L'incontro nella basilica di Santa Maria degli Angeli
Pellegrini alla ricerca della verità
dal nostro inviato Mario Ponzi
«La speranza della pace corre sui binari della storia». Forse l'autore di quello striscione, appeso alle transenne sulla banchina della stazione ferroviaria di Terni, mentre questa mattina, giovedì 27 ottobre, il «treno della pace» rallentava la sua corsa verso Assisi, ha colto il senso vero di un avvenimento destinato, ancora una volta, a lasciare un solco profondo. A bordo di quel treno Benedetto XVI, con i rappresentanti delle religioni di tutto il mondo, si dirigeva verso la città di san Francesco. Tornava sui passi di Giovanni Paolo II per rilanciare un messaggio che, nonostante siano trascorsi venticinque anni da quando fu per la prima volta trasmesso, non ha perso d'attualità, anzi sembra più che mai necessario: «Nessuna violenza in nome di Dio».
Un colpo d'occhio straordinario quello offerto stamani dall'assemblea raccolta nella casa del Poverello d'Assisi, quasi a riproporre in tutta la sua concretezza l'immagine di quel «mosaico della pace» evocato da Benedetto XVI mentre ieri in Vaticano guidava la preghiera della diocesi di Roma alla vigilia di questo appuntamento.
Nella basilica di Santa Maria degli Angeli, quattrocento uomini si sono uniti al di là di ogni credo religioso, e anche a prescindere dalla fede. Hanno accettato l'invito a farsi pellegrini alla ricerca della verità. E in questa ottica rientra anche la scelta di usare il treno per raggiungere Assisi. Nessuna concessione alla spettacolo ma volontà di rimarcare la dimensione del pellegrinaggio. Partito alle 8 del mattino il convoglio ha attraversato lentamente le stazioni romane di San Pietro, Ostiense e Trastevere suscitando la curiosità tra i molti pendolari in attesa sulle banchine. Più preparati a Terni, Foligno e Spoleto, dove era previsto che il convoglio rallentasse per consentire alla gente di manifestare al Papa affetto e vicinanza.
Mancava qualche minuto alle 10 quando il Pontefice è giunto alla stazione di Assisi. Giusto il tempo per rispondere alla calorosa accoglienza di quanti lo hanno ricevuto, e poi subito in macchina diretto a Santa Maria degli Angeli. Tutta una festa lungo i pochi metri percorsi per giungere alla grande basilica costruita da frate Elia sull'antico colle dell'inferno, ribattezzato poi del paradiso, da quando vi è collocata la tomba di Francesco. Ad accoglierlo erano i ministri generali degli ordini francescani: José Rodríguez Carballo, frati minori; Marco Tasca, conventuali; Mauro Jöhri, cappuccini; Michael J. Higgins, terz'ordine regolare. Poi lo hanno salutato i cardinali Turkson, Tauran, Koch e Ravasi con i presuli Toso, Celata e Farrell e monsignor Sánchez de Toca y Alameda. Benedetto XVI ha atteso e accolto i capi delegazione. Solo quando sono entrati tutti ha raggiunto il palco allestito all'interno e ha preso posto in mezzo a loro. Ed è iniziato il momento della testimonianza, anche di quanti pur non condividendo fede alcuna, hanno accettato di rispondere all'invito. La loro voce è stata quella di Julia Kristeva. Nove leader hanno proposto analisi delle diverse situazioni vissute in vari Paesi del mondo ancora oggi, a venticinque anni dal primo incontro di Assisi.
Non tutti i presenti avevano assistito in diretta agli eventi di quella storica giornata. Per questo, dopo l'introduzione del cardinale Turkson, è stato proiettato un video che ha fatto rivivere i momenti salienti di quell'incontro e riascoltare le parole di Papa Wojtyła. Con esse si alternavano le citazioni che del suo predecessore ha fatto Benedetto XVI nel proseguire la sua missione di pace. Infine la rievocazione di quello spirito di Assisi suscitato dalla straordinaria testimonianza di Giovanni Paolo II e il rinnovarsi di quell'accorato appello, che fu già di Paolo VI: «Mai più la violenza, mai più la guerra».
Del tempo trascorso sino a oggi ha parlato Benedetto XVI nel suo discorso, ripercorrendo il cammino, nella storia dell'umanità, di quella speranza di pace che ha cercato e sta ancora cercando di farsi strada tra i mali del mondo. È stata inseguita la libertà -- ha detto in sostanza il Pontefice -- ma, una volta raggiunta, «è stata fraintesa» come libertà per la violenza, assumendo «nuovi e spaventosi volti». Terrorismo e negazione di Dio sono i volti cui ha fatto cenno Benedetto XVI, ai quali si aggiunge l'agnosticismo. Ma se l'uomo non riesce a trovare il dio che cerca, la responsabilità è anche di quei credenti che danno di Dio un'immagine distorta e travisata. C'è bisogno di purificare la nostra coscienza, ha ripetuto il Pontefice, anche per gli errori del passato che hanno causato violenza e discordia. Per questo si ritrovano tutti oggi qui in Assisi. E vogliono rinnovare, ancora una volta e più convinti che mai, rapporti di concordia tra le diverse religioni, come risposta forte ai fatti che tutt'oggi attanagliano popolazioni intere di tutto il mondo, tenute sotto scacco della violenza e della discordia.
Un'idea precisa guida in tal senso il Papa in questa giornata: giungere insieme alla verità, senza escludere nessuno in modo tale da poterla restituire a tutta l'umanità, cui del resto appartiene. È stato proprio per rafforzare questa sua idea che ha invitato, oltre alla professoressa Kristeva, psicanalista, filosofa e scrittrice bulgara che vive in Francia dal 1966, anche Remo Bodei, ordinario di Storia della filosofia all'Università di Pisa, Guillermo Hurtado, filosofo messicano, e Walter Baier, economista, membro del partito comunista austriaco i quali, pur non professandosi religiosi, si sentono comunque alla ricerca di questa verità e avvertono la comune responsabilità per la causa della giustizia e della pace. E non poteva esserci luogo migliore nel quale cementare questa convergenza di ideali se non nella casa di san Francesco. E lui, povero e umile, ha accolto di nuovo tutti nella sua città, divenuta icona di fraternità e di pace. Voce se ne sono fatti i tanti suoi concittadini che all'evento hanno assistito con uno spirito di partecipazione eccezionale. Festanti per il Papa, cordiali con gli altri leader, si sono fatti da parte quando c'era da dar spazio alla preghiera o al silenzio. Una giusta cornice di spiritualità per un evento intriso di simbologia. Lo stesso pranzo con il quale si è conclusa la mattinata, consumato insieme ai delegati religiosi nel Sacro Convento, è stato frugale per restare immersi nello spirito del pellegrinaggio voluto e vissuto in piena umiltà.
Il popolo di Assisi, nel primo pomeriggio, ha accompagnato il lento incedere del corteo processionale sino alla piazza della basilica francescana, dove si concluse la giornata di venticinque anni fa. I giovani sono stati i primi a mettersi in cammino. In città sono risuonati i canti guidati dal Gen rosso e dal Gen verde. Sono canzoni che parlano di amore, di fraternità, di testimonianza, di pace. E c'è curiosità tra la gente, per altro abituata a vestire i panni del penitente per seguire queste lunghe teorie oranti. Ma, per l'occasione, avvertono di assistere a qualcosa di diverso, di inconsueto. In quella lunga e variopinta teoria che ha attraversato le strade della loro città, intravvedono le sagome di un'umanità che sperano davvero rinnovata.
(©L'Osservatore Romano 28 ottobre 2011)
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