Ravasi: «Finalmente l’atmosfera è cambiata: gli atei ci cercano per elaborare una cultura comune»
Lorenzo Fazzini
DA PARIGI
Cari atei d’Italia, imparate dai cugini di Francia. «Qui l’atmosfera è cambiata. I non credenti cercano i credenti per elaborare una cultura comune». La fatica della maratona fra conferenze, interviste e colloqui privati non scalfiscono la soddisfazione che si legge sul volto del cardinale Gianfranco Ravasi, animatore del Cortile dei gentili e responsabile del dicastero vaticano per la cultura.
Eminenza, il primo Cortile si è chiuso.
Un suo bilancio?
«Molto positivo, su tre livelli: anzitutto quello tematico, che è risultato molto creativo. Speriamo di raccogliere tutti gli interventi perché permettono di dare indicazioni per i futuri Cortili. In seconda battuta, il genere degli incontri: si è usata la maggior possibilità di espansione nell’espressione culturale, partendo dal genere socio-politico all’Unesco, poi quello intellettuale alla Sorbona, infine quello tematico al Collège des Bernardins. In futuro pensiamo di affrontare temi più settoriali, ad esempio fede e scienza oppure fede e arte».
Quale reazione ha intravisto dalla cultura e società francese sul tema del confronto atei/cattolici?
«L’atmosfera è cambiata. E così tanto che ieri il filosofo agnostico Jean Luc Ferry ha chiesto udienza in nunziatura: vuole a tutti i costi fare un libro insieme a me sul Vangelo di Giovanni. Una cosa impensabile tempo fa! Questo è un episodio emblematico perché da parte laica si desidera non solo interloquire, ma anche elaborare una riflessione comune con i credenti. Ferry è una delle figure più rilevanti della cultura francese. E lo stesso rettore della Sorbona mi ha interpellato sul tema della laicité chiedendomi cosa abbiamo da dire noi cattolici su tale argomento ».
In Italia la 'musica' è diversa…
«È una modalità che da noi si fatica ancora ad avere. Quelli che sono fieramente atei, laici, anzi laicisti, non considerano rilevante interloquire con noi. Invece l’ambiente 'laico' francese si è rivelato molto più disponibile di quanto pensavamo. Segno che il tema religioso, l’elaborazione teologica, hanno qui in Francia un significato importante nell’ambito laico».
Nessun timore da parte 'atea' che la Chiesa tenti una sorta di 'evangelizzazione nascosta'?
«No. Questa preoccupazione l’ho trovata solo nei media. Non ho trovato nessun timore da parte dei nostri interlocutori. D’altra parte tutta l’iniziativa del Cortile è stata presentata come un momento strettamente culturale ».
Come pensa di affrontare i 'nuovi atei'?
«Da un lato esiste un ateismo ironico e sarcastico, ormai un elemento rilevante: Michel Onfray ne fa parte, ma ha scritto ad un mio collaboratore per farci sapere che vuole dimostrare come la sua proposta non faccia parte di tale visione. Studieremo dunque anche queste forme di ateismo, 'minori' da un punto di vista intellettuale, ma 'maggiori' in termini di diffusione. Ma esiste poi il campo dell’indifferenza, a mio avviso più grave e importante. Interrogarsi sulle domande dei laici – ad esempio di Julia Kristeva – per gli indifferenti rappresenta l’ultimo dei problemi. Su questo fronte non abbiamo nessun nome come interlocutore. Disponiamo di pochi studi sul tema, a parte i lavori sociologici di Charles Taylor, per verificare le strutture profonde che stanno alla base di questo atteggiamento. Questo sarà il lavoro più difficile da fare per il futuro».
Quale futuro per il Cortile?
«Modulare la proposta a seconda delle situazioni. Per esempio: in Québec o a Chicago, dove andremo prossimamente, dovremo restare sul versante della tecnologia e della scienza, e non con proposte così 'alte' come quelle fatte qui a Parigi. Resta il problema della continuità: una proposta come il 'Cortile' dovrebbe essere uno spazio normale nell’attività pastorale di ogni diocesi».
© Copyright Avvenire, 26 marzo 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
Piaccia o no, ma Ravasi è pressochè l'unico cardinale che fa qualcosa di davvero rilevante. Come lo era un tempo il card. Ratzinger. Bisogna vedre se sono grandi eventi che piacciono ai media o lasciano qualcosa anche alla sente comune. Ratzinger ha lasciato e lascia anche ai fedeli semplici (oltre che agli intellettuali) una grande ricchezza, la fede in Cristo. Credo che comunque Ravasi sia più adatto come prefetto per cultura che come vescovo (di milano ad esempio). Ciao, Marco
Invece di "sente" comune, volevo dire "gente"... ciao Marco
Concordo con te, caro Marco!
Il card. Ravasi si sta dando molto da fare e di questo dobbiamo essergli davvero grati.
Ben pochi sono i porporati che si rimboccano davvero le maniche per trasmettere cultura e valori.
R.
Posta un commento