sabato 26 marzo 2011

Card. Ravasi: «Finalmente l’atmosfera è cambiata: gli atei ci cercano per elaborare una cultura comune» (Fazzini)

Ravasi: «Finalmente l’atmosfera è cambiata: gli atei ci cercano per elaborare una cultura comune»

Lorenzo Fazzini

DA PARIGI

Cari atei d’Italia, imparate dai cugini di Francia. «Qui l’atmo­sfera è cambiata. I non cre­denti cercano i credenti per elabora­re una cultura comune». La fatica del­la maratona fra conferenze, interviste e colloqui privati non scalfiscono la soddisfazione che si legge sul volto del cardinale Gianfranco Ravasi, anima­tore del Cortile dei gentili e responsa­bile del dicastero vaticano per la cul­tura.

Eminenza, il primo Cortile si è chiu­so.
Un suo bilancio?


«Molto positivo, su tre livelli: anzitut­to quello tematico, che è risultato mol­to creativo. Speriamo di raccogliere tutti gli interventi perché permettono di dare indicazioni per i futuri Cortili. In seconda battuta, il genere degli in­contri: si è usata la maggior possibilità di espansione nell’espressione cultu­rale, partendo dal genere socio-poli­tico all’Unesco, poi quello intellettua­le alla Sorbona, infine quello temati­co al Collège des Bernardins. In futu­ro pensiamo di affrontare temi più set­toriali, ad esempio fede e scienza op­pure fede e arte».

Quale reazione ha intravisto dalla cul­tura e società francese sul tema del confronto atei/cattolici?

«L’atmosfera è cambiata. E così tanto che ieri il filosofo agnostico Jean Luc Ferry ha chiesto udienza in nunziatu­ra: vuole a tutti i costi fare un libro in­sieme a me sul Vangelo di Giovanni. U­na cosa impensabile tempo fa! Questo è un episodio emblematico perché da parte laica si desidera non solo inter­loquire, ma anche elaborare una ri­flessione comune con i credenti. Ferry è una delle figure più rilevanti della cultura francese. E lo stesso rettore della Sorbona mi ha interpellato sul tema della laicité chiedendomi cosa abbiamo da dire noi cattolici su tale ar­gomento ».

In Italia la 'musica' è diversa…

«È una modalità che da noi si fatica ancora ad avere. Quelli che sono fie­ramente atei, laici, anzi laicisti, non considerano rilevante interloquire con noi. Invece l’ambiente 'laico' france­se si è rivelato molto più disponibile di quanto pensavamo. Segno che il te­ma religioso, l’elaborazione teologica, hanno qui in Francia un significato importante nell’ambito laico».

Nessun timore da parte 'atea' che la Chiesa tenti una sorta di 'evangeliz­zazione nascosta'?

«No. Questa preoccupazione l’ho tro­vata solo nei media. Non ho trovato nessun timore da parte dei nostri in­terlocutori. D’altra parte tutta l’inizia­tiva del Cortile è stata presentata co­me un momento strettamente cultu­rale ».

Come pensa di affrontare i 'nuovi a­tei'?

«Da un lato esiste un ateismo ironico e sarcastico, ormai un elemento rile­vante: Michel Onfray ne fa parte, ma ha scritto ad un mio collaboratore per farci sapere che vuole dimostrare co­me la sua proposta non faccia parte di tale visione. Studieremo dunque an­che queste forme di ateismo, 'mino­ri' da un punto di vista intellettuale, ma 'maggiori' in termini di diffusio­ne. Ma esiste poi il campo dell’indif­ferenza, a mio avviso più grave e im­portante. Interrogarsi sulle domande dei laici – ad esempio di Julia Kristeva – per gli indifferenti rappresenta l’ul­timo dei problemi. Su questo fronte non abbiamo nessun nome come in­terlocutore. Disponiamo di pochi stu­di sul tema, a parte i lavori sociologi­ci di Charles Taylor, per verificare le strutture profonde che stanno alla ba­se di questo atteggiamento. Questo sarà il lavoro più difficile da fare per il futuro».

Quale futuro per il Cortile?

«Modulare la proposta a seconda del­le situazioni. Per esempio: in Québec o a Chicago, dove andremo prossima­mente, dovremo restare sul versante della tecnologia e della scienza, e non con proposte così 'alte' come quelle fatte qui a Parigi. Resta il problema della continuità: una proposta come il 'Cortile' dovrebbe essere uno spa­zio normale nell’attività pastorale di ogni diocesi».

© Copyright Avvenire, 26 marzo 2011

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Piaccia o no, ma Ravasi è pressochè l'unico cardinale che fa qualcosa di davvero rilevante. Come lo era un tempo il card. Ratzinger. Bisogna vedre se sono grandi eventi che piacciono ai media o lasciano qualcosa anche alla sente comune. Ratzinger ha lasciato e lascia anche ai fedeli semplici (oltre che agli intellettuali) una grande ricchezza, la fede in Cristo. Credo che comunque Ravasi sia più adatto come prefetto per cultura che come vescovo (di milano ad esempio). Ciao, Marco

Anonimo ha detto...

Invece di "sente" comune, volevo dire "gente"... ciao Marco

Raffaella ha detto...

Concordo con te, caro Marco!
Il card. Ravasi si sta dando molto da fare e di questo dobbiamo essergli davvero grati.
Ben pochi sono i porporati che si rimboccano davvero le maniche per trasmettere cultura e valori.
R.