Libia: Bagnasco, fermare i raid e non bloccare profughi. E l'Italia ha bisogno di più etica
(AGI) - CdV, 28 mar.
(di Salvatore Izzo)
Con Benedetto XVI e i vescovi del Nord Africa, anche la Chiesa Italiana chiede di fermare ogni azione militare in Libia.
"Ci uniamo - ha assicurato il presidente della Cei, Angelo Bagnasco - alle accorate parole che il Santo Padre in piu' occasioni ha espresso per un immediato superamento della fase cruenta". "Ad intervento ampiamente avviato, auspichiamo - ha scandito aprendo i lavori del parlamentino della Cei - che si fermino le armi, e che venga preservata soprattutto l'incolumita' e la sicurezza dei cittadini garantendo l'accesso agli indispensabili soccorsi umanitari, in un quadro di giustizia".
"Noi crediamo - ha affermato ancora Bagnasco a nome dell'intero Episcopato italiano - che la strada della diplomazia sia la via giusta e possibile, forse tuttora desiderata dalle parti in causa".
Anche se non sarebbe corretto parlare di una svolta nel giudizio riguardo all'iniziativa militare dei volenterosi, il card. Bagnasco ha certamente sottolineato questa sera i rischi di tale azione piu' che nei giorni precedenti. A suggerire una diversa prospettiva e' stato certamente l'appello fatto ieri dal Papa all'Angelus, a un dialogo che metta immediatamente fine all'uso delle armi, ma anche ha influito un colloquio telefonico con il vescovo di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, del quale ha dato notizia lo stesso Bagnasco. "Ho avuto l'opportunita' di esprimere personalmente via telefono", ha detto nella prolusione, "la vicinanza dell'Episcopato italiano e delle nostre comunita': la preghiera fervente e operosa accompagna non solo i cattolici e i cristiani di quel Paese, ma tutto il popolo della Libia e oltre".
In sintonia col Pontefice e le Chiese del Nord Africa, Bagnasco si e' posto anche riguardo all'ondata migratoria in arrivo. Anche se ammette che "l'Italia ha esigenze di
sicurezza e di stato sociale che non puo' disattendere e vincoli di compatibilita' economica che pure vanno rispettati", per il presidente della Cei, infatti, e' "un'illusione" il tentativio di affrontare l'emergenza immigrazione con il tentativo di "riuscire a piantonare le coste di un continente intero". Servono piuttosto, spiega, "quelle politiche di vera cooperazione che sole possono convincere i nostri fratelli a restare nella loro terra, rendendola produttiva".
I problemi determinati dall'attuale ondata immigratoria dal Nord Africa, pero', tiene a chiarire il presidente della Cei, "riguardano l'Italia alla stessa stregua con cui riguardano l'Europa, di cui siamo parte: i confini costieri della prima infatti coincidono con i confini meridionali della seconda". Infatti, "l'emergenza e' comunitaria, e va affrontata nell'ottica di destinare risorse per uno sforzo di sviluppo straordinario, che non potra' non raccogliere poi benefici in termini di sicurezza complessiva".
Nella sua prolusione di oggi, Bagnasco registra anche che nel campo della liberta' religiosa finalmente l'Europa ha compiuto in questi giorni passi in avanti nella direzione giusta. "Dopo una titubanza incomprensibile quanto amara, e grazie al marcato impegno del nostro governo, l'Unione Europea - rileva - ha finalmente condannato le discriminazioni religiose e gli attacchi condotti anche contro i cristiani". "Bisogna ora - suggerisce il porporato - che ci si batta in ogni sede internazionale per rendere, di conseguenza, inaccettabili le politiche che umiliano i cittadini, schiacciando cio' che nell'uomo e' piu' sacro". Per Bagnasco, "e' questo il crinale che, con piu' precisione, segna avanzamento o regressione sulla frontiera fondamentale dei diritti dell'uomo".
Intanto, si compiace il presidente della Cei, "sullo scenario comunitario un rilievo marcatissimo viene ad assumere la sentenza emessa dalla Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell'uomo che si e' pronunciata sul ricorso presentato dall'Italia per la condanna − subita nel 2009 − a proposito dell'esposizione del Crocifisso nelle scuole statali. E cio' pur riconoscendo che la scuola pubblica e', nel nostro Paese, aperta a tutti, senza discriminazioni di sorta". La sentenza, infatti, da "una parte riconosce come ogni Paese abbia il diritto di assegnare il giusto rilievo alla propria tradizione religiosa che e' un fattore vivo, con un ruolo pubblico da svolgere. Dall'altra lascia intendere che il simbolo religioso non comporta in se' una lesione dei diritti. Ed e', anzi, elemento integrante l'identita' italiana e dunque, a questo punto, anche europea".
Tutto questo, per Bagnasco e' determinante anche alla luce del fatto che, festeggiati senza retorica e con il pieno riconoscimento dell'apporto dei cattolici i suoi 150 anni - il nostro Paese ha bisogno di riscoprire in profondita' la sua ispirazione morale, che deriva certamente dalla tradizione cristiana.
"L'Italia - dice il cardinale - ha un estremo bisogno di ricomporsi, quasi raccogliendosi in se stessa e radunando le proprie energie migliori, per metterle tutte in circolo e produrre un passo in avanti, fuori dagli immobilismi come dai proclami apodittici".
"Non tocca ai vescovi - ammette - suggerire spinte di tipo politico, e dunque neppure di misurare i tempi o cadenzare i passi della comunita' civile", ma al contempo, pur senza citare scandali e inchieste giudiziarie che coinvolgono in Italia uomini politici di proimissimo piano, Bagnasco ricorda che "il concetto di etica pubblica, per potersi strutturare e poter reggere all'urto degli eventi, ha bisogno di radicarsi in una consapevolezza: il bene non coincide con i desideri personali, ma possiede una propria, austera oggettivita'".
Per Bagnasco, oggi "il Paese ha un insopprimibile bisogno che si parta dai dati della realta'.
Non i dati incartati nell'enfasi propagandistica o, al contrario, nel catastrofismo piu' nero, ma i dati per quanto possibile semplici e netti. Anche da soli, sono eloquenti: sulla disoccupazione specialmente giovanile e femminile, sul differenziale tra Nord e Sud d'Italia, sulla produttivita', sull'imposizione e sull'evasione fiscale, sulla corruzione e sull'amministrazione della giustizia, sull'insicurezza del territorio e sul fabbisogno energetico". E "si potrebbe anche aggiungere che c'e', a un tempo, urgenza di umilta' per potersi effettivamente piegare quanto serve sui dati della realta' stessa, che e' l'unico modo per prenderli sul serio, saperli interrogare, applicarsi per istruire processi decisionali. C'e' bisogno di una riflessione partecipata, al fine di scegliere e rispondere. C'e' bisogno che tutti agiamo senza troppo reclamizzare e senza continuamente recriminare, avendo il gusto di stupire la comunita' nazionale per il fervore dell'impegno, per la capacita' di dialogo, per l'efficacia delle azioni, utilizzando al meglio tempi, spazi, occasioni".
"Piu' che di scomuniche reciproche - ha scandto il card. Bagnasco - la collettivita' ha bisogno di una seria dialettica che esalti i ruoli a ciascuno affidati dal cittadino-elettore. E' a partire dall'applicazione alle urgenze congiunturali, che e' preferibile recuperare, tessera dopo tessera il mosaico di una visione forte che non puo' non includere la sola medicina capace di guarire alle radici: la vita, la sua cura, e la sua promozione. Elevata a creazione sociale, a orizzonte di cultura, di bellezza, di arte". Da qui scaturisce anche l'esigenza, avvertita dalla Chiesa Italiana e riaffermata stasera da Bagnasco, di arrivare presto ad una legge sulle disposioni anticipate di trattamento che metta un freno alla deriva eutanasica di certe sentenze.
Per il presidente della Cei, piu' in generale, alla rinascita morale del Paese dobbiamo contribuire tutti, media compresi, aumentando ciascuno il proprio senso di responsabilita'.
Ad esempio per superare quel "senso del disagio" che si avverte nell'Italia di oggi a causa dell'uso che si fa di inchieste e scandali, dando una lettura, "a tratti depressiva" della vita italiana con una "rappresentazione mediatica che tende a esasperare episodi marginali, mentre tace di altri ben piu' importanti o rende invisibili le realta' positive di cui l'Italia e' ricca". "A volte - lamenta il cardinale - il sensazionalismo o la spettacolarizzazione creano una specie di inquinamento ambientale". Per Bagnasco e' incombente in questo campo il rischio della strumentalizzazione politica: "avere in mente solo se stessi e la propria parte, anziche' il Paese, significa - scandisce - tradire il Paese". "Vorremmo, altresi', scongiurare tutti - conclude - affinche' il senso diffuso di malessere non intacchi la fiducia della nostra gente verso le proprie capacita', la propria cultura, verso l'Italia stessa e i suoi destini".
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