domenica 20 marzo 2011

Il Papa: i santi sono stelle nel firmamento della storia (Cardinale)

Il Papa: i santi sono stelle nel firmamento della storia

Conclusi gli esercizi spirituali predicati da padre Léthel. Ieri ricordato, nella sua festività, san Giuseppe. «Ci affidiamo alla sua custodia perché aiuti il nostro umile servizio»

DA ROMA GIANNI CARDINALE

«Siamo grati per gli umili santi, preghiamo il Signore affinché renda anche noi umili nel nostro servizio e così santi nella compagnia dei Santi».
Con queste parole Benedetto XVI ha chiuso il breve ma intenso saluto che ha voluto porgere al termine degli esercizi spirituali della Curia Romana predicati quest’anno dal padre carmelitano scalzo Francois-Marie Léthel, prelato segretario della pontificia Accademia di Teologia. Esercizi che erano iniziati domenica scorsa e hanno avuto come tema «La luce di Cristo nel cuore della Chiesa - Giovanni Paolo II e la teologia dei Santi».
«Alla fine di questo cammino di riflessione, di meditazione, di preghiera in compagnia dei santi amici di papa Giovanni Paolo II, – ha detto il Pontefice – vorrei dire di tutto cuore: Grazie a lei, Padre Léthel, per la sua guida sicura, per la ricchezza spirituale che ci ha donato». «I santi: – ha aggiunto – lei ce li ha mostrati come 'stelle' nel firmamento della storia e, con il suo entusiasmo e la sua gioia, lei ci ha inserito nel girotondo di questi santi e ci ha mostrato che proprio i santi 'piccoli' sono i santi 'grandi'». «Ci ha mostrato – ha proseguito il Papa – che la scientia fidei e la scientia amoris vanno insieme e si completano, che la ragione grande e il grande amore vanno insieme, anzi che il grande amore vede più della ragione sola». Ieri ricorreva la solennità di san Giuseppe e il Papa non ha mancato di sottolinearlo nel suo saluto. «La Provvidenza – ha detto – ha voluto che questi esercizi si concludano con la festa di san Giuseppe, mio patrono personale e patrono della Santa Chiesa: un umile santo, un umile lavoratore, che è stato reso degno di essere Custode del Redentore». «San Matteo – ha spiegato – caratterizza san Giuseppe con una parola: 'Era un giusto', 'dikaios', da 'dike', e nella visione dell’Antico Testamento, come la troviamo per esempio nel Salmo 1, 'giusto' è l’uomo che è immerso nella Parola di Dio, che vive nella Parola di Dio, che vive la Legge non come 'giogo', ma come 'gioia', vive – potremmo dire – la Legge come 'Vangelo'. San Giuseppe era giusto, era immerso nella Parola di Dio, scritta, trasmessa nella saggezza del suo popolo, e proprio in questo modo era preparato e chiamato a conoscere il Verbo Incarnato - il Verbo venuto tra noi come uomo - , e predestinato a custodire, a proteggere questo Verbo Incarnato; questa rimane la sua missione per sempre: custodire la Santa Chiesa e il Nostro Signore». «Ci affidiamo in questo momento alla sua custodia, – ha continuato il Papa – preghiamo perché ci aiuti nel nostro umile servizio». «Andiamo avanti con coraggio sotto questa protezione. – ha quindi concluso –. Siamo grati per gli umili Santi, preghiamo il Signore affinché renda anche noi umili nel nostro servizio e così santi nella compagnia dei Santi».
Le parole del Papa sono arrivate dopo l’ultima meditazione pronunciata ieri mattina da padre Léthel nella Cappella 'Redemptoris Mater' del Palazzo Apostolico vaticano. Al carmelitano Benedetto XVI ha anche indirizzato una lettera per esprimere «di vero cuore» la «viva gratitudine per il prezioso servizio» offerto predicando gli esercizi «a me ed ai miei collaboratori della Curia Romana».

© Copyright Avvenire, 20 marzo 2011

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