Benedetto XVI: Il Papa al Sacrario, «memoriale del male più orrendo»
La visita privata di Benedetto XVI alle Fosse Ardeatine. «Ciò che qui è avvenuto è offesa gravissima a Dio, perché è la violenza deliberata dell'uomo sull'uomo»
di Laura Badaracchi
Silenzio e raccoglimento, interrotti solo da applausi composti e visibile commozione mentre un cesto di rose rosse viene deposto sotto la lapide che ricorda l'eccidio: sono le cifre che hanno caratterizzato ieri (domenica 27 marzo 2011) la visita privata di Benedetto XVI al Sacrario delle Fosse Ardeatine, pellegrino in un luogo «caro a tutti gli italiani, particolarmente al popolo romano». Perché dinanzi alle tombe delle 335 vittime della barbarie nazista, restano la preghiera e la memoria dei parenti e di chi rende loro omaggio. «Ciò che qui è avvenuto il 24 marzo 1944 è offesa gravissima a Dio, perché è la violenza deliberata dell’uomo sull’uomo.
È l’effetto più esecrabile della guerra, di ogni guerra, mentre Dio è vita, pace, comunione», ha sottolineato Papa Ratzinger, pronunciando un breve discorso al termine della visita fortemente voluta da Rosina Stame, presidente dell'Anfim, Associazione nazionale famiglie italiane dei martiri caduti per la libertà della Patria.
«In questo luogo, doloroso memoriale del male più orrendo, la risposta più vera è quella di prendersi per mano, come fratelli, e dire: Padre nostro, noi crediamo in Te, e con la forza del tuo amore vogliamo camminare insieme, in pace, a Roma, in Italia, in Europa, nel mondo intero», ha sottolineato il Pontefice. Lo hanno accolto e accompagnato – oltre al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, al generale Vittorio Barbato, commissario generale per le Onoranze ai caduti in guerra, e al capitano Francesco Sardone, direttore del Mausoleo – il cardinale vicario Agostino Vallini e il cardinale Andrea Lanza Cordero di Montezemolo: suo padre, il colonnello Giuseppe, fu ucciso lì, come pure il fratello del padre di Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica della capitale, sempre accanto al pontefice. Insieme si sono raccolti in preghiera davanti ai sarcofagi degli uccisi nella strage; tra loro, 76 persone di religione ebraica. Di Segni ha cantato in ebraico il salmo 130, «Dal profondo a te grido, Signore», che secondo la tradizione veniva intonato arrivando sotto le mura di Gerusalemme al termine del proprio pellegrinaggio, mentre il Papa ha recitato il salmo 23 («Il Signore è il mio pastore»), concludendolo pregando per «i nostri fratelli che in questo luogo sono stati uccisi senza pietà» e «a poca distanza dalle antiche catacombe». Poi si è soffermato davanti ad alcune tombe: da quella del colonnello Montezemolo a quella di don Pietro Pappagallo. Ma anche davanti al sarcofago di Alberto Funaro, di una famiglia ebrea che ha sofferto la perdita di altri parenti alle Fosse Ardeatine e di venti congiunti ad Auschwitz; il figlio di suo fratello, rabbino, porta il suo stesso nome.
«Ritengo molto importante che il vescovo di Roma, quali che siano le sue origini, visiti un luogo dove è stata compiuta una strage dei cittadini», ha dichiarato a “Romasette” il rabbino capo, che ha espresso anche il suo plauso ai carabinieri del Ris di Roma per aver identificato – grazie all'esame del dna, comparato con quello dei parenti – i resti di altre due vittime fra le dodici ancora senza nome. Sono Marco Moscati, ebreo, a 24 anni unito nel tragico destino al fratello trentenne Emanuele (mentre un altro fratello, David, morirà diciassettenne ad Auschwitz), e del soldato siciliano Salvatore La Rosa, cattolico. «Speriamo di poter completare l'identificazione dei resti delle dieci vittime ancora ignote», auspica il capitano Sardone, dal febbraio 2010 direttore del Mausoleo, che precisa: «Conosciamo i loro nomi, ma non sappiamo a quali salme appartengano». Tuttavia, grazie al prezioso lavoro del Ris della capitale, guidato dal tenente colonnello Luigi Ripani, che ha effettuato gratuitamente i costosi esami del dna sui reperti ossei, «i familiari possono sottoporsi a loro volta ad analisi genetiche, per ultimare gli “abbinamenti”».
Sarebbe un ulteriore onore reso alla memoria dei 335 caduti, che resta comunque vivissima non solo nei parenti: «Ogni giorno arrivano in visita circa 400 persone: tante scolaresche, ma anche turisti. Passa di qui tutto il mondo, oltre ai romani», riferisce il capitano, coadiuvato nel servizio da due marescialli e sette dipendenti civili. Venire al Sacrario è un testimone che si trasmette da una generazione all'altra come monito, riassunto in poche righe annotate da uno dei caduti e citate da Benedetto XVI: «Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinché tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni». L'uomo, ha rilevato, «figlio di quel Padre che è nei cieli, è fratello di tutti in umanità. Ma questo essere figlio e fratello non è scontato. Lo dimostrano purtroppo anche le Fosse Ardeatine. Bisogna volerlo, bisogna dire sì al bene e no al male. Bisogna credere nel Dio dell’amore e della vita, e rigettare ogni altra falsa immagine divina».
© Copyright Roma Sette, 28 marzo 2011 consultabile online anche qui.
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