“Riconosciuto il valore universale di un simbolo religioso”
Il cardinale Ruini: la fede non deve essere esclusa dallo spazio pubblico
GIACOMO GALEAZZI
CITTÀ DEL VATICANO
Il crocifisso ha valore universale».
Informato del sì della Corte europea per i diritti dell’uomo alla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole italiane e in attesa di leggerne integralmente le motivazioni, il cardinale Camillo Ruini è «molto lieto» per le notizie in arrivo da Strasburgo.
Eminenza, è una sentenza impegnativa e che fa storia. Qual è stata la sua prima reazione a questo pronunciamento?
«Una profonda gioia. Il crocifisso esprime certamente valori universali e da tutti condivisibili e già per questo la sentenza si giustifica ampiamente. Bisogna aggiungere che un sano pluralismo vive proprio di questa accoglienza reciproca, dove le tradizioni religiose di un popolo possono essere integralmente mantenute senza che ciò costituisca un ostacolo per l’accoglienza di coloro che hanno e professano convinzioni diverse».
Qual è il valore di questa sentenza definitiva e inappellabile?
«Ha grande significato perché conferma alcuni principi fondamentali. Innanzitutto la religione non deve essere esclusa dallo spazio pubblico. In particolare le espressioni e i simboli della religione cattolica, come quelli di ogni altra determinata fede e tradizione religiosa, non offendono coloro che non condividono la nostra fede».
Non c’è dialogo senza identità?
«Mi sembra evidente che solo chi è consapevole e lieto della propria identità può fare sinceramente spazio a identità diverse dalla sua. In altre parole, chi non conosce e non ama se stesso difficilmente può comprendere il suo prossimo e volergli bene».
È importante che il pronunciamento riguardi specificamente gli istituti scolastici?
«Sì. D’altra parte la scuola, ambiente per sua natura finalizzato alla formazione delle nuove generazioni, è un luogo nel quale la presenza visibile del crocifisso può esercitare una funzione positiva difficilmente contestabile. Il crocifisso, infatti, invita all’amore reciproco e anche a saper dare un senso alla sofferenza: è il segno dell’amore di Dio e, per il fatto di avere un volto e un cuore umano, esprime la grandezza che appartiene a ogni uomo».
Cosa insegna la croce?
«L’amore reciproco e la capacità di dare un senso alla sofferenza sono le chiavi per costruire una vita piena e autentica. Ciascuno di noi, infatti, non è autosufficiente e non è nemmeno invulnerabile. Soltanto chi sa aprirsi al suo prossimo e chi sa fare i conti con la realtà, spesso dura e difficile, cresce come persona e può essere davvero utile agli altri. Inoltre vorrei precisare che, allargando il discorso, la questione riguarda l’intera Europa».
Il «caso Italia» fa scuola per il resto d’Europa?
«Dato che si tratta di una sentenza di una corte europea oso formulare un auspicio. E cioè che questo pronunciamento possa aiutare non solo l’Italia ma l’Europa intera a libersarsi dal’odio di se stessa, il cui oggetto principale sembra essere proprio il cristianesimo. Questo strano sentimento, come ha più volte affermato Benedetto XVI, è forse la ragione più profonda delle sue attuali debolezze. In una fase storica in cui l’Europa vede diminuire il proprio ruolo economico e politico, essa deve trovare invece la strada di una sua interna unità e solidarietà più vera». Perché sarebbe stata grave la rimozione della croce dalle aule? «Imporre la rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche equivale a negare la libertà di espressione di un popolo intero che, nel crocifisso, esprime la sua tradizione e i propri valori profondi. I valori devono essere trasmessi, devono passare da una generazione all’altra. La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche testimonia valori e beni importanti per la comunità nazionale».
Non c’è rischio di esclusione, come sostiene chi ha chiesto di togliere il crocifisso?
«Nel sentire comune della gente il crocifisso non provoca esclusione, non separa né limita la libertà di alcuno. Non è giustificabile il tentativo di cancellare il contributo dei valori religiosi nella storia e nella cultura italiana, soprattutto in un ambiente formativo e in una realtà educativa basilare come deve essere la scuola».
È una questione emersa anche in passato?
«Già Giovanni Paolo II nella lettera del 1994 ai vescovi italiani sulle responsabilità dei cattolici evidenziava come le tendenze che nella società odierna mirano a indebolire l’Italia siano negative per l’Europa stessa e nascano sullo sfondo della negazione del cristianesimo. E Giovanni Paolo II sottolineava come all’Italia, in conformità alla sua storia, sia affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l’Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo».
© Copyright La Stampa, 19 marzo 2011
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1 commento:
William Oddie: Ai seminaristi viene insegnato il Rito Straordinario? E se no, perché? (Catholic Herald)
http://www.catholicherald.co.uk/commentandblogs/2011/03/14/are-our-seminarians-being-taught-about-the-extraordinary-rite-and-if-not-why-not/
Alberto
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