Il Papa: «La società è minata da disoccupazione e precariato»
Il richiamo di Ratzinger sul lavoro: spezzare la catena di morti
di FRANCA GIANSOLDATI
CITTA’ DEL VATICANO
Dati Istat alla mano Benedetto XVI parla ai 2,5 milioni di precari italiani, oltre che agli imprenditori e ai politici ai quali raccomanda di fare «ogni sforzo» possibile per sconfiggere la piaga delle morti bianche sui cantieri, nelle piccole realtà produttive, nelle fabbriche. «Si tratta di una catena di morte che va spezzata».
Ieri mattina in Vaticano è stato ricevuto dal Papa il vescovo di Terni, monsignor Paglia alla guida di un maxi pellegrinaggio all’insegna di «un lavoro sicuro, degno e stabile». Circa 8 mila persone comprensiva dei lavoratori delle grandi fabbriche dell’area (ThyssenKrupp, il polo chimico della Polymer, Te.co, Cosp servizi integrati) hanno ascoltato in silenzio l’appello. Una riflessione comprensiva di analisi socio-economica sul momento «difficile» del settore industriale, declinata nell’Aula Paolo VI alla luce della dottrina sociale della Chiesa. «E’ importante tenere sempre presente che il lavoro è uno degli elementi fondamentali sia della persona umana, che della società. Le difficili o precarie condizioni del lavoro rendono difficili e precarie le condizioni della società stessa, le condizioni di un vivere ordinato secondo le esigenze del bene comune». Dietro le parole del pontefice ci sono i dati che l’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con sede a Parigi, ha diffuso nell’ultimo rapporto dal quale emerge che il fenomeno interessa soprattutto i giovani: uno su due, precisamente il 44,4% dei giovani italiani, è senza una stabile occupazione. La mancanza di lavoro stabile mina la loro sicurezza causando sfiducia e frustrazione per l’impossibilità di costruire il proprio futuro mettendo su famiglia o rendendosi semplicemente autonomi dalla famiglia d’origine. «In tutto questo viene coinvolta anche la vostra vita di lavoratori e quella delle vostre famiglie» poiché crea inevitabili angosce e toglie speranza nel futuro. «Vi sono particolarmente vicino, mettendo nelle mani di Dio tutte le vostre ansie e preoccupazioni, e auspico che, nella logica della gratuità e della solidarietà si possano superare questi momenti, affinché sia assicurato un lavoro sicuro, dignitoso e stabile. Il lavoro, cari amici, aiuta ad essere più vicini a Dio e agli altri». Non sono poi mancate parole sul lavoro domenicale sempre più diffuso e sistemico nella realtà produttiva della società dei consumi. Far mancare il riposo della domenica - giorno del Signore - rischia di far perdere il senso della festa alla gente. Tuttavia per la Chiesa la dimensione del lavoro è sacrosanta: «Ci aiuta ad essere più vicini a Dio. Gesù stesso è stato un lavoratore, anzi ha passato buona parte della sua vita terrena a Nazareth, nella bottega di falegname».
© Copyright Il Messaggero, 27 marzo 2011
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