sabato 5 marzo 2011

Il musulmano e il cristiano: l’editoriale di padre Lombardi

Il musulmano e il cristiano: l’editoriale di padre Lombardi

Non dimenticare il sacrificio di Shahbaz Bhatti: con questo spirito, si terrà domani, alle ore 16.30 al Pontificio Collegio S. Pietro Apostolo di Roma, una Santa Messa di suffragio del ministro cattolico ucciso mercoledì. Un assassinio che segue quello del governatore musulmano del Punjab accomunato a Bhatti dall’opposizione alla legge sulla blasfemia. Proprio da queste due tragiche morti muove la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

Tutti e due sono stati uccisi per lo stesso motivo: perché si opponevano alla legge sulla blasfemia, una legge che in sé è veramente blasfema, perché in nome di Dio è causa di ingiustizia e di morte. Ma uno era musulmano, Salman Taseer, governatore del Punjab; l'altro cristiano, Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze del governo pakistano. Tutti e due sapevano bene che rischiavano la vita, perché erano stati esplicitamente minacciati di morte. E tuttavia non hanno rinunciato alla loro lotta per la libertà religiosa, contro il fanatismo violento, e ne hanno pagato il prezzo più alto con il loro sangue.
Nel grande discorso al Corpo diplomatico sulla libertà religiosa, in gennaio, il Papa aveva reso omaggio al sacrificio coraggioso del musulmano Taseer.
E poche settimane fa Bhatti aveva detto: "Pregate per me. Sono un uomo che ha bruciato le sue navi alle sue spalle: non posso e non voglio tornare indietro in questo impegno. Combatterò l'estremismo e mi batterò per la difesa dei cristiani fino alla morte". Ora la sua figura già grandeggia come quella di un valoroso testimone della fede e della giustizia.
Mentre questi due assassinii ci riempiono d'orrore e d'angoscia per la sorte dei cristiani del Pakistan, allo stesso tempo ci ispirano paradossalmente anche un sussulto di speranza, perché associano un musulmano e un cristiano nel sangue versato per la stessa causa. Non vi è più solo dialogo di conoscenza reciproca o dialogo negli impegni comuni per il bene delle persone. Dal dialogo nella vita si passa al dialogo della testimonianza nella morte, a prezzo del proprio sangue, perché il nome di Dio non sia stravolto a strumento d'ingiustizia.
Nella memoria di Taseer e di Bhatti, nella commossa gratitudine per come hanno vissuto e come sono morti, i veri adoratori di Dio continueranno a lottare - e se necessario a morire - per la libertà religiosa, la giustizia e la pace. Quale più forte incoraggiamento a camminare insieme verso Assisi?

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