Abitare il digitale
Il Papa oggi: new media e contributo dei credenti
Studiare i linguaggi della cultura digitale per aiutare la missione evangelizzatrice della Chiesa a comunicare con queste nuove modalità espressive i contenuti della fede cristiana. È la sostanza del discorso che Benedetto XVI ha rivolto il 28 febbraio ai membri del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, riuniti a Roma, fino al 3 marzo, per la plenaria del dicastero vaticano.
Una “vasta trasformazione culturale”. “La riflessione sui linguaggi sviluppati dalle nuove tecnologie è urgente”, ha ribadito Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti all’assemblea plenaria. Il Papa, riprendendo il messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali di quest’anno, ha ricordato “che le nuove tecnologie non solamente cambiano il modo di comunicare, ma stanno operando una vasta trasformazione culturale. Si va sviluppando un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e costruire comunione”. “Il pensiero e la relazione – ha aggiunto – avvengono sempre nella modalità del linguaggio, inteso naturalmente in senso lato, non solo verbale. Il linguaggio non è un semplice rivestimento intercambiabile e provvisorio di concetti, ma il contesto vivente e pulsante nel quale i pensieri, le inquietudini e i progetti degli uomini nascono alla coscienza e vengono plasmati in gesti, simboli e parole. L’uomo, dunque, non solo ‘usa’ ma, in certo senso, ‘abita’ il linguaggio”.
I nuovi linguaggi. Guardando ai “nuovi linguaggi che si sviluppano nella comunicazione digitale”, papa Benedetto XVI individua “una capacità più intuitiva ed emotiva che analitica”; essi “orientano verso una diversa organizzazione logica del pensiero e del rapporto con la realtà, privilegiano spesso l’immagine e i collegamenti ipertestuali. La tradizionale distinzione netta tra linguaggio scritto e orale, poi, sembra sfumarsi a favore di una comunicazione scritta che prende la forma e l’immediatezza dell’oralità. Le dinamiche proprie delle ‘reti partecipative’ richiedono inoltre che la persona sia coinvolta in ciò che comunica”. “Quando le persone si scambiano informazioni – ha precisato il Pontefice – stanno già condividendo se stesse e la loro visione del mondo: diventano ‘testimoni’ di ciò che dà senso alla loro esistenza. I rischi che si corrono, certo, sono sotto gli occhi di tutti: la perdita dell’interiorità, la superficialità nel vivere le relazioni, la fuga nell’emotività, il prevalere dell’opinione più convincente rispetto al desiderio di verità. E tuttavia essi sono la conseguenza di un’incapacità di vivere con pienezza e in maniera autentica il senso delle innovazioni”.
“Pensare” il rapporto con la fede. Il Papa ha sottolineato l’importanza del “lavoro che svolge il Pontificio Consiglio nell’approfondire la ‘cultura digitale’, stimolando e sostenendo la riflessione per una maggiore consapevolezza circa le sfide che attendono la comunità ecclesiale e civile. Non si tratta solamente di esprimere il messaggio evangelico nel linguaggio di oggi, ma occorre avere il coraggio di pensare in modo più profondo, come è avvenuto in altre epoche, il rapporto tra la fede, la vita della Chiesa e i mutamenti che l’uomo sta vivendo”. Il Pontefice ha ricordato che “la cultura digitale pone nuove sfide alla nostra capacità di parlare e di ascoltare un linguaggio simbolico che parli della trascendenza. Gesù stesso nell’annuncio del Regno ha saputo utilizzare elementi della cultura e dell’ambiente del suo tempo: il gregge, i campi, il banchetto, i semi e così via. Oggi siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone, che possano essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”.
Una comunicazione “veramente umana”. Per Benedetto XVI, “è l’appello ai valori spirituali che permetterà di promuovere una comunicazione veramente umana: al di là di ogni facile entusiasmo o scetticismo, sappiamo che essa è una risposta alla chiamata impressa nella nostra natura di esseri creati a immagine e somiglianza del Dio della comunione”. Per questo, “la comunicazione biblica secondo la volontà di Dio è sempre legata al dialogo e alla responsabilità, come testimoniano, ad esempio, le figure di Abramo, Mosè, Giobbe e i Profeti, e mai alla seduzione linguistica, come è invece il caso del serpente, o di incomunicabilità e di violenza come nel caso di Caino. Il contributo dei credenti allora potrà essere di aiuto per lo stesso mondo dei media, aprendo orizzonti di senso e di valore che la cultura digitale non è capace da sola di intravedere e rappresentare”. In conclusione, il Pontefice ha ricordato la figura di padre Matteo Ricci, “del quale abbiamo celebrato il IV centenario della morte”. “Nella sua opera di diffusione del messaggio di Cristo ha considerato sempre la persona, il suo contesto culturale e filosofico, i suoi valori, il suo linguaggio, cogliendo tutto ciò che di positivo si trovava nella sua tradizione, e offrendo di animarlo ed elevarlo – ha concluso – con la sapienza e la verità di Cristo”.
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