mercoledì 29 giugno 2011

Il dono e il compito. La testimonianza di sessant'anni di sacerdozio (Cristiana Dobner)

BENEDETTO XVI

Il dono e il compito
La testimonianza di sessant'anni di sacerdozio


Cristiana Dobner – carmelitana scalza

Il sacerdozio è un dono che la persona riceve, ne avverte la chiamata, la bellezza e allora si consegna a Colui che sente e crede unico e grande Sacerdote: Gesù Cristo.
Tutto il cammino di Israele, da quando percepì il Dio che si rivelava e lo conduceva alla salvezza è segnato dalla presenza del Gran Sacerdote e dei sacerdoti che servivano al Tempio, al culto e mediavano il rapporto con Dio.
Per secoli il popolo conobbe la testimonianza di guida, ammaestramento, del Sacerdote, del Cohen, che discende da Aronne e appartiene alla tribù di Levi, in una discendenza patrilineare, la benedizione del libro dei Numeri da lui proclamata, scendeva così su ogni membro del popolo: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere il suo volto su di te e ti conceda grazia. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti dia pace. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò”.
Il sacerdote si colloca quindi fra il Santo e il popolo, avvengono però tradimenti e pentimenti, allontanamenti e ritorni ma anche l’alleanza di pace viene custodita insieme con la giustizia e la lotta contro il peccato perché regni la pace.
In quel giorno, che segna per il credente cristiano il crinale di passaggio fra il Primo Testamento e l’annuncio evangelico, il Signore Gesù il Giovedì Santo nella Pasqua che celebra con i discepoli, agisce da Sommo Sacerdote e si consegna agli apostoli come testimone del dono del Padre che offre ai suoi.
Non è un’investitura privata, un titolo onorifico, ma un sigillo che viene impresso perché il sacerdote di Cristo si apra al suo popolo e diventi segno tangibile “dell’amore del cuore di Gesù”, come affermava il Santo Curato d’Ars.
Proprio nella lettera d’indizione dell’Anno Sacerdotale del 19 giugno 2009, si può cogliere l’animo di Benedetto XVI e la sua consapevolezza, in cui traspare il volto dell’ancora giovane ragazzo Josef Ratzinger, nello stupore del dono e nella responsabilità gioiosa del sigillo.
I sacerdoti infatti costituiscono un dono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità, proprio perché nella vita quotidiana e banale di ogni giorno non vogliono che riproporre altro che lo stesso Signore Gesù, con le sue parole, con i suoi gesti.
Tutto questo implica però che il sacerdote viva l’esperienza continua di un lavoro diuturno perché lo stile della sua vita, di tutta la sua fatica apostolica, non miri ad altro che a diventare amico di Gesù.
Non si tratta di idee, di proclamazioni, ma di contagio diretto: il giovane prete Josef toccò con mano la dedizione assoluta del primo parroco con cui prestò servizio alla Chiesa, spesosi fino al suo ultimo respiro.
Benedetto XVI, e prima ancora il semplice pater Josef, non è un ingenuo o un credulone, sa bene che non da tutti il prete viene rispettato e apprezzato, spesso anzi viene vilipeso apertamente. Fin qui, potrebbe ancora trattarsi solo di maleducazione e di attriti umani, ma quando il sacerdote constata il rifiuto del suo annuncio e diventa incompreso, la sua assimilazione al Cuore trafitto di Cristo diventa realtà. Non bruta e scabra realtà, soltanto, ma realtà feconda, il cui dono si diffonde in tutto il mondo. La condivisione del dolore altrui, delle sofferenze, sociali o personali, non può che concretizzarsi su questa strada, pagata sul pedaggio personale, sul consumarsi della propria esistenza.
Grande il dono e grande il compito dall’altare al confessionale, dal culto alla strada per incontrare chi ha bisogno di una parola di salvezza, di amicizia, di bontà.
Il Sacerdote ci dona la presenza eucaristica che è il Pane che ci nutre nel cammino verso il Padre, il sacerdote alza la mano su di noi e ci immette nella grande esperienza della misericordia di Dio quando offre il dono della riconciliazione, per questo Benedetto XVI, con inesauribile fiducia nel “torrente della misericordia”, esorta i sacerdoti a mai “rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento”.
Egli vuole il sacerdote completamente identificato con il proprio ministero, tanto che l’io della persona umana deve diventare l’Io filiale sempre rivolto al Padre, per abitare la Casa di Dio, la Chiesa, e abitare la casa dell’uomo, il mondo, abitare le case di tutti, per tutti condurre a Cristo, tutti soccorrere.
L’opera di Dio che è la Messa, plasma la santità della vita e illumina la testimonianza evangelica, pervasa dalla Parola di Dio; guardando al futuro Benedetto XVI esclama: “Lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!”.
Questa è la testimonianza di un semplice sacerdote che da 60 anni fedelmente guarda al suo Signore e custodisce il dono ricevuto riversandolo sulla Chiesa, sui fratelli e le sorelle; a quest’uomo è stato chiesto di diventare il Pastore di Roma e della Chiesa cattolica, con lui e per lui supplichiamo: “Mio Dio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che io t’ami”.

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