Il Papa scrive al capo dello Stato: cattolicesimo solida base per l’unità
Il cardinal Bertone al Colle con il messaggio per i 150 anni
di FRANCA GIANSOLDATI
CITTA’ DEL VATICANO
Benedetto XVI rivendica per i cattolici un ruolo di tutto rispetto, anzi fondamentale, nella costruzione dello Stato italiano.
Il processo di unificazione non si sarebbe concretizzato se il Cristianesimo, nel corso dei secoli, non avesse permeato nel profondo l’identità di un intero popolo. Va da sè che molte polemiche risorgimentali andrebbero ridimensionate considerando che l’unità raggiunta un secolo e mezzo fa, a detta del pontefice, non è stata una «artificiosa costruzione politica di identità diverse» ma «il naturale sbocco politico di una identità nazionale forte e radicata, sussistente nel tempo».
E’ verso le 11 di ieri mattina che il cardinale Tarcisio Bertone, previo colloquio mattutino col pontefice, è salito sul Colle del Quirinale per un incontro con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Assieme a lui, sull’auto blu targata Scv, sedevano due monsignori e il segretario don Lech che teneva ben stretta tra le mani la cartelletta di pelle nera con dentro la copia vergata del messaggio che Papa Ratzinger ha scritto in occasione delle celebrazioni del 150esimo anniversario. L’inusuale consegna del testo il giorno prima della festa nazionale e della solenne messa che verrà celebrata nella basilica di Santa Maria degli Angeli dal cardinale Bagnasco costituisce un passaggio fuori dal protocollo che testimonia la grande sintonia umana esistente tra il Pontefice e il Presidente, la cui storia personale non potrebbe essere più diversa.
L’accoglienza riservata al cardinale è stata calorosa. In una delle sale del palazzo (che fino al 1871 era la residenza dei pontefici) si è svolto il colloquio e, infine, la consegna del documento.
Il testo è una miniera di spunti di riflessione e di ’assist’ per archiviare ogni possibile strascico della Questione Romana. Anche negli anni in cui la contrapposizione tra Stato e Chiesa raggiunse le punte più aspre «i cattolici — scrive il Papa — hanno lavorato all’unità del Paese». La Santa Sede, inoltre, «ha sempre rifiutato la possibilità di una soluzione della Questione Romana attraverso imposizioni dall’esterno, confidando nei sentimenti del popolo italiano e nel senso di responsabilità e giustizia dello Stato». L’apporto dei cristiani non si è mai arrestato, come testimonia anche la Costituzione o come dimostra il tributo di sangue durante il terrorismo con Moro e Bachelet. Quanto al futuro la collaborazione non solo deve continuare ma si rafforzerà, perchè «la luce della fede» resta sorgente di «impegno per la libertà, la giustizia e la pace».
© Copyright Il Messaggero, 17 marzo 2011
E il presidente chiese un Te Deum
CITTA’ DEL VATICANO
La messa per i 150 anni dell’unità italiana - che celebrerà stamattina a mezzogiorno in punto il cardinale Bagnasco nella basilica dei Santi e dei Martiri a piazza Esedra - è destinata ad entrare negli annali, come ha fatto notare anche lo storico del cristianesimo, Alberto Melloni. Primo perché seppellisce ogni controversia residuale sul Risorgimento, secondo perchè segna una rinnovata collaborazione tra laici e cattolici in un momento in cui l’unità viene messa in discussione da più parti. Non è dunque un caso se la solenne celebrazione terminerà con la recita l’inno di ringraziamento per eccellenza, il Te Deum.
Pare che a desiderare fortemente l’inserimento dell’invocazione liturgica di lode - che inizia con «Te Deum laudamus, te Dominum confitemur» - sia stato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Secondo autorevoli indiscrezioni sarebbe stato proprio lui ad aver domandato al cardinale Bagnasco se durante la liturgia vi era possibile inserire un momento di preghiera del genere.
Utilizzata solitamente nei riti di fine anno, il Te Deum stavolta è stato adattato alla messa, seppur solenne, di un giorno feriale. Inutile dire che il desiderio manifestato dal Presidente ha raccolto immediati consensi. I 150 anni costituiscono un importante passaggio celebrativo per l’intera collettività, senza distinzioni di sorta; del resto sono costati troppi sforzi e vite umane. Oggi sulla questione dell’unità nazionale si assiste ad una comunanza di vedute tra il Colle e la Chiesa, sia nella persona del cardinale Bagnasco, presidente della Cei, che dei vertici della Santa Sede.
Il Papa definisce i 150 anni «il giubileo italiano». Insomma, c’è voglia di voltare pagina e di contribuire congiuntamente a cementare l’identità profonda del Paese e il Papa e Napolitano non potevano che dialogare a distanza consapevoli che l’unità della nazione è un bene troppo prezioso per non essere custodito gelosamente.
FRA.GIA.
© Copyright Il Messaggero, 17 marzo 2011
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