Ecco il nuovo libro del Papa che spiega Gesù, ma “dal basso”
Paolo Rodari
Lo sforzo che il Papa fa pubblicando il secondo volume della trilogia dedicata a Gesù di Nazaret – ieri è stato presentato in Vaticano dal cardinale Marc Ouellet e dallo scrittore e germanista Claudio Magris – è noto: mostrare come il Gesù dei Vangeli sia il Gesù realmente esistito e, dunque, come ciò che i Vangeli dicono di lui sia vero. A cominciare dalla risurrezione. “Se nella risurrezione di Gesù si fosse trattato soltanto del miracolo di un cadavere rianimato, essa ultimamente non ci interesserebbe affatto”, spiega il Papa. “Non sarebbe, infatti, più importante della rianimazione, grazie all’abilità dei medici, di persone clinicamente morte”.
In questo sforzo Ratzinger si fa accompagnare da teologi importanti, citati direttamente nel libro. Alcuni appartenenti a teologie differenti, ma pur nel diverso approccio “è la stessa fede che agisce”. Walter Kasper, da qualche mese presidente emerito del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, è sorpreso del fatto che uno dei teologi dei quali Ratzinger si dice debitore sia proprio lui. Dice: “Non me lo immaginavo. Ne sono felice”.
Con lui ci sono il teologo Wolfhart Pannenberg e il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna ed ex allievo del Papa. Kasper, Schönborn e Pannenberg figurano tra gli autori di “importanti cristologie” insieme al grande “opus” di Karl-Heinz Menke “Jesus ist Gott der Sohn”. Le loro sono “cristologie dall’alto” paragonabili alla “Der Herr” di Romano Guardini, del quale egli parla come suo “maestro”.
Ratzinger ha attinto da questi autori ma il suo tentativo è più che altro una “cristologia dal basso” che si avvicina al trattato teologico sui misteri della vita di Gesù al quale Tommaso d’Aquino ha dato forma classica nella sua “Somma di teologia”.
Insomma lo scopo è chiaro: incontrare Gesù dal basso, attraverso i Vangeli, mentre cammina, si muove, parla in terra di Galilea. Tra i cardinali citato è il gesuita francese e biblista Albert Vanhoye che nel 2008 tenne gli esercizi spirituali alla curia romana. Già segretario della Pontificia commissione biblica, è dalla sua esegesi che il Papa attinge gran parte delle sue idee. E’ forte, infatti, in Vanhoye l’idea che al metodo storico critico debba aggiungersi un’ermeneutica della fede, sviluppata in modo giusto e conforme al testo.
Il Papa cita anche Vittorio Messori, giornalista e saggista che firmò con lui il best seller “Rapporto sulla fede”, il filosofo Giovanni Reale, commentatore scelto da Wojtyla per le poesie del suo “Trittico Romano”, e un vescovo toscano da poco scomparso, monsignor Alberto Giglioli, autore di profondi commentari biblici.
Benedetto XVI ha studiato nella Germania dei grandi teologi protestanti. Tra questi il luterano Joachim Ringleben. Il suo “Jesus” è il volume di “un fratello ecumenico”. In lui si nota “la diversa provenienza confessionale” ma “al tempo stesso egli manifesta la profonda unità nell’essenziale comprensione della persona di Gesù e del suo messaggio.
Pubblicato sul Foglio venerdì 11 marzo 2011
© Copyright Il Foglio, 11 marzo 2011 consultabile online anche qui.
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