lunedì 21 marzo 2011

Libia, nella Chiesa e nel mondo cattolico cominciano a farsi più decise le voci che chiedono una rapida cessazione della violenza

Su segnalazione di Alice:

LIBIA: CRESCONO DUBBI CHIESA, VIOLENZA FINISCA PRESTO (IL PUNTO)

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 21 mar

''Si' all'intervento umanitario, ma...'': al terzo giorno dei bombardamenti della coalizione internazionale contro le forze dell'esercito del Colonnello Gheddafi impegnate nella repressione della rivolta in Libia, nella Chiesa e nel mondo cattolico cominciano a farsi più decise le voci che chiedono una rapida cessazione della violenza e la riapertura della strada diplomatica per mettere fine al conflitto.
La voce piu' netta, anche perche' direttamente coinvolta negli avvenimenti, e' quel del Vicario Apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli che ammonisce chiaramente: ''La guerra non risolve niente''.
L'intervento militare non fa altro che risvegliare nei libici ''tristi ricordi'' del loro recente passato e per questo ''occorre fermare le armi e avviare subito una mediazione per risolvere la crisi in modo pacifico''.
Ma anche dall'Italia, due associazioni impegnati da sempre nello sforzo per la pace fanno sentire i loro distinguo: Pax Christi, con una nota del suo presidente, mons. Giovanni Giudici, chiede che le azioni militari ''siano il piu' possibile limitate'' e vengano accompagnate ''da seri impegni di mediazione'', mentre per la Tavola della Pace l'Italia ha ''una sola grande missione da compiere: fermare l'escalation della violenza, togliere rapidamente la parola alle armi e ridare la parola alla politica'', promuovendo ''il negoziato politico''.
Ieri, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che d'altra parte ha ancora il grado di generale di Corpo d'Armata in virtu' del suo passato di Ordinario militare, aveva schierato la Chiesa italiana decisamente dalla parte del sostegno all'azione internazionale per fermare la repressione violenta di Gheddafi: ''Il Vangelo ci indica il dovere di intervenire per salvare chi e' in difficolta'. Se qualcuno aggredisce mia mamma che e' in carrozzella io ho il dovere di intervenire'', ha detto a Genova il porporato, auspicando che ''si svolga tutto rapidamente, in modo giusto ed equo''.
Meno dirette le parole di papa Benedetto XVI, che ieri all'Angelus aveva preso atto dell'intervento militare appellandosi ''a quanti hanno responsabilita' politiche e militari, perche' abbiano a cuore, anzitutto, l'incolumita' e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l'accesso ai soccorsi umanitari''.
In passato, la Chiesa cattolica aveva condannato, esplicitamente, la guerra in Iraq e mentre non c'era stata condanna all'intervento contro i talebani in Afghanistan.
Oggi, a guidare il giudizio e' il riconoscimento della crisi umanitaria che, come ricorda la Caritas Italiana, rimane sempre grave. A Tripoli, le suore francescane si trovano quotidianamente di fronte a migliaia di profughi africani - eritrei, etiopi, congolesi, somali, sudanesi - che vengono a chiedere aiuto per vivere e per lasciare il Paese, abbandonati dai loro governi e anche da quello italiano che, finche' era funzionante la nostra ambasciata nella capitale libica, aveva organizzato l'espatrio per qualche centinaia di loro. ''Ora - raccontano le suore all'ASCA - non possiamo fare nulla per loro.
Non c'e' ne' speranza ne' cibo, consigliamo loro di andare verso la Tunisia anche se il viaggio e' pericoloso e costoso, e loro non hanno niente''. ''Ieri - aggiunge una delle sorelle - dopo averli mandati via senza niente, mi sono seduta nel mio ufficio e mi sono messa a piangere''.

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Libia/ Mondo cattolico spaccato su guerra. Aumentano dubbi -focus

Aperture Cei. Card. Koch: Troppo tardi. E 'Tempi' pungola Italia

Si divide il mondo cattolico sull'intervento militare in Libia. Questione di accenti e sfumature, ma le differenze ci sono. E rispetto alla posizione di sostanziale appoggio all'intervento militare esposta dal presidente della Cei Bagnasco, cresce, nelle ultime ore, il fronte dei dubbiosi. "Non possiamo tacere la triste verità di un'operazione militare che, per quanto legittimata dal voto di una incerta e divisa comunità internazionale, porterà ulteriore dolore in un'area così delicata ed esplosiva, piena di incognite ma anche di speranze", scrive il presidente di Pax Christi, mons. Giovanni Giudici, in una nota menzionata anche da 'Radio vaticana'. "Le operazioni militari contro la Libia non ci avvicinano all'alba, come si dice, ma costituiscono un'uscita dalla razionalità, un' 'odissea' perchè viaggio dalla meta incerta e dalle tappe contraddittorie a causa di una debolezza della politica", scrive ancora Pax Christi, che però non esclude le azioni militari ma chiede che esse - come sottolinea il 'Sir' (Servizio informazioni religiose della Cei) - "siano il più possibile limitate e siano accompagnate da seri impegni di mediazione". Più critica la Tavola della pace, che, per bocca del coordinatore Flavio Lotti dichiara che "così non si difendono i diritti umani". Denuncia, la Tavola della pace: "Mentre si interviene in Libia non si dice e non si fa nulla per fermare la sanguinosa repressione delle manifestazioni in Baharein, nello Yemen e negli altri paesi del Golfo". Conclusione: "L'Italia deve diventare il crocevia dell'impegno europeo e internazionale per la pace e la sicurezza umana nel Mediterraneo. Per questo l'Italia non doveva e non deve bombardare. Per questo deve cambiare strada". Più moderato il presidente delle Acli Andrea Olivero, che afferma: "Paesi con propri interessi che si 'autocandidano' ad applicare le risoluzioni secondo le loro modalità, travalicando il mandato dell'Onu". Ben diversa l'opinione del settimanale ciellino 'Tempi'. "L'Italia non poteva dichiararsi neutrale come ha fatto Malta", scrive. Poi però aggiunge. "Non si tratta, a questo punto, di criticare la partecipazione dell'Italia alla coalizione, ma di discutere il modo migliore di parteciparvi. Che non è quello di appiattirsi sulle posizioni anglo-francesi". In questo senso, "se l'armistizio è reale e non mendace, gli attacchi vanno sospesi e va data una chance al negoziato" e, in particolare, "se i franco-britannici otterranno la guida delle operazioni militari, gli italiani dovrebbero rivendicare la guida delle trattative". Perché "andare semplicemente a rimorchio di quello che fa la maggioranza non garantisce né i nostri interessi nazionali, né la promozione dei diritti umani dei libici". Distinzioni e differenze anche tra le gerarchie ecclesiastiche. "Il Vangelo ci indica il dovere di intervenire per salvare chi è in difficoltà", ha detto ieri il presidente dei vescovi, card. Angelo Bagnasco. "Se qualcuno aggredisce mia mamma che è in carrozzella io ho il dovere di intervenire", ha aggiunto l'arcivescovo di Genova nel corso di una visita alla chiesa del capoluogo ligure. "Speriamo che si svolga tutto rapidamente, in modo giusto ed equo, col rispetto e la salvezza di tanta povera gente che in questo momento è sotto gravi difficoltà e sventure". Molto diversa l'opinione del vicario apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, che in un'intervista all'agenzia 'Fides' di Propaganda fide ha dichiarato: "La guerra non risolve niente. Non so come andrà a finire questa nuova guerra che risveglia tristi ricordi nei libici sul loro recente passato. Continuo a ripetere che occorre fermare le armi e avviare subito una mediazione per risolvere la crisi in modo pacifico. Perché non si è data una possibilità alla via diplomatica?". Critico anche il cardinale di Curia Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani: "Trovo la situazione in Libia estremamente tragica", ha detto ai microfoni della 'Radio vaticana'. "Mi colpisce l'incapacità della comunità internazionale di contrastare questo fenomeno. Ora si è provato almeno a imporre una 'no-fly zone'. Ma è troppo tardi". E se l''Osservatore romano' oggi dà voce alle perplessità della Lega araba con un articolo di cronaca nel quale si sottolinea che "la Lega araba ha ieri criticato i raid aerei sulla Libia, che sono andati oltre il loro obiettivo, che era di imporre una no-fly zone", sulla vicenda libica è intervenuto, ieri all'Angelus, il Papa in persona. "Seguo gli ultimi eventi con grande apprensione - ha detto Benedetto XVI - prego per coloro che sono coinvolti nella drammatica situazione di quel Paese e rivolgo un pressante appello a quanti hanno responsabilità politiche e militari, perché abbiano a cuore, anzitutto, l'incolumità e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l'accesso ai soccorsi umanitari". Parole di preoccupazione, alle quali potrebbero seguire altre prese di distanza della Santa Sede qualora l'intervento militare si allontanasse dal quadro dell'Onu e dallo scopo dell'ingerenza umanitaria.

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