domenica 20 marzo 2011

Libia, forte appello del Papa per l'incolumità della popolazione (Izzo)

LIBIA: PAPA,FORTE APPELLO PER INCOLUMITA' POPOLAZIONE

(AGI) - CdV, 20 mar.

(di Salvatore Izzo)

Parole molto accorate sulla crisi libica sono state pronunciate questa mattina da Benedetto XVI che, pur non entrando nelle valutazioni che hanno portato all'attacco aereo di ieri, si e' rivolto "a quanti hanno responsabilita' politiche e militari, perche' abbiano a cuore, anzitutto, l'incolumita' e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l'accesso ai soccorsi umanitari".
"Alla popolazione - ha detto parlando dopo l'Angelus - desidero assicurare la mia commossa vicinanza, mentre chiedo a Dio che un orizzonte di pace e di concordia sorga al piu' presto sulla Libia e sull'intera regione nord africana".
"Nei giorni scorsi - ha confidato inoltre Papa Ratzinger ai 50 mila fedeli presenti in piazza San Pietro - le preoccupanti notizie che giungevano dalla Libia hanno suscitato anche in me viva trepidazione e timori. Ne avevo fatto particolare preghiera al Signore durante la settimana degli Esercizi Spirituali. Seguo ora - ha scandito - gli ultimi eventi con grande apprensione e prego per coloro che sono coinvolti nella drammatica situazione di quel Paese". Davanti alla quasi unanimita' delle posizioni emersa sia al livello internazionale che tra le forze politiche italiane, ed a cosi' poche ore dall'inizo dell'azione militare che ancora si puo' sperare sia di breve durata, il Pontefice non ha ritenuto opportuno aggiungere altre considerazioni all'appello a favore della popolazione civile, che ha comunque definito "pressante".
C'e' da chiedersi - alla luce dei primi bilanci di morti e feriti - come in questa situazione in concreto si possano garantire "incolumita' e sicurezza dei cittadini" e mantenere in piedi l'operazione militare avviata. "Nel nostro cammino terreno abbiamo bisogno di fermarci di tanto in tanto per riposarci, per riprendere il vigore e per verificare la direzione del percorso", ha suggerito il Papa salutando i pellegrini della Slovenia dopo la preghiera dell'Angelus e l'appello. E in mattinata, celebrando la messa nella parrocchia romana di San Corbiniano, raggiunta in elicottero dal Vaticano perche' si trova nella zona dell'Infernetto, cioe' tra l'Eur e Ostia, Joseph Ratzinger ha auspicato l'instaurarsi di "rapporti di amicizia e fraternita'" sottolineando che oggi "il mondo ha tanto bisogno" sia "della testimonianza evangelica di cristiani coerenti e fedeli" che di "quello spirito di comunita' che Cristo ci ha insegnato".
Di piu' Papa Ratzinger non ha voluto o potuto dire. Egli rispetta fino in fondo i collaboratori ai quali ha affidato la "politica estera" della Santa Sede: il cardinale italiano Tarciso Bertone, che ha nominato segretario di Stato, e il responsabile per i rapporti con gli Stati, l'arcivescovo francese di origine corsa Dominique Mamberti. Cosi' come rispetta le posizioni assunte dalle chiese locali, con il vicario di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli ritiene la via imboccata pericolosa e negativa, e il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, che pur rilevando che "non c'e' chiarezza" riguardo all'intervento in atto, poi non lo ha esplicitamente condannato preferendo auspicare che tutto si svolga "in modo giusto e equo". Piu' netta la posizione assunta dal quotidiano cattolico Avvenire che ha definito "nobili" le ragioni dell'azione militare di ieri, che avrebbe, secondo l'editoriale firmato da Luigi Geninazzi, le caratteristiche di una "ingerenza umanitaria". Un concetto ribadito poi anche dalla Radio Vaticana, che ha intervistato il prof. Antonio Papisca, docente di relazioni internazionali all'Universita' di Padova.
"Nel caso specifico della Libia - ricorda l'esperto - c'e' un principio, sempre piu' affermato nel diritto della comunita' internazionale, e cioe' la responsabilita' di proteggere la popolazione civile, che viene massacrata". In proposito, aggiunge, "si deve sottolineare come l'Onu abbia funzionato da entita' legittimante e che il Consiglio di sicurezza, con la Risoluzione 1970 e con la Risoluzione 1973, ha istituito una sorta di 'cabina di regia' al plurale, dove troviamo insieme gli Stati, le organizzazioni regionali, ai quali si aggiunge l'Unione Europea". Insomma, "ci troviamo di fronte ad un caso nuovo". Per Papisca, insomma, "ha funzionato la lezione dell'Iraq e di altre vicende belliche avventurose.
Il fatto di escludere l'occupazione territoriale deve sgombrare l'orizzonte da velleitarismi post-colonialisti. E l'atteggiamento da usare e' l''animus iustitiae' e non l''animus destruendi' che significa, prima di tutto, salvaguardia della vita delle popolazioni e significa poi perseguire i presunti criminali". Stavolta - ci si chiede pero' nei Sacri Palazzi - andra' davvero cosi', o non saranno ancora una volta popolazioni indifese a pagare il prezzo piu' alto? E che ne sara' della minoranza cattolica? La preoccupazione espressa da Benedetto XVI da' voce proprio a questi timori.
Pur avendo condannato entrambi gli interventi militari in Iraq con le stesse parole di Pio XII, Pio XI e Benedetto XV, cioe' con il grido "mai piu' la guerra", Giovanni Paolo II ha piu' volte precisato in situazioni analoghe alla presente che la sua non era una posizione astratta, assunta per tenere fede a qualche slogan. "Non sono pacifista, non voglio la pace a tutti i costi", spiego' il 17 febbraio 1991 ai cronisti che lo avevano accompagnato nella visita alla parrocchia romana di Santa Dorotea. E il 6 agosto del 1992, quando si profilava la possibilita' di un intervento in Bosnia, il Papa polacco approvo' esplicitamente - attraverso una dichiarazione dell'allora segretario di Stato Angelo Sodano - la possibilita' di un'ingerenza umanitaria. Ma, in quel caso, si pensava a forze di interposizione, per dividere i contendenti e non a bombardamenti che chirurgici davvero non sono.

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