CATTOLICI: BAGNASCO, HANNO GRANDE RESPONSABILITA' VERSO TUTTI
Salvatore Izzo
(AGI) - Rimini, 25 ott.
"I cattolici hanno una grande responsabilita' verso il corpo sociale in tutte le sue espressioni". Lo ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, aprendo a Rimini un incontro dei responsabili della pastorale del lavoro. I cattolici, ha aggiunto, "hanno un debito di servizio per il dono della fede ricevuta, che li abilita ad essere umilmente 'luce e sale della terra e luce del mondo', e anche per quel patrimonio di storia cristiana che e' un tesoro e come un giacimento inesauribile per il bene degli uomini e della civitas".
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CATTOLICI: BAGNASCO, NON LASCIARSI TENTARE DA SOCIALISMO
Salvatore Izzo
(AGI) - Rimini, 25 ott.
La visione socialista e' incompatibile con la fede cattolica.
Lo ha ribadito oggi il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, aprendo a Rimini l'incontro dei responsabili diocesani della pastorale del lavoro. "L'errore fondamentale del socialismo - ha spiegato il cardinale - non e' stato innanzitutto di carattere economico, ma antropologico. Non e' stata la decrepitezza economica o una modernizzazione ritardata ad essere la causa primaria della sua fine, ma la negazione della verita' sull'uomo". "Se la persona non e' riducibile a molecola della societa' e dello Stato, il bene del singolo - ha ricordato Bagnasco, che ha insegnato per anni all'Universita' di Genova proprio teoria del marxismo -, non puo' essere del tutto subordinato al meccanismo economico-sociale, ne' e' possibile pretendere che il bene economico si possa realizzare prescindendo dalla responsabilita' individuale. L'uomo sarebbe ridotto ad una serie di relazioni economiche, e scomparirebbe la persona come soggetto autonomo di decisione morale". Secondo il porporato, "e' proprio grazie all'esercizio della moralita', cioe' il suo agire libero e responsabile, che la persona costruisce la giustizia e quindi l'ordine sociale". "Questo errore genetico del socialismo - ha poi aggiunto il presidente della Cei - e' proprio anche del consumismo e quindi della nostra civilta', che sembra essere malata di questo morbo che, se non corretto, la porta alla decadenza".
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DISOCCUPAZIONE: BAGNASCO, MINA LA LIBERTA' E I RAPPORTI
Salvatore Izzo
(AGI) - Rimini, 25 ott.
"L'estromissione dal lavoro per lungo tempo oppure la dipendenza prolungata dall'assistenza pubblica o privata, minano la liberta' e la creativita' della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale". Lo ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco, ricordando quanto affermato dal Papa nella "Caritas in veritate" e aggiungendo che "nelle zona d'ombra del non-lavoro la fiducia e la stima di se' sono pesantemente minacciate, e la serenita' verso il futuro viene meno". "Per questo insieme di ragioni - ha spiegato il presidente della Cei aprendo a Rimini l'incontro dei responsabili diocesani della pastorale del lavoro - lo Stato ha il delicato e gravoso dovere di provvedere alle opportunita' di accesso al lavoro nei vari ambiti, tenendo tutti conto pero' che circostanze inedite, come quelle che il mondo sta vivendo, impongono un aggiornamento di mentalita' e capacita' di rinnovamento". Secondo Bagnasco, "si deve parlare del lavoro come diritto e dovere di ogni persona, del primato dell'uomo sul lavoro, e del primato del lavoro sul capitale: senza il lavoro, infatti, la persona viene a mancare di quelle vie di auto-sviluppo che Dio ha inscritto nella natura umana come grazia e compito per ognuno". Per il cardinale, inoltre, "senza occupazione dignitosa, l'uomo difficilmente riuscira' a misurare le sue capacita' personali, a stabilire relazioni collaborative con altri, a contribuire per il conseguimento del bene sociale, a sentirsi partecipe della edificazione del mondo, a percepire la sua dignita' nel guadagnarsi onorevolmente il pane per se' e per i propri cari".
Per Bagnasco, la dignita' umana si riflette nella dimensione del lavoro: infatti, "oltre a permettere di guadagnarsi onestamente il pane, e' un modo per partecipare all'opera della creazione: ha dunque un riferimento a Dio che affida il mondo all'opera intelligente degli uomini perche' lo conoscano, lo governino e lo usino con rispetto e responsabilita'". "Sta qui - ha rilevato il presidente della Cei - la dimensione oggettiva del lavoro. Ma esso comporta altresi' una dimensione soggettiva che costituisce il metro di misura piu' alto del suo valore non mercantile ma personale". Per Bagnasco, vi e' poi "la dimensione sociale che consiste nell'essere il lavoro un luogo importante per contribuire al bene della societa', cioe' al bene comune: chi lavora, infatti, non lavora solo per se' e il suo giusto sostentamento, ma fatica con gli altri e per gli altri in ordine al bene generale".
Il cardinale ha poi ricordato che, nella sua enciclica, il Papa afferma il diritto a un lavoro "decente", cioe', ha spiegato, "un lavoro che, in ogni societa', sia l'espressione della dignita' essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunita'; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessita' delle famiglie e di scolarizzare i figli senza che questi siano essi stessi costretti a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare, e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa".
"Tra economia e cultura - ha poi aggiunto - esiste un rapporto di reciprocita'; ma deve restare fermo e chiaro il primato della cultura, se non si vuole entrare nella giungla di un mercato senza regole perche' senza valori. E i valori, se non si riferiscono alla dignita' della persona, che cosa hanno da offrire di cosi' alto da poter obbligare moralmente? Sta dunque qui il criterio per valutare la dignita' del lavoro, se e' conforme alla dignita' dell'uomo: qualunque lavoro non ha una dignita' o un valore in se stesso in modo assoluto, ma e' sempre relativo, cioe' in relazione a cio' che ne e' l'unita' di misura, l'uomo". "Un lavoro - dunque - puo' essere ambito in rapporto al guadagno, al potere, al prestigio, alla fama che procura, ma non sara' dignitoso se chiede al lavoratore di rinunciare ai valori che rendono la vita degna di essere vissuta: guadagnare la vita ma perdere le ragioni del vivere - ha infine concluso il cardinale - e' indegno dell'uomo perche' non lo realizza nella sua umanita'".
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