Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana al convegno «Cattolici a confronto» presso la Camera dei Deputati
Il nostro padrone è uno solo
Pubblichiamo ampi stralci dell'intervento pronunciato questa mattina, lunedì 30 maggio, dal vescovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana, in occasione del convegno «Cattolici a confronto. Incontro con parlamentari cattolici di diversi schieramenti politici», che si è tenuto presso la Camera dei deputati italiana, nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto a Roma.
di Mariano Crociata
Il credente vive sotto la chiamata di Dio e assume le sue scelte e decisioni in risposta a tale chiamata. Non ci sono aspetti dell'esistenza e della storia esterni alla relazione con Dio, e se ve ne fossero o qualcuno ne restasse fuori, vorrebbe dire la fragilità o l'inconsistenza, e quindi la non verità, della fede di chi dice di credere. Il compito decisivo e assolutamente prioritario di ogni credente è allora coltivare la propria fede e curare la sua espressione e coerenza in tutti gli ambiti dell'esistenza, primi fra tutti quelli in cui si esplica la dimensione vocazionale della sua identità personale. Tale impegno trova espressione nell'ascolto della Parola, nella preghiera, nella vita sacramentale, e poi nello sforzo di tradurre negli ambiti della vita sociale le esigenze della vocazione cristiana con coerenza di giudizio, di atteggiamenti, di scelte e di comportamenti. Perciò è un errore interpretare la tensione vitale tra fede e scelte con le categorie di privato e pubblico, come se la fede non incidesse su tutti i tipi di scelta o lo facesse solo su alcuni di essi. La dottrina sociale della Chiesa oggi costituisce un punto di riferimento imprescindibile nel giudizio sulla realtà sociale e nella prassi che vi si riferisce, sia sul piano personale che su quello pubblico e istituzionale.
Per chi è impegnato in tali ambiti, la dottrina sociale costituisce una preziosa piattaforma di orientamenti e di criteri condivisi sulla base dell'unica fede e del giudizio credente via via maturato sulla realtà sociale sotto la guida del magistero. Anche la dottrina sociale si è avvalsa di un magistero puntuale che ha accompagnato gli sviluppi storico-sociali fino alla più recente enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate. La peculiarità della dottrina sociale della Chiesa corrisponde al carattere contingente di molteplici aspetti della realtà sociale, nella quale pure sono implicati aspetti intangibili della persona umana e della sua vita, la cui integrità rischia di essere irreversibilmente compromessa quando si tenda a manipolare la vita nel suo sorgere e nel suo declinare, a disconoscere e alterare la figura naturale di famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, a comprimere la libertà religiosa e la libertà di educazione; e rischia di essere gravemente ostacolata quando vengano garantite le esigenze fondamentali per una vita dignitosa mediante il lavoro, la casa, la tutela della salute.
Questo plesso di valori e di beni, che si ordinano secondo una interna gerarchia e si condensano nel concetto di bene comune, rappresenta una piattaforma suscettibile di essere condivisa da tutti sulla base della ragione e del retto giudizio; ancor di più essa deve costituire la base di un comune sentire e agire da parte dei credenti, in particolare dei cattolici impegnati in politica e nelle pubbliche istituzioni. Ciò non toglie lo spazio per una differenziazione delle sensibilità e per una ponderata considerazione del carattere contingente delle situazioni e delle conoscenze nello spazio della vita sociale e politica. Ma dovrebbe trattarsi di differenziazioni che fanno spazio ad un pluralismo legittimo all'interno di un quadro che ci è consegnato da una comunità ecclesiale di cui siamo parte. Di un diverso ordine e su un altro piano si colloca la scelta che porta un cattolico a impegnarsi in politica nell'uno o nell'altro schieramento. Su questo vanno tenuti fermi alcuni punti chiave.
Il primo riguarda il carattere contingente della scelta politica di schieramento. Contingente vuol dire che nessuna scelta politica può tradurre compiutamente la visione cristiana e farlo in una forma sociale definita perfettamente corrispondente ad essa. Nella scelta politica entra in gioco il discernimento personale e di gruppo nell'esercizio concreto della responsabilità vocazionale in ambito socio-politico alle determinate condizioni di tempo e di luogo. Ma la comunità ecclesiale non ha il compito di assumere un impegno politico diretto o di dare indicazioni circa il progetto politico di volta in volta e di luogo in luogo da realizzare.
A questo riguardo, la stessa scelta di esprimere l'impegno dei cattolici in una qualche forma di unità politica o in una pluralità di formazioni partitiche o simili, ha un carattere discrezionale dettato da un prudente giudizio sulle circostanze storiche; come del resto risulta avvenuto, anche gettando solo uno sguardo sommario alla situazione di tanti Paesi negli ultimi decenni fino ad oggi. È certo che ci si aspetta che ogni scelta sia dettata da un discernimento che abbia una continuità e una coerenza con quella visione d'insieme che l'insegnamento sociale della Chiesa prepara e rende possibile.
Su queste premesse può prendere avvio una riflessione sul confronto da politici cattolici militanti in diversi schieramenti. Qui la sfida più grande è non farsi fagocitare dalle logiche conflittuali interpartitiche, ma far agire la logica del confronto costruttivo. La cosa più triste sarebbe vedere cattolici per i quali è maggiore la forza conflittuale dell'appartenenza partitica piuttosto che la capacità di dialogo che scaturisce dalla fondante comunione ecclesiale. C'è bisogno di trovare forme e percorsi di trasformazione della politica.
Alla fine vorrei tornare a far mie le parole di Benedetto XVI, che vorrei lasciarvi come segno di stima e come augurio d'incoraggiamento fraterno. Il Papa, affidando «tutto il popolo italiano» alla protezione di Maria, Mater unitatis, chiedeva che il Signore «aiuti le forze politiche a vivere anche l'anniversario dell'Unità come occasione per rinsaldare il vincolo nazionale e superare ogni pregiudiziale contrapposizione: le diverse e legittime sensibilità, esperienze e prospettive possano ricomporsi in un quadro più ampio per cercare insieme ciò che veramente giova al bene del Paese».
Ma forse, in ultimo, bisognerebbe non dimenticare mai che la politica non è un assoluto, che la politica non è tutto e non tutto dipende da essa, già soltanto in un'ottica sociale e antropologica, ma soprattutto in una prospettiva escatologica, che ci fa confessare fin d'ora che il nostro padrone è uno solo, il Figlio di Dio e Signore Cristo Gesù.
(©L'Osservatore Romano 30-31 maggio 2011)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
«… Il nostro padrone è uno solo»
Sì, mons. Crociata…
Il vostro padrone è L’OTTO PER MILLE!!!
Posta un commento