venerdì 22 aprile 2011

Nonostante gli scandali siano per lo più accaduti nel passato, e talvolta in un passato remoto, Benedetto XVI non si è tirato indietro. Non ha tuonato contro le campagne mediatiche, ha assunto su di sé la responsabilità (Tornielli)

Il male interno che Ratzinger vuole combattere

ANDREA TORNIELLI

Le parole del Papa nelle due omelie delle celebrazioni del Giovedì santo mostrano come quanto accaduto l’anno scorso, il deflagrare dello scandalo della pedofilia, a cui si accennerà anche nelle meditazioni della Via Crucis di questa sera, sia ancora drammaticamente presente nel suo animo.
Il clima, in questi giorni è molto diverso dalla concitazione mediatica della scorsa primavera. La Santa Sede ha inasprito ancor di più le sue norme per prevenire gli abusi sui minori e intervenire tempestivamente contro chi si è macchiato di questi atti gravissimi e indegni.
Uno studio appena pubblicato dalla diocesi di New York mostra che nell’ultimo anno, negli Stati Uniti, il numero dei casi si è ridotto in maniera drastica.
Eppure Benedetto XVI, in questo incompreso anche all’interno della Chiesa, persino da qualche collaboratore, ha sempre evitato di mettere avanti le statistiche e i distinguo - anche quelli più che giustificati di quanti ricordano che questo triste fenomeno abbia purtroppo interessato non soltanto le diverse comunità religiose ma anche e soprattutto le famiglie e le categorie professionali a contatto con i bambini.
Il Papa, da cardinale e stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, dieci anni fa è stato protagonista nel riformare le normative ecclesiastiche dopo la prima ondata di scandali americani. Ma ha accuratamente evitato di presentare se stesso come l’inflessibile alfiere della «tolleranza zero» e soprattutto di presentare il suo pontificato in contrapposizione a quello precedente, come invece hanno fatto altri interpreti ratzingeriani, i quali, cercando capri espiatori nella curia wojtyliana, non hanno compreso che l’esaltazione della «nuova linea» in contrapposizione a quella vecchia avrebbe comunque finito per rappresentare un boomerang per l’istituzione.
Ratzinger sa bene di essere stato per quasi cinque lustri il collaboratore più stretto e stimato di Papa Wojtyla, che si accinge a beatificare e proprio ieri ha citato come esempio di santità, dimostrando ancora una volta quanta sia la sua venerazione per il predecessore. Sa che per decenni l’atteggiamento diffuso era quello di evitare scandali pubblici e che troppe volte le vittime degli abusi sono state allontanate, considerate nemiche.
Per questo, nonostante gli scandali siano per lo più accaduti nel passato, e talvolta in un passato remoto, Benedetto XVI non si è tirato indietro. Non ha tuonato contro le campagne mediatiche, ha assunto su di sé la responsabilità.
Ha voluto sempre incontrare, durante i suoi viaggi, alcune vittime dei preti pedofili. Ha richiamato la Chiesa tutta alla necessità della penitenza, della purificazione e della giustizia.
È arrivato a dire, nel maggio 2010, che la persecuzione più forte contro la Chiesa non arriva da nemici esterni, ma dal peccato al suo interno.
Non ha taciuto di fronte alla gravità dei fatti, l’ha trasformata in occasione per ricordare come i cristiani debbano aver coscienza della presenza del male e del loro peccato, confessarlo ed essere continuamente sorretti da chi quel peccato è venuto a prenderlo su di sé, sul Calvario.
Undici anni fa, presentato ai giornalisti la richiesta di perdono voluta da Giovanni Paolo II per il Giubileo, l’allora cardinale Ratzinger disse: «Riconoscere il peccato è un atto di sincerità attraverso il quale possiamo far capire alla gente che il Signore è più forte dei nostri peccati. Mi viene in mente un aneddoto che si racconta a proposito del cardinale Consalvi, Segretario di Stato di Pio VII. Gli è stato detto: “Napoleone intende distruggere la Chiesa”. Risponde il cardinale: “Non riuscirà, neppure noi siamo riusciti a distruggerla”».
È questa consapevolezza che nonostante tutto, fa essere sereno Benedetto XVI.

© Copyright La Stampa, 22 aprile 2011 consultabile online anche qui.

9 commenti:

Margherita ha detto...

Buon Venerdì Santo a tutti e in particolare a Raffaella che non possiamo che ringraziare per il suo costante impegno.
E' la prima volta che scrivo anche se leggo questo blog da almeno un paio d'anni.
Volevo lasciarvi un pensiero.
La contrapposizione fra Pontificati e fra Papi, soprattutto quando sono stati così vicini come Ratzinger e Wojtyla, è sempre deleteria.
Ha ragione Tornielli che parla di danno per tutta l'istituzione.
Tuttavia non è giusto dare la colpa ai cosiddetti "ratzingeriani" per la situazione.
Io, che sono ratzingeriana da prima dell'elezione di Benedetto, non ho avuto alternativa: a un certo punto mi è stato imposto di compiere una scelta.
Ma i media non c'entrano proprio nulla.
Leggo, commento, sottolineo, faccio miei gli articoli o li critico, ma non mi faccio certo influenzare.
E' stata la mia amata chiesa a impormi a un certo momento di scegliere se difendere un Papa o l'altro.
E' stato un momento triste, distruttivo, ma necessario.
E' accaduto nel 2010 e sarebbe bastato così poco per impedirmi di scegliere.
Era sufficiente che la mia chiesa reagisse di fronte a accuse vergognose contro Benedetto XVI.
Bastava che un cardinale Stanisław Dziwisz o un dottor Joaquín Navarro Valls che tanto accesso hanno avuto e hanno ancora sui media di tutto il mondo si alzassero per dire: attenzione, giornalisti, fermatevi!
I due Papi non sono in contrapposizione. Ratzinger continua la linea di Wojtyla e non è giusto accusarlo di avere coperto dei preti o dei vescovi pedofili perché così facendo fate danno anche a Giovanni Paolo.
Invece silenzio.
Un silenzio che mi ha fatto male, un silenzio che mi ha imposto di reagire.
Da quel silenzio nasce la contrapposizione fra due Papi e due Pontificati.
Questa spaccatura ormai visibile e netta tanto che ormai ne parlano tutti non è stata creata dai ratzingeriani ma dalla stessa chiesa, non dai media, ma da chi ha consacrato la propria vita a Cristo.
Forse se si fosse aspettato un pò di più a procedere con la beatificazione questi risentimenti nati l'anno scorso si sarebbero sopiti.
Un caro saluto e Buona Pasqua.

Fabiola ha detto...

Io dico: attenzione, continuando così facciamo del male soprattutto a Papa Benedetto e alla Chiesa di Cristo.

Raffaella ha detto...

Benvenuta Margherita, Buona Pasqua anche a te e grazie :-)
Raffaella

euge ha detto...

Cara Margherita Tanti Auguri anche a te! Come non condividere quello che hai scritto?
Un abbraccio!

Anonimo ha detto...

Ciao, Raffa!
Anche oggi Avvenire merita applausi per l'ottimo lavoro svolto nel presentare le due omelie papali di ieri e l'intervista di oggi :-)
Un saluto a Margherita :-))
Alessia

Fabiola ha detto...

"Tutti noi dobbiamo sempre di nuovo imparare ad accettare Dio e Gesù Cristo così come Egli è, e non come noi vorremmo che fosse. Anche noi stentiamo ad accettare che Egli si sia legato ai limiti della sua Chiesa e dei suoi ministri.
Anche noi non vogliamo accettare che Egli sia senza potere in questo mondo." (Benedetto XVI - Omelia della Messa in Coena Domini.)

Queste parole mi sembra facciano chiarezza su tutte le nostre buone intenzioni che si trasformano, costantemente, nel loro contrario.
La Chiesa è questa, fatta dei santi, dei peccatori, dei traditori e degli ignavi che la popolano. E delle beatificazioni che non ci piacciono oppure sì. A "questa" Chiesa Lui ha voluto legarsi, a questa Chiesa Benedetto ci chiede di legarci, se vogliamo lasciarci legare da Cristo.
Probabilmente sto risultando irritante e quindi invisibile.
Me ne dispiaccio ma non demordo.
Santa Pasqua a tutti.

sonny ha detto...

Ciao Margherita, benvenuta. Direi che il tuo è un'ingresso niente male!

Anonimo ha detto...

no, non sei invisibile Fabiola, ma sempre molto intelligente nelle osservazioni. Ti leggo sempre con piacere.

Antonio

Fabiola ha detto...

Grazie Antonio.
Si esiste davvero solo sotto lo sguardo di un altro/Altro.
Buona Pasqua di nuovo a te e a tutti gli amici del blog.