando di fare del bene, solo che a pagarne le conseguenze era sempre padre Pio.
Alla fine il Papa - sono ancora parole di Siri riportate da Benny Lai - si convinse che il povero frate era estraneo alle accuse che gli venivano mosse". Lai ricostruisce anche il tentativo compiuto decenni prima da Siri per far ricredere padre Gemelli, che il futuro cardinale aveva conosciuto quando per seguire i corsi universitari della Gregoriana, s'era trasferito da Genova al Seminario Lombardo di Roma. Ma anche un gigante della fede come era Siri dovette arrendersi davanti ai pregiudizi del medico francescano, che non riusciva ad accettere che altri potessero condividere lo stesso dono ricevuto dal Poverello di Assisi, cioe' le stimmate. Un vero e proprio pregiudizio, che Siri non riusci' a demolire. "Ho avuto grande stima del fondatore dell'Universita' Cattolica, che era uno studioso di grande prestigio e mio amico ma purtroppo - disse il cardinale - in quell'occasione sbaglio'".
Il grandissimo card. Siri era insomma piu' che convinto dei doni mistici ricevuti da padre Pio, con il quale non ebbe mai rapporti diretti per non creare problemi alle autorita' preposte a seguire il caso.
"I fatti sono fatti - faceva notare - e non vi e' dubbio che egli vedesse il futuro, leggesse nel pensiero, si spostasse in bilocazione. E poi le guarigioni, la possibilita' di convertire un ateo con uno sguardo, una parola, una benedizione". Non sono questi prodigi?", domandava Siri. A riprova di tali affermazioni il cardinale raccontava la "singolare intesa" creatasi tra lui e padre Pio sia tramite i genovesi, che recatisi a San Giovanni Rotondo, riportavano al loro arcivescovo i saluti inviatigli dal frate, sia un piu' che curioso episodio. "Dovevo prendere una grave decisione circa una importante questione relativa alla diocesi di Genova. Ed ero perplesso ed angustiato poiche' le soluzioni possibili erano due, ma non sapevo quale fosse la migliore. Messo alle strette decisi per una delle due. Il giorno successivo ricevetti un telegramma di padre Pio in cui mi confermava che la decisione presa era quella giusta e mi esortava a continuare lungo quella strada. Avevo vissuto le mie perplessita' senza farne parola ad alcuno. Come aveva fatto padre Pio ad averne notizia?". Un interrogativo pubblicamente rivelato dal cardinale nella commemorazione del 1972, a quattro anni dalla morte del frate e, successivamente, nella lettera a Paolo VI con la quale postulava l'avvio della procedura per la beatificazione e la canonizzazione di padre Pio. La lettera di Siri a Paolo VI e' del 1975, l'anno in cui l'arcivescovo di Genova si reco' a San Giovanni Rotondo per celebrare una messa sulla tomba del frate e scrivere sul registro dei visitatori: "Con gratitudine".
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7 commenti:
Che lo Spirito Santo illumini la Chiesa affinché riconosca che San Pio da Pietrelcina si sta manifestando ed è presente tra l'umanità.
PER RAFFAELLA
E' stato titolato erroneamente Giovanni XIII.
Buona giornata!
Francesco
Grazie!
Da qualche anno alcuni uomini degni di fede e assai retti, dimoranti a San Giovanni Rotondo, hanno iniziato con la predicazione o con pubblicazioni di libri, a ridimensionare o comunque dare una nuova lettura in senso più positivo, riguardo alle incomprensioni, persecuzioni o diffidenze che ebbe in vita Padre Pio da Pietrelcina. Bisogna sempre ricordare che l'atteggiamento di Padre Pio verso ogni decisione proveniente da Roma o dai suoi superiori Cappuccini, fu l'obbedienza e il silenzio. Non reagì mai, nè mormorò o espresse giudizi. Tuttavia mi pare azzardato supporre che da parte del grande Pontefice Giovanni XXIII non vi fosse nulla di astioso verso il frate del Gargano. Senza nulla togliere alla santità del Beato Giovanni XXIII, bisogna ammettere, con fonti alla mano, che egli non volle occuparsi di Padre Pio perchè era persuaso che la vita, le esperienze mistiche del frate cappuccino, rappresentassero un legame con una "spiritualità" piuttosto incomprensibile all'uomo moderno e per nulla rispondente all'immagine nuova di Chiesa che egli aveva nel cuore. Sono persuaso che ogni iniziativa volta a "pacificare" gli anni bui sperimentati ( vissuti sempre nell'obbedienza) da San Pio da Pietrelcina e a ridimensionare in senso più pacato le varie incomprensioni e sanzioni che egli ricevette; siano lodevoli. Ma da quì a presumere che in qualche modo il Beato Gioavanni XXIII fosse stato "informato male" su Padre Pio...., mi pare una forzatura. O addirittura supporre un qualche interesse o segni di stima o di simpatia del Pontefice verso Padre Pio, non mi pare affatto cosa attendibile e veritiera. Lasciamo alla storia anche le incomprensioni "tra Santi" senza avventurarci in geometrie interpretative prive del sostegno delle fonti e della verità. Ci basti sapere che in Paradiso Giovanni XXIII e Padre Pio si vogliono un gran bene.
Definirei l'operetta di Stefano Campanella un eccesso di zelo.
non è serio dare la colpa di tutto sempre e soltanto al sant'uffizio.
responsabile di quanto accade nella chiesa è sempre il papa come ci ha autorevolmente insegnato magistralmente e meravigliosamente benedetto xvi nella lettera ai vescovi cattolici del marzo 2009.
scaricare sempre tutto sul sant'uffizio e poi sulla congregazione per la dottrina della fede non è giusto e non è corretto.
Pare che in questo periodo vada forte il revisionismo.
Alessia
Attraverso le varie pubblicazioni è nota la motivazione per la quale Padre Pio venne perseguitato ed osteggiato da alcuni uomini al servizio della Chiesa.
Il tutto è riconducibile alle cospicue offerte che Padre Pio riceveva da ogni parte per la costruzione dell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, e che qualcuno voleva acquisire per tamponare un buco finanziario.
Di qui scaturirono dossier negativi, circa il comportamento di Padre Pio,
dei quali Giovanni XXIII ne rimase sconvolto e di cui non poteva non tenere conto.
Per fortuna l’allora Vescovo di Manfredonia Mons. Andrea Cesarano, al quale Giovanni XXIII lo invitò a scrivere qualcosa su Padre Pio, invio una lettera a Giovanni XXIII affermando di conoscere bene Padre Pio. Di averlo incontrato diverse volte e di avere una grande stima di lui. Accennò alle stigmate, ai “miracoli”, ai vari fenomeni come le bilocazioni, profezie, eccetera. Ma si soffermò sul modo di vivere di Padre Pio definendolo “uomo di preghiera, di profonda pietà e di sode virtù’”. <>.
<<Papa Giovanni XXIII fu conquistato da quella lettera e divenne un sostenitore di Padre Pio. Ci sono alcuni documenti che lo comprovano, e monsignor Cesarano ha testimoniato che, in varie occasioni, in particolari momenti difficili, Giovanni XXIII gli telefonava dicendogli: <<Dica a Padre Pio di pregare per me.
E’ chiaro, quindi, che su Padre Pio, Giovanni XXIII fu ingannato e non lo si può certamente considerare persecutore di Padre Pio.
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