IL PAPA IN TV
Ci dà l'esempio
Benedetto XVI risponderà su Rai Uno (A Sua Immagine) ad alcune domande
“Il Papa ci dà l’esempio su come utilizzare i vari linguaggi per parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”. Così mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali (Pccs), commenta l’iniziativa televisiva che il prossimo 22 aprile, Venerdì Santo, vedrà protagonista Benedetto XVI, quando risponderà a tre domande su Gesù nell’ambito del programma di Rai Uno “A Sua Immagine”. Le domande potranno essere inviate sul sito web della trasmissione, e poi verranno selezionate. Quindi, l’inedita intervista al Papa sarà registrata pochi giorni prima della messa in onda. “Il Papa – dice il segretario del Pccs – continua a sostenerci e a guidarci nel nostro impegno: annunciare la Parola, anche con i nuovi media”. Un tema che è stato al centro dell’ultima assemblea plenaria del Pontificio Consiglio che si è tenuta nei giorni scorsi a Roma. Ne parliamo con mons. Tighe.
L’assemblea è stata dedicata allo studio dei linguaggi della cultura digitale per aiutare la missione evangelizzatrice della Chiesa. Cosa è emerso dai lavori?
“I diversi interventi hanno fatto emergere un dato sostanziale: comunicare non è semplicemente trasferire informazioni, non è un’azione meccanica, ma ha sempre a che fare con il rapporto umano tra due o più persone. È sempre importante sottolineare l’aspetto umano della comunicazione. Tenendo presente ciò, è possibile notare come i nuovi linguaggi della cultura digitale, con il loro bisogno di creare comunità – si pensi ai forum, ai blog ecc. –, richiamino l’importanza e la necessità di una comunicazione umana, tesa a creare rapporti. Ovviamente, una premessa importante è che tali linguaggi siano sinceri, non superficiali o banali. I lavori della plenaria ci hanno molto incoraggiato e ci hanno dato speranza nel considerare quanto i nuovi media siano vicini al concetto di comunicazione da sempre presente nella Chiesa”.
In che modo è stato accolto il discorso del Papa all’inizio della plenaria?
“La parole del Santo Padre sono state accolte con grande gioia: ci hanno dato la certezza di essere sulla strada giusta nel tentativo di capire le potenzialità dei nuovi media per aiutare la comunicazione della Chiesa. Il nostro compito, infatti, è sempre il medesimo: annunciare la Parola. Per questo è importante capire, conoscere e parlare il linguaggio e la cultura dell’uomo di oggi”.
“Oggi – ha affermato il Papa – siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone, che possano essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”...
“La necessità di trovare un nuovo linguaggio adeguato ai mutati contesti culturali non è nuova per la Chiesa. Se si ritiene il linguaggio della cultura digitale eccessivamente banale o effimero per tradurre la profondità del messaggio cristiano, va chiarito che esso non sostituirà il linguaggio preciso del dogma e della teologia o il ricco linguaggio dell’omiletica o della liturgia, ma servirà a stabilire un punto iniziale di contatto con i giovani, con i lontani dalla fede ecc. Molti siti propongono meravigliose omelie, discorsi e articoli, ma non è chiaro se parlano a un pubblico più giovane che conosce una lingua diversa, radicata nella convergenza tra testo, suono e immagini. Pertanto, senza forme espressive appropriate, si rischia di parlare solo con noi stessi. Abbiamo bisogno di un linguaggio che tocchi i cuori per stimolare interesse verso il messaggio evangelico”.
È possibile comunicare i contenuti della fede cristiana con i nuovi linguaggi?
“Io ne sono convinto. In tempi passati gli artisti sono riusciti a comunicare la fede sia con la musica, sia con l’arte, sia con l’architettura. Ora tocca a noi trovare nel contesto del mondo digitale una proposta che inviti alla riflessione. Nella Chiesa non mancano risorse per creare un’esperienza multimediale che possa anche incorporare aspetti della nostra tradizione, come l’arte o la musica”.
Quali sono le principali sfide che attendono la comunità ecclesiale?
“La sfida principale sta nel conoscere e capire la nuova cultura digitale, altrimenti corriamo il rischio di usare un linguaggio che i nostri contemporanei non capiscono. Ci sono già molte esperienze in atto. È come se stessimo imparando la lingua di un Paese diverso dal nostro. Chi studia una lingua che non conosce, fa progressi ma spesso commette anche degli errori, che vanno riconosciuti e superati. Per questo il mio consiglio è di vedere, giudicare e promuovere”.
Quali saranno i prossimi impegni del Pccs?
“Stiamo lavorando già da qualche tempo a un ‘documento’, un’iniziativa per promuovere la consapevolezza nella Chiesa delle potenzialità dei nuovi media. Questo ‘documento’ avrà una base testuale, ma sarà accompagnato da qualche iniziativa multimediale. Non posso dare tempi certi per la pubblicazione, perché deve essere fatto con accuratezza e tener conto dei diversi contesti socio-culturali”.
© Copyright Sir
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