mercoledì 16 marzo 2011

La riflessione del prof. Cardia sul Messaggio di Benedetto XVI per i 150 anni dell'Unità d'Italia (Radio Vaticana)

La riflessione del prof. Cardia sul Messaggio di Benedetto XVI per i 150 anni dell'Unità d'Italia

Per un commento sul Messaggio del Papa a Napolitano per i 150 anni dell’Unità d’Italia, Sergio Centofanti ha intervistato il prof. Carlo Cardia, docente di diritto ecclesiastico all’Università Roma Tre:

R. – A me è sembrato, nel leggerlo, quasi un affresco di “storia patria” o di storia nazionale. Infatti, Benedetto XVI si richiama all’essere Nazione dell’Italia, all’essere Nazione che si è costruito nei secoli. E un aspetto molto bello è che lui richiama i diversi apporti, culturali, religiosi, di cultura giuridica, di cultura artistica … cioè un respiro storico molto ampio che dà fondamento alla Nazione che “poi” si fa Stato. Questo, forse, da parte di un Pontefice è l’aspetto più bello che viene per noi italiani: nel farci sentire questo sentimento nazionale più profondo, radicato non solo in un singolo momento storico importante – il Risorgimento – al quale il Papa dedica parole molto belle, ma anche di una Nazione che è il frutto di una coralità di voci, di esperienze e di sentimenti.

D. – Il Papa ha sottolineato come il cristianesimo abbia contribuito in modo fondamentale alla formazione di una identità nazionale …

R. – Il cristianesimo ha contribuito all’identità nazionale e io direi anche alla polifonia di questa identità. Il cristianesimo ha posto quelle radici di civiltà che conosciamo tutti e che, diciamo la verità, non riguardano solo l’Italia: riguardano l’Europa, l’Occidente e tante altre parti del mondo. Però, per l’Italia vi è stata questa identità che si è mantenuta solida nel tempo, nei secoli e questo è un elemento caratteristico nostro. E’ passato il Medio Evo, è passato il Rinascimento, è passato l’Ottocento, sempre animati da un cristianesimo che ha vissuto anche dei conflitti: questo bisogna dirlo con franchezza, ma la storia è anche conflitto. Quindi, ha ricordato questo aspetto del cristianesimo che ha animato e che anima la polifonia della Nazione italiana.

D. – Ci sono state parole interessanti sul Risorgimento …

R. – Ci sono state parole interessanti sul Risorgimento, sa da quale punto di vista? Della piena legittimità della Nazione italiana a farsi Stato. E il Papa ha ricordato che il dissenso di Pio IX non riguardava lo Stato che si faceva unitario in sé, ma le modalità, anche per motivi storici: più di mille anni, millecinquecento anni di presenza del Papato creavano momenti di conflitto. La classe dirigente liberale, in alcuni aspetti, è stata aspra. Però, ecco, tutto questo non portava a negare lo Stato unitario in sé, ma il modo in cui non si erano risolti determinati problemi.

D. – E ha ricordato il contributo degli stessi cattolici al Risorgimento …

R. – Guardi, il Risorgimento ha avuto due anime: quella liberale e quella – come si chiamava – “neoguelfa”, ovvero quella cattolica. Da lì sono partiti poi altri filoni: quello mazziniano, quello repubblicano, quello liberale-radicale. Ma quello cattolico non è mai venuto meno! Poi si è espresso – come ricorda il Papa – anche a livello delle più grandi personalità del mondo artistico e culturale. L’Italia è indissociabile dalla sua cultura!

D. – C’è stato poi un riferimento anche alla partecipazione dei cattolici all’elaborazione della Costituzione repubblicana del 1947 …

R. – Qui il discorso è anche più ampio, perché il Papa dice che anche nel conflitto risorgimentale dell’Ottocento, i cattolici non hanno mai smesso di agire per l’unità, per la coesione sociale. Lui ricorda, ad un certo punto, che le più grandi organizzazioni a livello associativo – le prime! – sono state quelle cattoliche, anche se in quel momento in uno spirito di polemica. Dopo, questo potenziale cattolico si è espresso al massimo livello nel mantenimento dell’autonomia nei confronti del regime e poi nella Costituzione e nella direzione dello Stato democratico.

D. – Che dire dei rapporti odierni tra Stato e Chiesa?

R. – Noi siamo un Paese che abbiamo mille qualità, ma qualche difettuccio ce l’abbiamo … Fra questi difettucci io metterei quello di tenere alta una polemica che non ha più ragione storica essenziale. Oggi si parla di attriti tra Stato e Chiesa, tra cultura cattolica e cultura laica … Se noi scremiamo gli aspetti polemici che ci sono un po’ connaturati, noi vediamo che non c’è stata – forse – fase storica in cui le relazioni istituzionali, giuridiche e sociali tra Stato e Chiesa sono forse al massimo livello. Non c’è forse Paese in cui esista questa armonia, che fra l’altro si esprime anche in un rapporto molto bello tra il presidente della Repubblica e il Pontefice: un rapporto molto stretto, che si è manifestato in tanti modi; non ultimo l’invio di questo messaggio del Papa per i 150 anni dell’Unità, che io penso possa fare piacere un po’ a tutti … (gf)

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Altre reazioni, eufemia
>ANSA-FOCUS/ ITALIA 150: STORICI DIVISI, MA BENE PAROLE PAPA
FATTORINI, DECISIVO MONTINI; TRANFAGLIA, STATO IN LIBERA CHIESA
(di Massimo Lomonaco)
(ANSA) - ROMA, 16 MAR - Le dichiarazioni del papa sull'Unita'
di Italia sono indubbiamente importanti, ma il contesto odierno
e la storia passata inducono ad una diversa valutazione: almeno
a sentire due storici come Emma Fattorini e Nicola Tranfaglia.
La prima - docente di Storia contemporanea alla Sapienza di
Roma e molto vicina alle posizioni cattoliche - ''importanti''
le affermazioni del papa, anche se non ''storiche''. ''Lo furono
invece quelle di Montini, futuro Paolo VI, quando le pronuncio'
nel 1962 chiudendo cosi' - spiega - tutte le polemiche unitarie.
Ma rilanciando soprattutto la presenza della Chiesa sul piano
spirituale. In sostanza Montini, e oggi Ratzinger, si svincolo'
da chi vedeva la presa di Roma come un'offesa e per questo
rivendicava una riparazione del torto subito. Ratzinger ha
ribadito questa lettura che all'epoca comprese nella fine del
potere temporale un'occasione da rivolgere in positivo. Una
sorta di purificazione spirituale. Che oggi Benedetto XVI la
riprenda e' importante''.
''Altrettanto significative - a giudizio di Fattorini - le
posizioni espresse sul Risorgimento: non si e' mai interrotta,
neppure in quel periodo la 'devozione' religiosa. Le 'devozioni
popolari' sono state un collante dell'identita' nazionale, non
divisione bensi' unione. Del resto in Italia quella cattolica e'
una religione di popolo''.
Di diverso avviso il professore Nicola Tranfaglia, storico
vicino alla sinistra che definisce la situazione di oggi il
contrario della linea cavouriana: ''Qui non si tratta piu' di
'libero stato in libera chiesa', bensi' - spiega - di 'stato in
libera chiesa'. Se la dichiarazione del papa e' importante, la
storia pero' tende a mostrarci in questo momento una forte
interferenza del Vaticano nella politica italiana''.
''E' vero poi che i cattolici - prosegue - hanno lavorato per
l'unificazione del paese, ma va ricordato che fino ai primi anni
del Novecento per loro era impossibile partecipare alla vita
politica. Certo non si puo' dimenticare, nella vita
repubblicana, il contributo di uomini come Alcide De Gasperi,
Aldo Moro e Amintore Fanfani''. (ANSA).