giovedì 30 giugno 2011

Benedetto XVI mette in guardia la cultura moderna dal "dispotismo della ragione, che si fa giudice supremo di tutto" (Izzo)

PAPA: SCIENZA NON E' UNICO VERO SAPERE, RAGIONE NON SIA DISPOTICA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 giu.

Benedetto XVI mette in guardia la cultura moderna dal "dispotismo della ragione, che si fa giudice supremo di tutto", un rischio che si e' corso in ogni tempo, come ammoniva gia' nel 1200 San Bonaventura.
"La ragione sperimentale - spiega il Pontefice nella lectio magistralis tenuta questa mattina in occasione della consegna del 'Premio Ratzinger' - appare oggi ampiamente come l'unica forma di razionalita' dichiarata scientifica: cio' che non puo' essere scientificamente verificato o falsificato cade fuori dell'ambito scientifico". Il Papa non condanna affatto il metodo scientifico, anzi riconosce che "con questa impostazione sono state realizzate opere grandiose" e rileva che "nessuno vorra' seriamente porre in dubbio" che essa "sia giusta e necessaria nell'ambito della conoscenza della natura e delle sue leggi".
"Esiste tuttavia - osserva - un limite a tale uso della ragione: Dio non e' un oggetto della sperimentazione umana. Egli e' Soggetto e si manifesta soltanto nel rapporto da persona a persona: cio' fa parte dell'essenza della persona". "La teologia - argomenta Joseph Ratzinger tornando per un giorno professore per rivolgersi da collega agli altri teologi presenti - e' scienza della fede, ci dice la tradizione.
Ma qui sorge subito la domanda: e' davvero possibile? O non e' questo in se' una contraddizione?". "Scienza - si chiede il Papa - non e' forse il contrario di fede? Non cessa la fede di essere fede, quando diventa scienza? E non cessa la scienza di essere scienza quando e' ordinata o addirittura subordinata alla fede?". Si tratta di questioni, ricorda, che "gia' per la teologia medievale rappresentavano un serio problemae che con il moderno concetto di scienza sono diventate ancora piu' impellenti, a prima vista addirittura senza soluzione". Secondo il professor Ratzinger, "si comprende cosi' perche', nell'eta' moderna, la teologia in vasti ambiti si sia ritirata primariamente nel campo della storia, al fine di dimostrare qui la sua seria scientificita'". "Bisogna riconoscere con gratitudine - esorta manifestando comunque apprezzamento per l'impegno di tanti studiosi - che con cio' sono state realizzate opere grandiose, e il messaggio cristiano ha ricevuto nuova luce, capace di renderne visibile l'intima ricchezza". "Tuttavia - ammonisce il Pontefice - se la teologia si ritira totalmente nel passato, lascia oggi la fede nel buio".
Il Papa ritiene limitante anche il concentrarsi di tanti teologi di oggi "sulla prassi, per mostrare come la teologia, in collegamento con la psicologia e la sociologia, sia una scienza utile che dona indicazioni concrete per la vita". "Anche questo - spiega - e' importante, ma se il fondamento della teologia, la fede, non diviene contemporaneamente oggetto del pensiero, se la prassi e' riferita solo a se stessa, oppure vive unicamente dei prestiti delle scienze umane, allora la prassi diventa vuota e priva di fondamento".

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