Il crocifisso non è innocuo
GIAN ENRICO RUSCONI
La sentenza della Corte di Strasburgo è prigioniera di un brutto paradosso. Dichiarando che il crocifisso esposto in un’aula scolastica non lede alcun diritto, non solo lo dichiara innocuo, ma declassa il più potente segno religioso dell’Occidente a un marcatore identitario. «Non fa male a nessuno» - come ripetono da sempre i molti per trarsi d’impaccio dal conflitto di ragioni che la questione seriamente solleva.
Posso comprendere il tripudio dei cattolici governativi e dei leghisti che dopo lo smacco della riuscitissima festa dell’Unità d’Italia si consolano dicendo che nazionale non è la bandiera tricolore ma il crocifisso. Quello che non capisco (si fa per dire) è l’entusiasmo della gerarchia ecclesiastica. Non si rende conto dell’equivoco che promuovendo il crocifisso come simbolo di universalismo e umanitarismo in esclusiva nazionale, negando di fatto spazio ad altri simboli religiosi, lo priva della sua specifica autenticità religiosa?
Preoccupazioni culturali, considerazioni psicologiche; deduzioni giuridiche. Di tutto si parla, salvo che del valore religioso del crocifisso che rappresenta (dovrebbe rappresentare) il Figlio di Dio in croce. Non semplicemente un uomo giusto e innocente ma - in una prospettiva teologica carica di mistero - il Figlio di Dio che muore per volontà del Padre per redimere l’uomo dal peccato. Terribile mistero di fede, diventato oggi incomunicabile, banalizzato a segnaposto identitario nazionale.
Evidentemente tra i «valori non negoziabili» di molti cattolici c’è la rivendicazione dello spazio pubblico per le loro idee su famiglia e omosessualità, ma non c’è la capacità di trovare le parole per comunicare verità dogmatiche di cui si è perso letteralmente il significato: peccato originale, redenzione, salvezza. Tanto vale ripiegare sulla simbologia umanitaria, come si trattasse di Gandhi. Anzi meglio di Gandhi: «Abbiamo il crocifisso».
Non è certo compito degli atei devoti o dei laici pentiti occuparsi di queste cose. A loro non interessano queste faccende teologiche. Ma dove sono i cristiani maturi? Dove sono i «teologi pubblici» - come dice la nuova moda? Lascio a chi è più competente di me dare un giudizio giuridico sulla sentenza di Strasburgo. Il lungo testo sembra molto preoccupato di delimitare i confini della competenza della Corte: «Non le appartiene pronunciarsi sulla compatibilità della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche con il principio di laicità quale è consacrato nel diritto italiano». In altre parole, si affida alla giurisprudenza italiana, facendo finta di non sapere quanto essa sia incerta e controversa. Anzi adesso molti uomini di legge saranno sollevati d’avere un’autorevole istanza «esterna» cui appoggiare i loro argomenti.
Un punto importante tuttavia è acquisito dalla sentenza: in tema di religione (insegnamento, spazio pubblico, rapporti istituzionali tra Chiesa e Stato) il criterio nazionale ha la precedenza su ogni altro. Ma questo in concreto vuol dire che in Europa prevarranno linee interpretative molto diverse da Paese a Paese: la situazione francese è inconfrontabile con quella tedesca, con quella italiana, con quella spagnola, per tacere dei nuovi Stati membri dell’Europa orientale. Con buona pace dell’universalismo del messaggio cristiano ridotto a principi generalissimi diversamente intesi e praticati a Parigi, a Berlino, a Roma o ad Atene. E’ come se per paradosso si riproducessero di nuovo - in termini non drammatici - le antiche divisioni della cristianità occidentale.
Ma poi la Corte fa un passo ulteriore significativo, quando dichiara con una certa disinvoltura di non avere prove di una influenza coercitiva negativa del simbolo cristiano su allievi di famiglie di religione o di convincimenti diversi. In realtà proprio su questo punto è stata decisiva anni fa la sentenza della Corte Costituzionale tedesca (a mio avviso la più equilibrata e convincente mai pronunciata) che al contrario ha dichiarato necessario tenere in considerazione le opinioni di tutti gli interessati. Si tratta infatti di un conflitto tra diritti legittimi. L’esito finale della lunga appassionata controversia sul crocifisso in aula è stato il più impegnativo che si potesse immaginare: nessuna imposizione di legge, ma ragionevole intesa tra tutti gli interessati. In nome dell’universalismo e del rispetto reciproco.
E’ una strada difficile da praticare, ma è l’unica degna di una democrazia laica matura. Peccato che noi ne siamo ancora molto lontani.
© Copyright La Stampa, 21 marzo 2011 consultabile online anche qui.
Ma certo che il Crocifisso e' un simbolo religioso! E chi lo nega?
Leggo inoltre:
"Un punto importante tuttavia è acquisito dalla sentenza: in tema di religione (insegnamento, spazio pubblico, rapporti istituzionali tra Chiesa e Stato) il criterio nazionale ha la precedenza su ogni altro. Ma questo in concreto vuol dire che in Europa prevarranno linee interpretative molto diverse da Paese a Paese: la situazione francese è inconfrontabile con quella tedesca, con quella italiana, con quella spagnola, per tacere dei nuovi Stati membri dell’Europa orientale".
E' il principio di sussidiarieta', caro Rusconi! Sono le maggioranze che determinano, di volta in volta, i simboli che possono o non possono essere esposti. Tuttavia nemmeno le maggioranze, espressione di vittorie politiche limitate nel tempo, posso distruggere l'identita' e la tradizione di un popolo. La Francia e la Germania possono bandire i Crocifissi, ma basta fare un giro per le citta' francesi e tedesche per rendersi conto che tutto esprime la Cristianita'.
La sentenza della Grande Camera non esclude, di fatto e di diritto, un eventuale ricorso da parte di cittadini francesi, tedeschi, inglesi proprio in quanto e' stato stabilito solennemento che il Crocifisso non viola alcun diritto umano
Infine: possiamo anche lontanamente pensare che la laicissima Francia, bandendo TUTTI i simboli religiosi, abbia realizzato la vera laicita' e la pace sociale? Non mi pare proprio...
R.
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11 commenti:
Buongiorno Raffella,
io direi una cosa molto semplice: intanto c'e' e ci resta. Poi ogniuno ci fara' i propri conti, esistenziali.
Senza contare che il cristianesimo è parte della nostra storia dell'arte, della letteratura, delle tradizioni. Perchè non annulliamo anche tutto il nostro patrimonio culturale già che ci siamo??
Il punto, cara Raffaella, è che Cristo (e Lui solo) fa "saltare" gli schematismi religiosi naturali, cioè quelli non provenienti dall'intervento auto-rivelativo di Dio. Nello stesso momento, solo Lui fonda la LAICITA', quella sana: ascoltando la Sua voce oggi (= con un motivato impegno nel mondo, sapendo che esso resta imperfetto), potremo giungere domani al Regno.
Tutto ciò era evidente fino al traboccare del Relativismo dai circoli massonici ai popoli occidentali: come la Massoneria ha sempre fatto, oggi il comune borghese "illuminato" dà addosso al Cristo, perché lo sente (giustamente) estraneo al proprio narcisismo.
Per chi vuole: c'è un mio commento a "CROCIFISSO/2. Weiler.."
ricordo che la sentenza non impone il cricifisso.
se c'è il consenso può essere tranquillamente tolto
Ovvio, nessuna imposizione ne' di esporlo ne' di NON esporlo.
Il punto e' proprio questo.
R.
Infatti. So di scuole in cui è stato tolto e non è volata una mosca.
Gentilissima Raffaella,
ho appena letto il tuo commento in calce all'articolo.
Anche se ho poco tempo, desidero intervenire per esprimerti tutta la mia condivisione ed il mio totale appoggio a quanto da te scritto, particolarmente in ordine alla Francia, la quale non è in grado di rendersi conto che bandendo tutti i simboli religiosi ha elevato il nichilismo simbologico a simbolo religioso (scusa il bisticcio delle parole).
La solita Francia che non comprende che la laicità non deve annullare le religioni poichè se lo fa diviene essa stessa (la laicità) religione trasformandosi in laicismo. Raffaella, complimenti per la tua arguzia e cultura: rimango sempre più entusiasta di te e del tuo staff! Devo andare! Ciao!
Che esagerato :-))
Non e' volata una mosca?
Beh, buon per loro. Il ronzio e' sempre fastidioso.
R.
che tutte le volte che un cattolico manifesti attaccamento al crocifisso debba essere etichettato come filogevernativo o cattolico immaturo a me ha proprio rotto gli attributi laici
Che poi il solo riflettere, anche da un punto di vista ateo esistenziale, su un uomo in croce coi chiodi conficcati in mani e piedi, possa far male ad un giovane che lo guarda, è tutto da dimostrare
Ma non vorrei che il problema sia tutto lì, in quella frase su omosessualità e famiglia. Risiede tutto lì oggi il problema con la chiesa, sesso e famiglia, come se tutto ciò che di buono ha in sè il cristianesimo fosse improvvisamente da buttare e via il crocifisso, dentro il distributore di profilattico, nuovo salvacondotto dell'umanità
Rusconi si arrampica su ogni specchio disponibile per depotenziare la senzenza e trasformare quella che è una vittoria del buon senso, in grado di accomunare credenti, non credenti, diversamente credenti, in una sconfitta ricorrendo a argomentazioni risibili. Pfui!
Grazie
Raffaella
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