Unità d'Italia, Papa: Apporto cattolici mai mancato e spesso decisivo
"Questione romana": Conflitto tra istituzioni ma non nel corpo sociale
Roma, 16 mar (Il Velino)
“Il cristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione dell’identità italiana” fin dal Medioevo, durante la fase risorgimentale, con la costituzione dello Stato, e successivamente nella fase di nascita della Repubblica, fino ai giorni nostri. Lo afferma il Papa, in un Messaggio indirizzato al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia. Il testo è stato consegnato dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, in visita al Quirinale questa mattina. Benedetto XVI offre alcune riflessioni sul processo di formazione dello Stato, che – dice – ha il suo “collante” nella “preesistente identità nazionale, al cui modellamento il cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fondamentale”. Proprio grazie a tale identità – è la lettura del Papa -, nonostante periodi di frammentazione geopolitica, “la nazione italiana poté continuare a sussistere e ad essere consapevole di sé. Perciò, l’unità d’Italia (...) ha potuto aver luogo non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di una identità nazionale forte e radicata”.
Il Papa non tralascia di soffermarsi sulla cosiddetta “Questione romana” con la fine dello stato Pontificio e la proclamazione di Roma capitale d’Italia. Un processo che “ebbe effetti dilaceranti nella coscienza individuale e collettiva dei cattolici italiani, divisi tra gli opposti sentimenti di fedeltà nascenti dalla cittadinanza da un lato e dall’appartenenza ecclesiale dall’altro. Ma si deve riconoscere che (...) nessun conflitto si verificò nel corpo sociale, segnato da una profonda amicizia tra comunità civile e comunità ecclesiale (...). La Conciliazione doveva avvenire tra le Istituzioni, non nel corpo sociale, dove fede e cittadinanza non erano in conflitto”. Sottolinea Benedetto XVI: “Anche negli anni della dilacerazione i cattolici hanno lavorato all’unità del Paese. L’astensione dalla vita politica, seguente il ‘non expedit’, rivolse le realtà del mondo cattolico verso una grande assunzione di responsabilità nel sociale: educazione, istruzione, assistenza, sanità, cooperazione, economia sociale, furono ambiti di impegno che fecero crescere una società solidale e fortemente coesa”.
Nel suo messaggio, il Papa ricorda le figure di santi, artisti, ma anche uomini politici e patrioti, che in diversi tempi e modi, da cattolici, hanno dato un apporto fondamentale alla costruzione dell’identità nazionale e dello Stato. A partire dai patroni d’Italia Francesco “per il contributo a forgiare la lingua nazionale” e Caterina da Siena “stimolo formidabile alla elaborazione di un pensiero politico e giuridico italiano”. Per lo stesso Risorgimento, “non si può sottacere l’apporto di pensiero - e talora di azione - dei cattolici alla formazione dello Stato unitario”. Cita il neoguelfismo di Gioberti, gli orientamenti cattolico-liberali di Balbo, D’Azeglio, Lambruschini, il pensiero filosofico di Rosmini, e poi Manzoni, Pellico e don Bosco. Un filo rosso che arriva alla nascita della Repubblica, in cui “fondamentale” fu il ruolo dei cattolici per l’elaborazione della Carta costituzionale, fino agli “anni dolorosi ed oscuri del terrorismo” in cui “i cattolici hanno dato la loro testimonianza di sangue: come non ricordare (...) Aldo Moro e il prof. Vittorio Bachelet?”.
Il Papa si sofferma infine sui rapporti concordatari. Quello del 1929 che assicurava alla Chiesa “larga libertà”, e l’Accordo di revisione del 1984, che ha “contribuito largamente alla delineazione di quella sana laicità che denota lo Stato italiano e il suo ordinamento giuridico” con “due principi supremi che sono chiamati a presiedere alle relazioni fra Chiesa e comunità politica: quello della distinzione di ambiti e quello della collaborazione”. Benedetto XVI conclude sottolineando “vicinanza affettiva, solidarietà, aiuto” con cui l’Italia risponde all’“onere” e al “privilegio” di ospitare la sede del papato. “Passate le turbolenze causate dalla ‘questione romana’, giunti all’auspicata Conciliazione, anche lo Stato italiano ha offerto e continua a offrire una collaborazione preziosa, di cui la Santa Sede fruisce e di cui è consapevolmente grata”. Ha infine invocato “di cuore sul popolo italiano l’abbondanza dei doni celesti, affinché sia sempre guidato dalla luce della fede, sorgente di speranza e di perseverante impegno per la libertà, la giustizia e la pace”.
(ban) 16 mar 2011
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