giovedì 10 marzo 2011

Libro, il Papa: l'Ascensione non ha portato Gesù su un astro lontano. La Messa non è solo memoriale ma rinnova il Sacrificio di Gesù (Izzo)

LIBRO PAPA: ASCENSIONE NON HA PORTATO GESU' SU UN ASTRO LONTANO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 10 mar.

"Il Gesù che si congeda non va da qualche parte su un astro lontano" ma "entra nella comunione di vita e di potere con il Dio vivente, nella situazione di superiorità di Dio su ogni spazialità".
Lo scrive Benedetto XVI nella seconda parte dell'opera "Gesu' di Nazaret", in libreria da oggi. Per questo, rileva nell'”epilogo” del nuovo volume, Gesu' Cristo "non è 'andato via', ma, in virtù dello stesso potere di Dio, è ora sempre presente accanto a noi e per noi". Infatti, "Gesù è presso il Padre", cioe' "non è lontano, ma è vicino a noi. Semmai siamo noi a essere lontani da Lui, ma la via e' aperta".
Dunque, Cristo "ora non si trova più in un singolo posto del mondo come prima dell'Ascensione; ora, nel suo potere che supera ogni spazialità, Egli è presente accanto a tutti ed invocabile da parte di tutti - attraverso tutta la storia - e in tutti i luoghi". Da parte loro i discepoli "hanno, certamente, parlato del ritorno di Gesù", ma il Papa si domanda "come avrebbe potuto persistere la fede cristiana quando l'attesa immediata non si compì. Di fatto, una tale teoria è in contrasto con i testi come anche con la realtà del cristianesimo nascente, che sperimentò la fede quale forza operante nel presente e, insieme, quale speranza".
Quanto al "tempo intermedio", cioe' quello che precede l'atteso ritorno di Gesù, "ai cristiani - sottolinea il Papa - è richiesta, come atteggiamento di fondo, la vigilanza" che "significa soprattutto apertura al bene, alla verità, a Dio, in mezzo a un mondo spesso inspiegabile e in mezzo al potere del male. Significa che l’uomo cerchi con tutte le forze e con grande sobrietà di fare la cosa giusta, non vivendo secondo i propri desideri, ma secondo l’orientamento della fede". In questa situazione, l'invocazione "Marana tha! - Vieni SIgnore Gesu'!" e' dunque "la preghiera della persona innamorata, che nella città assediata è oppressa da tutte le minacce e dagli orrori della distruzione e non può che aspettare l’arrivo dell’Amato che ha il potere di rompere l’assedio e di portare la salvezza. È il grido pieno di speranza che anela la vicinanza di Gesù in una situazione di pericolo in cui solo Lui può aiutare".
Possiamo dunque, e dobbiamo, dire con sincerità: «Marana tha! - Vieni, Signore Gesù!" per chiedere al Signore "anticipazioni della sua presenza rinnovatrice del mondo. In momenti di tribolazione personale lo preghiamo: Vieni, Signore Gesù, e accogli la mia vita nella presenza del tuo potere benigno. Gli chiediamo di rendersi vicino a persone che amiamo o per le quali siamo preoccupati. Lo preghiamo di rendersi efficacemente presente nella sua Chiesa. E perché non chiedere a Lui di donarci anche oggi testimoni nuovi della sua presenza nei quali Egli stesso s’avvicini a noi? E questa preghiera, che non mira immediatamente alla fine del mondo, ma è una vera preghiera per la sua venuta, porta in sé tutta l’ampiezza di quella preghiera che Egli stesso ci ha insegnato: 'Venga il tuo Regno! '".
Il Pontefice mette in guardia nel suo libro da interpretazioni millenaristiche delle "parole apocalittiche" di Gesù che, scrive, "non hanno nulla a che fare con la chiaroveggenza. Esse vogliono proprio distoglierci dalla curiosità superficiale per le cose visibili e condurci all'essenziale: alla vita sul fondamento della parole di Dio che Gesù ci dona; all'incontro con Lui, la Parola vivente; alla responsabilità davanti al Giudice dei vivi e dei morti". Del resto, per il Papa un "elemento essenziale del discorso escatologico di Gesù è l'avvertimento contro gli pseudo-messia e contro le fantasticherie apocalittiche".
"Fa parte del messaggio dei testimoni - continua il volume edito dalla Lev - anche l’annuncio che Gesù verrà di nuovo per giudicare i vivi e i morti e per stabilire definitivamente il Regno di Dio nel mondo".
Ma, contesta Ratzinger, "una grande corrente della teologia moderna ha dichiarato questo annuncio il contenuto principale, se non addirittura l’unico
nucleo del messaggio. Così si asserisce che Gesù stesso avrebbe già pensato esclusivamente in categorie escatologiche. L'attesa immediata del Regno sarebbe stata il vero elemento specifico del suo messaggio e il primo annuncio apostolico non sarebbe stato diverso". "I discepoli - invece - hanno soprattutto hanno testimoniato che Egli è Colui che ora vive, che è la Vita stessa in virtù della quale anche noi diventiamo viventi".
Ma, si chiede Benedetto XVI, "come si realizza questo? Dove lo troviamo? Lui, il Risorto, l’'Innalzato alla destra di Dio' non è forse, di conseguenza, del tutto assente? O è invece in qualche modo raggiungibile? Possiamo noi inoltrarci fino 'alla destra del Padre'? Esiste, tuttavia, nell’assenza anche una reale presenza? Non viene forse a noi solo in un ultimo giorno non noto? Può venire anche oggi?". In risposta, il Pontefice teologo ricorda che dopo l'Ascensione "i discepoli non si sentono abbandonati; non ritengono che Gesù si sia come dileguato in un cielo inaccessibile e lontano da loro.
Evidentemente - spiega - sono certi di una presenza nuova di Gesù. Sono sicuri che il Risorto (come, secondo Matteo, Egli aveva anche detto) proprio ora è presente in mezzo a loro in una maniera nuova e potente". E il Vangelo di Luca ci dice che "i discepoli erano pieni di gioia dopo che il Signore si era allontanato definitivamente da loro". Mentre "noi ci aspetteremmo il contrario. Ci aspetteremmo che essi fossero rimasti sconcertati e tristi" da quello che agli occhi degli uomini era un vero e proprio fallimento: "il mondo non era cambiato, Gesù si era definitivamente allontanato da loro. Avevano ricevuto un compito apparentemente irrealizzabile, un compito che andava al di là delle loro forze". Ed anche oggi, pur nelle difficolta', e' la gioia, sottolinea il Papa, che caratterizza l'autentica testimonianza cristiana.
"Gesù - ricorda citando gli Atti degli Apostoli - parte benedicendo. Benedicendo se ne va e nella benedizione Egli rimane. Le sue mani restano stese su questo mondo. Le mani benedicenti di Cristo sono come un tetto che ci protegge. Ma sono al contempo un gesto di apertura che squarcia il mondo affinché il cielo penetri in esso e possa diventarvi una presenza".
"Nel gesto delle mani benedicenti - e' la conclusione scelta da Ratzinger per il suo ultimo libro - si esprime il rapporto duraturo di Gesù con i suoi discepoli, con il mondo. Nell’andarsene Egli viene per sollevarci al di sopra di noi stessi ed aprire il mondo a Dio. Per questo i discepoli poterono gioire, quando da Betania tornarono a casa. Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi. È questa - dunque - la ragione permanente della gioia cristiana".

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LIBRO PAPA: LA MESSA NON SOLO MEMORIALE MA RINNOVA SACRIFICIO GESU'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 10 mar.

"Un arcaismo che volesse tornare a prima della Risurrezione e della sua dinamica ed imitare soltanto l'Ultima Cena, non corrisponderebbe affatto alla natura del dono che il Signore ha lasciato ai discepoli".
Lo scrive il Papa nella seconda parte del suo "Gesu' di Nazaret".
"Con l'Eucaristia - spiega - e' stata istituita la Chiesa che diventa se stessa a partire dal Corpo di Cristo e insieme, a partire dalla sua morte, e' resa aperta verso la vastita' del mondo e della storia". Dunque, spiega Benedetto XVI marcando una forte differenza con la concezione protestante della messa come "memoriale" della cena di Gesu' con i discepoli, "l'Eucaristia e' al contempo il visibile processo del riunirsi, un processo che nel luogo e attraverso tutti i luoghi e' un entrare in comunione con il Dio vivente che dall'interno avvicina gli uni agli altri.
La Chiesa si forma a partire dall'Eucaristia. Da essa riceve la sua unita' e la sua missione. La Chiesa deriva dall'Ultima Cena, ma proprio per questo deriva dalla Morte e Risurrezione di Cristo, anticipate da Lui nel dono del suo corpo e del suo sangue".
Dopo l'Ascensione, del resto, "il Signore viene mediante la sua parola; viene nei sacramenti, specialmente nella santissima Eucaristia; entra nella mia vita mediante parole o avvenimenti". Per il Papa "esistono, però, anche modi epocali di tale venuta" e cita in proposito "l’operare delle due grandi figure di Francesco e Domenico, tra il XII e il XIII secolo"; che "è stato un modo in cui Cristo è entrato nuovamente nella storia, facendo valere in modo nuovo la sua parola e il suo amore; un modo in cui Egli ha rinnovato la Chiesa e mosso la storia verso di sé. Una cosa analoga - secondo Ratzinger - possiamo dire delle figure dei santi del XVI secolo: Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio portano con sé nuove irruzioni del Signore nella storia confusa del loro secolo che andava alla deriva allontanandosi da Lui.
Il suo mistero, la sua figura appare nuovamente, e soprattutto: la sua forza, che trasforma gli uomini e plasma la storia, si rende presente in modo nuovo".

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