sabato 19 marzo 2011

La Corte di Strasburgo assolve definitivamente l’Italia: mai violata la libertà di educazione. Le reazioni (Avvenire)

«Il crocifisso in aula non discrimina»

La Corte di Strasburgo assolve definitivamente l’Italia: mai violata la libertà di educazione

Col verdetto si riconosce ai singoli Stati membri la discrezionalità nel conciliare le loro funzioni in materia di istruzione con le convinzioni dei genitori

DA ROMA PIER LUIGI FORNARI

Decisiva ed emblematica correzione di rotta da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che con una sentenza definitiva della Grande Chambre ha assolto ieri lo Stato italiano dalla violazione del diritto di libertà di educazione attuato – que­sta era la tesi sconcertante del primo pronun­ciamento – con l’esposizione del crocifisso nel­le aule scolastiche. I giudici che rappresentano il Consiglio d’Euro­pa (47 Stati membri) chiudono così una vicen­da avviata nella loro Corte con una condanna del no­stro Paese il 3 novembre 2009 (un verdetto emesso al­l’unanimità da una camera di sette membri), ma prose­guita poi con una udienza nel plenum di Strasburgo te­nutasi il 30 giugno dello scorso anno. In quella sedu­ta ben dieci Stati membri si erano pronunciati in difesa dell’Italia, e la sentenza e­manata ieri ne tiene dettagliatamente conto.
Tant’è che la Grande Chambre afferma di non condividere la sentenza di primo grado, alme­no per quanto riguarda l’equiparazione con un caso precedente: la vicenda Dahlab, nella qua­le si ratificò la decisione della Svizzera di proi­bire a una insegnante di portare il velo islami­co. Significativo, dunque, che la Corte rovesci una decisione presa all’unanimità che sembra­va aver irrimediabilmente piegato la giurisdi­zione europea in senso laicista.
I magistrati di Strasburgo hanno deciso con u­na maggioranza schiacciante (15 voti contro 2) che con l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane non c’è violazione dell’arti­colo 2 del primo protocollo aggiuntivo della Convenzione (la carta fondamentale della Cor­te) che impone agli Stati il dovere di rispettare il diritto dei genitori di assicurare l’educazione conforme al loro credo religioso e filosofico. U­na clausola che è stata aggiunta evidentemen­te pensando a difendere le famiglie credenti al­lora viventi negli Stati co­munisti.
Secondo la Corte non sussi­stono elementi che attesti­no l’influenza che il crocifis­so possa avere sugli alunni («emotivamente contur­bante », secondo la prima sentenza). Si riconosce poi che agli Stati è riservata una discrezionalità («margine di apprezzamento») nel conci­liare le funzioni che loro competono in materia di istruzione con le con­vinzioni dei genitori. In sostanza i magistrati del Consiglio evidenziano l’importanza di rispetta­re il principio di sussidiarietà in materia reli­giosa. Anche perché sulla questione della pre­senza dei simboli religiosi nelle scuole statali non c’è una impostazione unica nei Paesi del vecchio continente.
Per la Corte, inoltre, il fatto che «la normativa i­taliana attribuisce alla religione maggioritaria una visibilità preponderante nell’ambiente sco­lastico » non basta a costituire «un’opera di in­dottrinamento ». Il concetto viene inoltre riba­dito anche a proposito del fatto che al cristia­nesimo viene accordato nel programma scola­stico uno spazio maggiore rispetto alle altre re­ligioni. Anche sotto questo profilo «non c’è opera di indottrinamento».
In merito al caso specifico i magistrati europei osservano che «un crocifisso appeso su un mu­ro è un simbolo essenzialmente passivo, e que­sto aspetto ha importanza agli occhi della Cor­te in riguardo in particolare al principio di neu­tralità ». Non gli si può «ovviamente attribuire un’influenza sugli alunni comparabile a quella che può avere un discorso didattico o la parte­cipazione a delle attività religiose». Si nota poi che lo spazio educativo delle scuole italiane «è aperto alle altre religioni». Non sussistono ele­menti che indichino «intolleranza». E poi il di­ritto della ricorrente contro il governo italiano di orientare i suoi figli «è rimasto intatto».
Secondo la sentenza, poi, non vi è motivo di af­frontare la lamentata violazione dell’articolo 14 della Convenzione (non discriminazione) e del 9 (libertà di pensiero), perché, nel caso specifi­co, il problema si porrebbe solo se si fosse ri­scontrata la violazione dell’articolo 2 del proto­collo 1 . «Questa decisione è estremamente positiva per l’Europa poiché possiede una profonda 'por­tata unificatrice'», commenta il direttore del­l’European Centre for Law and Justice, Grégor Puppinck, una delle terze parti intervenute da­vanti alla Grande Chambre.
Rifiutando di op­porre artificialmente i diritti dell’uomo al cri­stianesimo, «la Corte ha inteso preservare l’unità profonda e l’interdipendenza che uniscono i va­lori spirituali e morali fondanti la società euro­pea ». Puppinck, infatti, ricorda che di fronte al rischio di remissione in causa della loro identità profonda, «più di venti Paesi hanno preso pub­blicamente posizione in favore della presenza pubblica del simbolo del Cristo nello spazio pubblico europeo».
«Una bella giornata per la libertà religiosa», sot­tolinea Massimo Introvigne, rappresentante del­l’Osce per la lotta all’intolleranza e discrimina­zione contro i cristiani, sottolineando che «in questa materia è la prima volta che una deci­sione assunta all’unanimità in primo grado vie­ne rovesciata in sede di ricorso». Infine, secon­do il giurista Antonio Gambino, la sentenza «ri­lancia l’idea che la libertà di religione e l’eserci­zio del culto è una prerogativa dei credenti pro­prio quale conseguenza del principio di laicità».

© Copyright Avvenire, 19 marzo 2011

Italia, vincente il gioco di squadra

DA ROMA

Il ministro degli Esteri Franco Frattini parla di un «primo segnale, dopo mol­to tempo, del risveglio dell’Europa che è apparsa, in passato, lontana dal vero sen­tire dei cittadini europei». Accanto a lui siede il sottosegretario al la presidenza del Consiglio Gianni Letta. Con loro gli espo­nenti dell’associazione «Umanesimo cri­stiano » che ha organizzato ieri sera un in­contro- conferenza stampa per commen­tare a caldo la sentenza. Per la quale si è mobilitato il governo, ma anche il sodali­zio presieduto da Claudio Zucchelli, con­sigliere di Stato. Elogi al lavoro di squadra e soddisfazione sono venuti da Letta: «Tanto ci aveva fat­to soffrire nel 2009 una sentenza che rite­nevamo ingiusta, tanto possiamo esulta­re oggi», ha notato. C’era anche il ministro della Giustizia Angelino Alfano, che anche lui si è riferito al precedente pronuncia­mento, definito «triste vicenda», ricor­dando come nel collegio che vietò il cro­cifisso c’erano anche «insigni giuristi ita­liani ». L’«assurda accusa – ha proseguito – era che fossimo di fronte alla violazione dei diritti dell’uomo. La sentenza di Stra­sburgo afferma che essa mai può esserci dietro la croce».
Dal canto suo il responsabile della nostra diplomazia, rispondendo a una doman­da, ha notato che ad appoggiare formal­mente l’Italia nella battaglia sono stati Pae­si della «giovane Europa», non Spagna, Francia, Germania e Regno Unito, an­ch’essi di tradizione cristiana. Non solo. Ha rievocato dapprima il dibattito sulle ra­dici cristiane, poi le difficoltà dell’Ue a ri­conoscere le persecuzioni verso i cristia­ni. «Oggi si afferma il principio della sus­sidiarietà, superando la paura dell’indot­trinamento, che nessuno di noi vuole. U­na risposta importante a chi credeva che il dibattito sull’identità cristiana fosse de­finitivamente seppellito», ha concluso Frattini.
Per Zucchelli la sentenza istituisce una sor­ta di «foro interno delle nazioni». L’auto­nomia di decidere a partire dai propri va­lori. Umberto De Augustinis, coordinato­re delle difese nel processo, ha spiegato la sentenza, rilevando come sia raro che le decisioni della Corte europea vengano ri­viste (e l’Italia spesso è trattata in modo «severo»). Sono stati ricordati i chiari in­terventi del Papa e del presidente della Re­pubblica Giorgio Napolitano. E il modera­tore, il vaticanista Piero Schiavazzi, ha con­cluso con un’immagine: «Dal Reno ci a­spettavamo una sentenza illuministica, ne è arrivata una illuminata». (G.San.)

© Copyright Avvenire, 19 marzo 2011

HANNO DETTO

Schifani: il crocifisso non riduce le libertà

«Questa sentenza è importante per i popoli, le tradizioni, le istituzioni nazionali ed europee.

Rafforza processi virtuosi di pacificazione e integrazione», dice il presidente del Senato, Renato Schifani: «Il valore simbolico del crocifisso non comprime alcuna libertà».

Chiti (Pd): non è simbolo di intolleranza «Grande soddisfazione» è espressa dal vice presidente del Senato Vannino Chiti: «La Corte ha adottato la scelta più giusta. Il crocifisso non contrasta in nessun modo con la libertà di religione o di educazione. Non può rappresentare per nessuno ragione di oppressione, costrizione o intolleranza».

Buttiglione (Udc): valore non confessionale «Con questa sentenza viene battuta una posizione culturale di laicità negativa» che vuole «dare un privilegio a chi è ateo mettendo a sua esclusiva disposizione lo spazio pubblico», per il vicepresidente della Camera Rocco Buttiglione. Si afferma che in Europa i simboli cristiani» sono «un valore che non è confessionale ed impositivo».

Santolini (Udc): chiuse tutte le polemiche «Questa sentenza chiude definitivamente le polemiche strumentali e infondate sull’accusa di violazione della libertà religiosa», per la deputata Luisa Capitanio Santolini: «In realtà si trattava dell’ennesimo attacco alle radici dell’Italia e dell’Europa».

Mauro (Pdl): il vento sta cambiando «Voglio esprimere la mia più grande soddisfazione», fa sapere il presidente degli eurodeputati Pdl, Mario Mauro: «Il vento in Europa sta cambiando in favore di una presa di coscienza e riscoperta della propria identità e delle proprie radici cristiane».

Farinone (Pd): queste sono le nostre origini «Si mette fine a una battaglia caratterizzatasi per troppi eccessi», secondo Enrico Farinone, vicepresidente della Commissione Affari europei: «Una cosa è la laicità, un’altra è pretendere che dalla nostra vita scompaiano i simboli religiosi, che ci richiamano alle nostre origini».

Orlando (Idv): la croce sintesi di tolleranza «Il crocifisso è la sintesi della tolleranza, del rispetto e dell’amore universale», sottolinea il portavoce dell’Idv, Leoluca Orlando: «Bene ha fatto la Corte europea a dare ragione all’Italia. Chiunque combatte contro il crocifisso combatte contro se stesso, la propria storia e diffonde odio e intolleranza».

© Copyright Avvenire, 19 marzo 2011

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