martedì 15 marzo 2011

Il crocifisso non lede la libertà religiosa. Laicità in pericolo? La Cassazione dice no (Re)

Il crocifisso non lede la libertà religiosa

Laicità in pericolo? La Cassazione dice no

Resi noti i motivi per cui la Suprema corte ha confermato la rimozione del giudice Tosti, che si rifiutava di tenere udienze in presenza della croce

DA MILANO DAVIDE RE

L’ esposizione del crocifis­so nelle aule dei tribuna­li, e negli uffici pubblici, non può essere avvertita come un pericolo per la libertà religiosa.
Lo ha stabilito la Cassazione, nel­le motivazioni della sentenza con la quale ha confermato la rimo­zione dalla Magistratura del giu­dice di Camerino Luigi Tosti, che si rifiutava di tenere udienze in aule nelle quali era presente ap­punto il crocifisso o in alternati­va alla rimozione, chiedeva di po­ter esporre anche la Menorah, sim­bolo della fede e­braica.
Il dispositivo deci­so dalla Suprema corte è però più ar­ticolato. Per i giu­dici infatti per e­sporre negli uffici pubblici, tra i qua­li rientrano le aule di giustizia, nuovi simboli religiosi diversi dal crocifis­so «è necessaria u­na scelta discrezionale del legi­slatore, che allo stato non sussi­ste ». Non solo, dopo aver respin­to la pretesa di Tosti per quanto riguarda la richiesta di esporre il simbolo ebraico accanto al croci­fisso, la Cassazione rileva che una simile scelta potrebbe anche es­sere fatta dal legislatore, valutan­do però anche il rischio di “possi­bili conflitti” che potrebbero na­scere dall’esposizione di simboli di identità religiose diverse. In pratica, il crocifisso è l’unico sim­bolo religioso ammesso all’inter­no degli spazi pubblici.
«È vero che sul piano teorico il principio di laicità – scrive anco­ra la Cassazione – è compatibile sia con un modello di equipara­zione verso l’alto (laicità per ad­dizione) che consenta ad ogni soggetto di vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli del­la propria religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso (laicità per sottrazione)». Tale scelta legislativa, però, pre­suppone, spiega ancora la Cassa­zione, «che siano valutati una plu­ralità di profili, primi tra tutti la praticabilità concreta e il bilan­ciamento tra l’esercizio della li­bertà religiosa da parte degli u­tenti di un luogo pubblico con l’a­nalogo esercizio della libertà reli­giosa negativa da parte dell’ateo o del non credente, nonché il bi­lanciamento tra garanzia del plu­ralismo e possibili conflitti tra una pluralità di iden­tità religiose tra lo­ro incompatibili».
«Quindi la presen­za di un crocifisso – ribadiscono defi­nitivamente i giu­dici della Suprema corte – non può costituire necessa­riamente minaccia ai propri diritti di libertà religiosa per tutti quelli che frequentano un’aula di giustizia per i più svariati motivi e non so­lo necessariamente per essere ta­li utenti dei cristiani». Con la con­seguenza che il giudice Tosti non poteva «rifiutare la propria pre­stazione professionale solo per­ché in altre aule di giustizia (ri­spetto a quella in cui egli opera­va) era presente il crocifisso».
Secondo Tosti, invece, la presen­za del simbolo della cristianità violava i diritti di libertà religiosa e di coscienza degli utenti di quel­le aule. A Tosti, tuttavia, era stata messa a disposizione un’aula sen­za alcun simbolo ma lui, aveva u­gualmente rifiutato di tenere u­dienza, chiedendo la rimozione della croce da tutti i tribunali ita­liani e aprendo così il contenzio­so giuridico, che ieri appunto la Cassazione ha risolto.

© Copyright Avvenire, 15 marzo 2011

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Aumento esponenziale di Cattolici nel nord est dell'India nonostante le persecuzioni (già superato il 40% degli abitanti).

http://members4.boardhost.com/acnaus/msg/1300062015.html

Alberto

gemma ha detto...

il 18 marzo sul crocifisso ci sarà la sentenza di Strasburgo