Il Papa: «Gesù fu un innovatore: per primo separò fede e politica»
di Andrea Tornielli
Non è un libro scritto da un professore, ma da un innamorato. Da qualcuno che desidera far comprendere come i fatti narrati nei Vangeli sono avvenimenti del passato ma che in qualche modo continuano nel presente. È scritto per far incontrare all’uomo di oggi Gesù di Nazaret come contemporaneo. È in vendita da ieri Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme alla resurrezione (Libreria Editrice Vaticana, 348 pp., 20 euro), il secondo dei volumi che Benedetto XVI ha voluto dedicare alla figura del Nazareno. Un libro che, come il precedente, non va considerato un atto di magistero, ma il contributo di uno studioso appassionato della figura di Cristo, e che affronta l’ultima settimana della sua vita terrena con i drammatici eventi della sua cattura e crocifissione fino all’epilogo della resurrezione. Un messaggio, quello evangelico, che «non è soltanto un’idea» dato che «per esso è determinante proprio l’essere accaduto nella storia reale di questo mondo: la fede biblica non racconta storie come simboli di verità meta-storiche, ma si fonda sulla storia che è accaduta sulla superficie di questa terra».
Proprio il capitolo dedicato alla resurrezione è tra quelli più interessanti. Ratzinger si sofferma infatti su quel «Big Bang» che sta all’origine del cristianesimo, spiegando che senza un evento «reale», dunque veramente accaduto, e «radicalmente nuovo» non si riescono a comprendere e giustificare i primi passi della fede. «La fede cristiana – scrive Benedetto – sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti. Se si toglie questo, si può, certo, raccogliere dalla tradizione cristiana ancora una serie di idee degne di nota su Dio e sull’uomo, sull’essere dell’uomo e sul suo dover essere – una sorta di concezione religiosa del mondo –, ma la fede cristiana è morta». Gesù in questo caso «è una personalità religiosa fallita; una personalità che nonostante il suo fallimento rimane grande e può imporsi alla nostra riflessione, ma rimane in una dimensione puramente umana e la sua autorità è valida nella misura in cui il suo messaggio ci convince». Mentre «solo se Gesù è risorto, è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo».
Dalle pagine del nuovo libro, il Papa cerca di far emergere che solo lo sguardo della fede e l’ambito della tradizione vissuta dalla Chiesa permettono di comprendere davvero la figura di Gesù secondo tutti i fattori narrati nei Vangeli. Benedetto XVI, ad esempio, smentisce l’interpretazione che del Nazareno hanno dato «le teologie della rivoluzione», le quali, interpretando Gesù come zelota, hanno «cercato di legittimare la violenza come mezzo per instaurare un mondo migliore». «I risultati terribili di una violenza motivata religiosamente – osserva Ratzinger con parole certamente attuali – stanno in modo troppo drastico davanti agli occhi di tutti noi. La violenza non instaura il regno di Dio, il regno dell’umanesimo. È, al contrario, uno strumento preferito dall’anticristo – per quanto possa essere motivata in chiave religioso-idealistica. Non serve all’umanesimo, bensì alla disumanità». Gesù, insomma, non viene «come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione».
Il Papa parla quindi dell’intreccio tra religione e politica e del «distacco dell’una dall’altra». «Abbiamo detto – scrive – che Gesù, nel suo annuncio e con tutto il suo operare, aveva inaugurato un regno non politico del Messia e aveva cominciato a staccare l’una dall’altra le due realtà, fino ad allora inscindibili. Ma questa separazione di politica e fede, di popolo di Dio e politica, appartenente all’essenza del suo messaggio, era possibile, in definitiva, solo attraverso la croce: solo attraverso la perdita veramente assoluta di ogni potere esteriore, attraverso lo spogliamento radicale della croce, la novità diventava realtà».
In un altro passaggio del volume, Benedetto XVI, parlando del discorso escatologico di Gesù, ricorda il suo accenno «alle future persecuzioni dei suoi», con un richiamo ben comprensibile anche ai giorni nostri: «L’annuncio del Vangelo starà sempre sotto il segno della croce – è ciò che i discepoli di Gesù in ogni generazione devono imparare nuovamente. La croce è e resta il segno del “Figlio dell’uomo”: la verità e l’amore, nella lotta contro la menzogna e la violenza, non hanno altra arma, in fin dei conti, che la testimonianza della sofferenza».
Uno dei passaggi più significativi, nella parte finale del libro, è quello dedicato al «metodo di Dio». «È proprio del mistero di Dio – spiega Benedetto XVI - agire in modo sommesso. Solo pian piano egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia. Diventa uomo ma in modo da poter essere ignorato dai contemporanei, dalle forze autorevoli della storia. Patisce e muore e, come risorto, vuole arrivare all’umanità soltanto attraverso la fede dei suoi ai quali si manifesta. Di continuo egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di “vedere”. E tuttavia – non è forse proprio questo lo stile divino? Non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore. E ciò che apparentemente è così piccolo non è forse – pensandoci bene – la cosa veramente grande?».
Insomma un libro da leggere, stimolante per chiunque – credente o no – voglia confrontarsi davvero con la figura dell’uomo che nascendo ha diviso in due la storia. Quell’«ebreo marginale» che sarebbe apparso soltanto come un insignificante puntino sui radar dei grandi eventi del suo tempo.
Quel Nazareno che i suoi amici dicono di aver visto risorto e così l’hanno annunciato: un evento, scrive il Papa, che «non è spiegabile con speculazioni o esperienze interiori, mistiche. Nella sua audacia e novità, esso prende vita dalla forza impetuosa di un avvenimento che nessuno aveva ideato e che andava al di là di ogni immaginazione».
© Copyright Il Giornale, 11 marzo 2011 consultabile online anche qui.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Non "i primi passi della fede" (prima parte dell'articolo), ma "i primi passi della Chiesa".
Non esiste "la fede" come realtà a se stante, che poi si "incarnerebbe" negli uomini, come le tristemente famose "IDEE" dell'Illuminismo.
Posta un commento