Riceviamo e con piacere e gratitudine pubblichiamo:
"Gira voce che..." Se la Chiesa cede al media system
L'addio del vaticanista Andrea Tornielli a "il Giornale" apre una riflessione sulla degenerazione dell'informazione che interessa tutto il mondo cattolico
Paolo d'Andrea
La lista si allunga. Dopo Vittorio Feltri, Michele Brambilla, Luca Telese e Alberto Pasolini Zanelli, il quotidiano della famiglia Berlusconi perde un altro pezzo pregiato della sua scuderia: anche il vaticanista Andrea Tornielli - uno dei giornalisti italiani attualmente più citati sulla stampa internazionale - sta per lasciare il Giornale, dove lavorava dal 1996. Nelle prossime settimane, stando a indiscrezioni filtrate sul settimanale Il Mondo, potrebbe essere ufficializzato il suo passaggio al quotidiano La Stampa, da tempo diretto da Mario Calabresi. L'operazione, se fosse confermata, si presterebbe a diverse chiavi di lettura. Sul versante squisitamente giornalistico, con la "new entry" La Stampa diventerebbe il quotidiano da leggere per quanto riguarda l'informazione ecclesiale e religiosa. All'inconfondibile accento evangelico dei commenti del monaco Enzo Bianchi, alle incursioni nel cristianesimo d'Oriente di Silvia Ronchey, alle analisi del sociologo Franco Garelli, alle laiche sollecitazioni di Gian Enrico Rusconi e alle cronache mai scontate dell'altro vaticanista Giacomo Galeazzi, il nuovo arrivato aggiungerebbe il suo contributo eccellente di conoscenze, ottime fonti e visione globale delle dinamiche ecclesiali. Da tempo il suo blog è diventato un punto di riferimento internazionale per l'informazione del settore, a cui attingono vaticanologi di tutto il mondo. Di certo, la vena inesauribile del giornalista-biografo dei Papi - tra le decine di libri da lui sfornati spiccano i due volumi monumentali su Pio XII e Paolo VI - potrà muoversi su più ampi orizzonti. Negli ultimi tempi, titoli e sommari doverosamente allineati con la versione di regime sugli «ottimi» rapporti tra Berlusconi e la Chiesa non rendevano più giustizia dei contenuti non faziosi dei suoi articoli.
Per il resto, il nuovo annunciato approdo giornalistico di Tornielli avviene in un frangente generale in cui il rapporto tra dinamiche ecclesiali e informazione appare congestionato da fattori tutti da decifrare. Un caso emblematico dei sentieri contorti imboccati dal vaticanismo di conio recente riguarda proprio il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. Negli ultimi mesi, a intervalli periodici, sono apparsi su il Giornale cinque articoli di autore ignoto, scritti con linguaggio leziosamente curiale, stracarichi di allusioni e messaggi cifrati che solo i cultori a tempo pieno delle beghe dei Palazzi vaticani sono in grado di decrittare. Nell'articolo di esordio, uscito a metà gennaio, lo scrivàno misterioso si dilungava in una enfatica laudatio del segretario di Stato Tarcisio Bertone, descritto come «l'ammiraglio» della flotta ratzingeriana («ha conquistato silenziosamente le centrali decisionali della Curia romana e non solo, elevando a requisiti selettivi per le alte cariche la fedeltà alla tradizione cattolica e al Pontefice»); in un altro, si esercitava da equilibrista in una excusatio dei "silenzi" ecclesiastici davanti al cosiddetto Rubygate. In un altro ancora, tirava fuori l'indiscrezione sui progetti di riforma dei sistemi di sorveglianza e intelligence vaticana per poi attaccare - senza farne il nome - un monsignore di curia descritto con la prosa ineffabile degli indovinelli gossippari («chi è questo arcivescovo, dallo sguardo arcigno, che mette in fermento il santo condominio? In Curia, si dice, un tempo a portare lo stesso nome erano in tre…»). L'identikit del vaticanista fantasma arruolato da Sallusti non è ancora completo. Ma in Vaticano c'è chi raccoglie indizi. E finora i tasselli del puzzle sembrano condurre a un personaggio vicino agli ambienti ecclesiastici liguri. La serie di articoli anonimi ospitati su il Giornale per lanciare avvertimenti decifrabili solo da chi vive «sotto la Cupola» (come recita la testatina sotto cui sono apparsi alcuni di essi) forse non va presa troppo sul serio. Ma c'è chi vi vede un caso esemplare dell'involuzione che da tempo minaccia una parte - quella spesso considerata più "appetibile" dai meccanismi drogati del media system - dell'informazione ecclesial-vaticana. Nella sua versione hard, questa deriva conduce anche tale segmento informativo a omologarsi a metodi e format tipici dei servizi segreti deviati: dossieraggio, operazioni di depistaggio, messaggi in codice per colpire e intimidire avversari veri o presunti. Il caso-Boffo, propinato proprio sulle pagine del Giornale a guida Feltri-Sallusti, è stato finora l'applicazione più clamorosa di tale modello. Ma il sostrato su cui esplodono simili mine è un intreccio tra dinamiche ecclesiali, giochi di potere e informazione che ormai esercita i suoi livelli di condizionamento in tempo reale, grazie ai ritmi no stop della comunicazione digitale. La novità non è tanto nell'uso della pressione mediatica per influenzare orientamenti e decisioni ai piani alti della Chiesa. Già al tempo dell'ultimo Concilio i diversi partiti ecclesiali facevano largo uso dei media di allora per distendere le rispettive strategie. E la storiografia dei Conclavi recenti ricorda che il cardinale Giuseppe Siri nel '78 fu definitivamente fatto fuori dalla corsa al trono d Pietro anche a causa di un'intervista concessa al giornalista Gianni Licheri - e letta da molti cardinali prima della loro clausura nella Cappella Sistina - nella quale il porporato conservatore esprimeva senza remore il suo scarso apprezzamento verso le riforme del Concilio Vaticano II e la riscoperta della collegialità episcopale.
A apparire inedita, oggi, è l'ipersensibilità e l'acribia con cui anche nei Sacri Palazzi si leggono e decifrano fin nelle virgole i dispacci d'agenzia, le esternazioni rimbalzanti nella blogosfera e gli articoli dei quotidiani. Colpisce anche la disinvoltura con cui personaggi di primo piano della cittadella vaticana affidano a studiate manovre mediatiche un ruolo cruciale nel dispiegamento delle proprie strategie. Con tanto di giornalisti "fidelizzati" che fanno flitrare di volta in volta notizie vere, mezze notizie, indiscrezioni, insulti ai "nemici" o bufale certificate, a misura degli obiettivi della cordata o dell'alto prelato di riferimento. Le conseguenze del trip da iperventilazione mediatica sono molteplici, e quasi tutte nefaste. La foglia ormai l'hanno mangiata quasi tutti, e ognuno vuol partecipare a modo suo. L'ultimo caso di emulazione è quello dei blog legati al giro "teocon" che nei giorni scorsi hanno diffuso indiscrezioni su un presunto imminente «annacquamento» delle disposizioni che dal 2007 hanno liberalizzato la celebrazione della messa in latino secondo il rito romano preconciliare.
In realtà, si trattava di un depistaggio "preventivo" studiato ad hoc per scatenare sul Palazzi d'Oltretevere le ansie dei cultori del rito antico. «La fuga di notizie» ha ammesso senza remore il sito www.messainlatino.it «aveva lo scopo di sollecitare un movimento di reazione che potesse portare le istanze vaticane a rivedere in senso più favorevole l'emananda Istruzione». Operazione riuscita, visto che - fa sapere con compiacimento il blog tradizionalista - «il movimento di reazione c'è stato, eccome; non solo quello visibile, ma soprattutto quello discreto, molto più influente e ad alto livello, nel terzo piano del Palazzo Apostolico». Così, proprio l'iper-sensibilità che si respira nelle Sacre Stanze per il surriscaldato media system globale finisce per chiudere ancor di più le alte sfere ecclesiastiche nel cerchio asfittico della propria auto-referenzialità. Invece di favorire un monitoraggio che aiuti a modulare interventi e messaggi efficaci, espone al ricatto delle campagne orchestrate da lobby laiciste e clericali. Invece di diventare strumento di approccio e di contatto col mondo reale, diventa manifestazione patologica di quella «autoccupazione ecclesiale» che secondo Joseph Ratzinger sta aggredendo e ammalando la vita della Chiesa come un parassita debilitante.
© Copyright Il Secolo d'Italia, 10 marzo 2011
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7 commenti:
Non c'è dubbio che tutti riconoscono la serietrà, il rigore e la rafinatezza di Andrea Tornielli e, quindi, se ha deciso di lasciare Il Giornale certamente un validissimo motivo ci deve pur essere.
Francesco D.
Complimenti! Più che preciso. Purtroppo.
D'Andrea sarà anche preciso ma ha lo scopo di mettere i cosidetti teocon fuori gioco e di conseguenza ritornare alla situazione preBerlusconi quando i cattoprogressisti non avevano rivali.
Così avremo altre belle leggi come l'eutanasia soft, il matrimonio omosessuale soft, tutti mali minori come il divorzio e l'aborto. Eufemia
Certo che un ottimo motivo deve avercelo il bravo e serio Tornielli.
Per il resto che posso dire, il tono di questo articolo mi dà la nausea, ciò che racconta idem.
Alessia
http://rorate-caeli.blogspot.com/2011/03/third-rate-catholics.html
Dopo le illazioni di messainlatino per fare pressione sul vaticano, come riportato da piu' parti, adesso non si sorprendano se queste sono le reazioni.
Non l'hanno ancora capito che al Vaticano non si comanda? :)
Non so se la notizia è vera. Ricordiamoci però che esce da una penna e da un giornale organo del neolaicismo attuale, Il Secolo d'Italia: ex organo di AN, ora portavoce dei laicisti del FLI e con il suo direttore, l'iperlaicista Perina, ex ultrafascista e ora favorevole alle unioni omosessuali, alle adozioni gay etc.
Luigi C
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