sabato 19 marzo 2011

Cardia: Quella sul crocefisso nelle aule scolastiche è una sentenza di buon senso. La soddisfazione della Santa Sede (Messaggero)

Cardia: «Riparata un’ingiustizia, difficilmente si tornerà indietro»

ROMA - «Quella sul crocefisso nelle aule scolastiche è una sentenza di buon senso. E poiché la Grande Camera ha un ruolo equilibratore nei confronti della Corte di Strasburgo ed è il massimo organo giurisprudenziale europeo possiamo stare tranquilli: difficilmente la questione sarà riaperta».

Carlo Cardia insegna diritto ecclesiastico all’Università di Roma Tre e, fra l’altro, ha partecipato ai lavori per la revisione del Concordato tra Italia e Santa Sede. Un anno fa il suo libro ”Identità religiosa e culturale europea. La questione del crocifisso” è servito agli avvocati dello Stato per costruire la memoria giuridica da presentare a Strasburgo in difesa della scelta del nostro paese di esporre i crocefissi a scuola.

Professore, lei aveva creduto fin dall’inizio in questo esito. Il governo si è affidato alla sua esperienza per costruire le basi del proprio ricorso a Strasburgo e ha ottenuto vittoria. Come commenta la decisione della Grande Camera?

«E’ stata fatta una scelta di buon senso. La prima sentenza contro il crocefisso in classe pronunciata dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo nel 2009 tradiva decenni di giurisprudenza della Corte stessa. E presentava errori tecnico-giuridici. Quella sentenza stabiliva, fra le altre cose, che la croce è il simbolo del solo Cattolicesimo quando tutti i Cristiani vedono nel crocefisso il cuore della loro fede. Per non parlare del fatto che sulle bandiere di molti Stati protestanti del nord Europa sono presenti delle croci. Non a caso ben otto di questi hanno partecipato al ricorso a sostegno dell’Italia».

C’è il rischio di altri ricorsi?

«Nella storia d’Europa degli ultimi trent’anni alla Corte di Strasburgo ne è arrivato solo. Altri ricorsi sporadici ci sono stati a livello nazionale. E, comunque, la Grande Camera, con il suo intervento, stabilisce un principio che difficilmente potrà essere rovesciato. Possiamo dormire sonni tranquilli. Potremmo dire che questa sentenza è il primo regalo che l’Italia riceve per il suo 150esiimo compleanno. È il riconoscimento di una identità italiana che senza il cristianesimo non esisterebbe. È stata riparata un’ingiustizia».

Resta il fatto che secondo alcuni il crocefisso in classe è un ‘disturbo’ alla laicità dello Stato.

«La diversità ha sempre valori positivi. A queste persone dico che si si vede nel simbolo di un’altra religione un nemico si torna indietro di secoli. Questa sentenza dovrebbe farci ripartire da qui, dal reciproco rispetto».
A.Mig.

© Copyright Il Messaggero, 19 marzo 2011

Il Papa ringrazia il governo per gli sforzi diplomatici

La Santa Sede: la sentenza stabilisce che l’esposizione della croce non è indottrinamento, ma espressione dell’identità

di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO

Papa Ratzinger pare abbia tirato un respiro di sollievo quando i suoi più stretti collaboratori lo hanno informato della decisione favorevole della Corte Europea. Neanche troppo tempo fa, a proposito della presenza dei simboli religiosi nei luoghi pubblici, aveva messo in guardia: se verranno eliminati «si limita non solo il diritto dei credenti ad esprimere pubblicamente la propria fede, ma si tagliano anche radici culturali importanti. Radici che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni».
Dal suo punto di vista l’offensiva laicista tesa a contenere la dimensione pubblica del cristianesimo non poteva che essere vista con grande timore. Sicché davanti agli sforzi diplomatici messi in campo dal ministro Frattini al fine di sensibilizzare le altre cancellerie europee a riguardo, non aveva mancato di far arrivare a Palazzo Chigi parole di elogio rendendo atto pubblicamente degli sforzi profusi. Oggi che la sentenza scongiura il pericolo non potrà che rallegrarsi ulteriormente. Sin da cardinale papa Ratzinger si è battuto per far capire al più vasto pubblico possibile che l’Europa solo se difenderà le proprie radici religiose e culturali diverrà unità e coesa. La storia del resto parla anche attraverso dei simboli.
Poche ore dopo il risultato raggiunto dalla Grande Chambre, il segretario di Stato, cardinale Bertone ha incaricato il portavoce della Santa Sede, padre Lombardi di diffondere ’urbi et orbi’ un comunicato nel quale evidenziare il passaggio storico. «E’ una sentenza assai impegnativa che fa storia. La Grande Chambre ha infatti capovolto sotto tutti i profili la sentenza di primo grado, adottata all’unanimità da una Camera della Corte, che aveva suscitato non solo il ricorso dello Stato italiano ma anche l’appoggio ad esso di numerosi altri Stati europei, in misura finora mai avvenuta, e l’adesione di non poche organizzazioni non governative, espressione di un vasto sentire delle popolazioni». Ciò che è stato riconosciuto riguarda un punto fermo: «che la cultura dei diritti dell’uomo non deve essere posta in contraddizione con i fondamenti religiosi della civiltà europea, a cui il cristianesimo ha dato un contributo essenziale». Va da sè che i Paesi dovranno armonizzare la presenza dei simboli religiosi che fan parte della propria identità nazionale ai luogo della loro esposizione.
Se ciò non avvenisse, in nome di una mal interpretata libertà religiosa, «si tenderebbe paradossalmente a limitare o persino a negare la libertà religiosa stessa, finendo per escluderne dallo spazio pubblico ogni espressione». Per il Vaticano la sentenza sconfigge così una interpretazione che tendeva a parificare simbolo religioso e insegnamento, ritenendo l’ostensione della croce una sorta di imposizione dell’insegnamento religioso in uno spazio pubblico. «La Corte dice chiaramente - osserva padre Lombardi - che l’esposizione del crocifisso non è indottrinamento, ma espressione dell’identità culturale e religiosa dei Paesi di tradizione cristiana».

© Copyright Il Messaggero, 19 marzo 2011

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