Più filosofia negli Istituti ecclesiastici
La riforma illustrata ieri prolunga di un anno lo studio della materia da parte dei futuri sacerdoti
DA ROMA
PIER LUIGI FORNARI
Riforma degli studi ecclesiastici di filosofia per indicare una risposta alla domanda di senso della nostra epoca e rafforzare la conoscenza della disciplina nella formazione teologica. Il prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, il cardinale Zenon Grocholewski, ha presentato ieri nella Sala stampa vaticana il relativo decreto che reca la data del 28 gennaio scorso. È il giorno in cui si celebra la memoria di san Tommaso d’Aquino, il filosofo al cui metodo e alla cui dottrina viene accordata una preferenza, che se non è «esclusiva », è però «esemplare».
Il decreto, ha spiegato Grocholewski, parte dalla constatazione di «una debolezza» nella formazione filosofica delle istituzioni ecclesiastiche. Mira anche a rendere la prassi della formazione coerente «all’insegnamento appassionato» di Giovanni Paolo II nella sua enciclica Fides et Ratio.
Il Papa è stato «un grande filosofo» a cui stava tanto a cuore tale disciplina «in ordine alla fede ed ai problemi fondamentali dell’umanità».
«Solo una sana filosofia – mette in chiaro peraltro l’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis
del 1992 – può aiutare i candidati al sacerdozio a sviluppare una coscienza riflessa del rapporto costitutivo che esiste tra lo spirito umano e la verità, quella verità che si rivela a noi pienamente in Gesù Cristo». Disciplina importante, nota la Fides et Ratio, per «correggere alcuni comportamenti erronei nella nostra società».
Impegno costante di Benedetto XVI, inoltre, è allargare gli angusti spazi della razionalità contemporanea. «La crisi della teologia postconciliare – osservava da cardinale – è in larga misura la crisi dei suoi fondamenti filosofici ». Perché quando tali basi non sono chiare «alla teologia viene a mancare il terreno sotto i piedi».
Per effetto del decreto, nelle facoltà di filosofia il primo ciclo degli studi che conduce al baccalaureato sarà prolungato di un anno: a tre da due. «L’esperienza ha dimostrato che questa durata non era sufficiente», ha rimarcato il segretario della Congregazione per l’Educazione cattolica, Jean-Louis Bruguès.
Il documento si pronuncia anche sul curriculum degli studi: mette in primo piano la metafisica (intesa come filosofia dell’essere e teologia naturale). Necessario complemento sono la filosofia della conoscenza, della natura, dell’uomo, morale, reintroducendo strutturalmente anche la logica. Per il corpo insegnante si dettano le norme affinché sia stabile e adeguatamente qualificato, ed il numero minimo necessario per le facoltà di filosofia, per il primo ciclo di quelle di teologia e delle istituzioni aggregate. Nelle facoltà di teologia la durata della formazione filosofica rimane invariata (ma le discipline strettamente filosofiche devono costituire almeno il 60% dei crediti). Attualmente nel mondo sono 50 le facoltà ecclesiastiche di filosofia contro 400 di teologia.
Il documento vuole rispondere anche, ha argomentato Grocholewski, alla «crisi degli studi filosofici in genere in un’epoca in cui la ragione stessa è minacciata dall’utilitarismo, dallo scetticismo, dal relativismo, dalla sfiducia della ragione di conoscere la verità». «Di fronte alla debolezza della formazione filosofica – ha asserito Bruguès – il decreto ribadisce l’importanza delle materie sistematiche: la sola conoscenza della storia della filosofia e delle varie correnti non basta. L’informazione non è formazione ». L’obiettivo è far acquisire «un giudizio e un discernimento ». Un «habitus», specifica il decreto. Padre Charles Morerod, rettore dell’Angelicum, ha invitato a «recuperare con forza la vocazione originaria della filosofia: la ricerca del vero e la sua dimensione sapienziale e metafisica».
© Copyright Avvenire, 23 marzo 2011
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