mercoledì 29 giugno 2011

Chi ha perso (con stile) nel campionato per la “retrocessione” di Scola (Rodari)

Chi ha perso (con stile) nel campionato per la “retrocessione” di Scola

di Paolo Rodari

La strada del cardinale Angelo Scola verso Milano non è stata priva di ostacoli. Nel vasto mondo della chiesa italiana, alcuni hanno provato a sbarrargli il passo. Non tanto per avversione nei suoi confronti, quanto per convinzione che altri sarebbero stati i candidati ideali. Chi ha costruito una strategia di opposizione ha trovato un muro che ha opposto una resistenza inflessibile: Joseph Ratzinger.
Da tempo Benedetto XVI aveva in mente di portare Scola al posto di Tettamanzi. Il Papa e Scola sono legati da un’antica amicizia che ha avuto un suo terreno fertile di crescita dopo il 1972, l’anno in cui Hans Urs von Balthasar e Henri de Lubac fondarono con Ratzinger la rivista teologica internazionale Communio, contraltare alla rivista progressista Concilium. L’amicizia è cresciuta anche negli anni romani di Ratzinger. Nel 1982 Scola arrivò a Roma per insegnare alla Lateranense. E poco dopo, nel 1986, divenne consulente della Dottrina della fede.
Ciò non significa che il Papa abbia imposto Scola alla diocesi di Milano. Le consultazioni portate avanti dal nunzio in Italia Giuseppe Bertello sono state leali. L’esito è noto: i favoriti dei vescovi e cardinali lombardi erano due, Scola e il cardinale Gianfranco Ravasi che è a capo della Cultura in Vaticano. Ravasi ha coltivato per un po’ dentro di sé il sogno di tornare nella sua Milano, ma quando ha compreso che il Papa avrebbe gradito Scola si è fatto intelligentemente da parte. Già l’8 dicembre scorso, in occasione della messa per l’Immacolata celebrata proprio nel Duomo di Milano, Ravasi fu chiaro: “Le mie future strade saranno lontane da Milano”, disse.
In Vaticano è stato principalmente il segretario di stato Tarcisio Bertone a spingere per una nomina diversa. Dicono oltre il Tevere che “è legittimo e giusto che sia così. Bertone è un uomo di fiducia del Papa e se ha un’idea diversa deve mostrarla, deve parlarne col Pontefice, deve motivarla”. Così, del resto, fece sempre anche il cardinale Angelo Sodano quando era segretario di stato con Giovanni Paolo II. Wojtyla e il suo segretario particolare, Stanislaw Dziwisz, spingevano per certe nomine e Sodano diceva la sua, non sempre allineato. E’ stato anche questo insieme di correnti opposte a generare un papato tanto grande e fervente.
I candidati di Bertone erano l’arcivescovo di Alessandria, Giuseppe Versaldi, e l’osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, Aldo Giordano. Due nomi proposti qualche mese prima anche per la diocesi di Torino dove all’ultimo il Papa decise di portare Cesare Nosiglia. Sullo sfondo le questioni di crudo governo sono tante, non ultimo il Toniolo, la “cassaforte” dell’Università Cattolica, il cui presidente dovrà essere ora nominato da Scola. Il parallelo con Torino non è fuori luogo. Le nomine di Torino e Milano, infatti, rappresentano una piccola svolta nel pontificato. Perché dicono di una maggiore autonomia acquisita dal Papa e dal suo “appartamento” governato da Georg Gänswein, il segretario. Nei primi anni di pontificato Gänswein si è mantenuto parecchio defilato. Ratzinger stesso era molto discreto con il segretario che si era scelto nel 2003 quando, pensando di avere davanti a sé poco tempo alla conduzione della Dottrina della fede, volle dare al suo storico segretario, Josef Clemens, la possibilità di accedere all’episcopato e a un ruolo di responsabilità nella curia romana. Poi le cose sono cambiate. Benedetto XVI ha capito di poter avere in Gänswein un’utile sponda e l’asse tra i due è divenuto più importante.
Una spinta contraria all’arrivo di Scola a Milano l’ha giocata fino all’ultimo la curia ambrosiana o almeno una parte di essa. L’idea era di convincere il Papa a portare a Milano un outsider, né Ravasi né Scola. Un nome più defilato e, si dice, più malleabile. Naturalmente le varie opposizioni si sono mosse in una logica di obbedienza tipica dell’istituzione ecclesiastica, ma non per questo hanno lesinato gli sforzi per bloccare una nomina controversa.

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