Dio nella Storia
Con una riflessione non scontata sulla presenza di Dio nella storia e sul ruolo importante di chi lo cerca Benedetto XVI ha offerto ad Assisi un contributo importante per appianare, secondo l’immagine biblica, la via della pace.
Un cammino accidentato e disseminato di difficoltà troppo spesso sanguinose — indegne dell’uomo e che oltraggiano Dio — ma che gran parte dell’umanità sogna e vuole percorrere. Come hanno con semplicità mostrato moltissime persone assiepate nelle stazioni di Terni, Spoleto e Foligno per salutare il Papa e le delegazioni che l’hanno accompagnato.
Per la costruzione della pace il Pontefice ha detto parole importanti, per nulla di circostanza. Dall’incontro voluto da Giovanni Paolo II e tenutosi nella città di san Francesco, alter Christus, è trascorso un quarto di secolo. Cosa è accaduto da allora, a che punto è la causa della pace, si è chiesto il Papa. Tre anni più tardi, nel 1989, la pace sembrò farsi vicina con la caduta del muro di Berlino: allora, infatti, venne superata, senza spargimento di sangue, la divisione del mondo in due blocchi contrapposti, cancellando i cattivi sogni della guerra nucleare di cui Paolo VI aveva parlato davanti alle Nazioni unite.
Una vittoria della libertà e della pace, in parte anche della libertà di credere, una vittoria dovuta — ha analizzato con lucidità Benedetto XVI — a molte cause, ma avvenuta soprattutto perché «dietro il potere materiale non c’era più alcuna convinzione spirituale». Lo sguardo del Papa sulla storia si è poi esteso all’oggi, alla libertà priva di orientamento e ai nuovi volti della discordia e della violenza. Da qui la denuncia del terrorismo, spesso motivato e giustificato religiosamente. Ma «non è questa la vera religione» ha scandito con forza pacata il Pontefice, ripetendo parole più volte pronunciate in questi anni.
E se è vero che nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza, questo è stato un abuso, ha riconosciuto Benedetto XVI sulla scia dei suoi predecessori, confermando la volontà di purificazione incessante di cui a nome della Chiesa cattolica, e con l’umiltà che lo caratterizza, dà ancora una volta esempio ripetendo l’antica convinzione: Ecclesia semper reformanda.
Con la fiducia che questo processo possa estendersi alle altre religioni ed essere compreso, attraverso la ragione, da tutti. Anche da quanti non si riconoscono in alcuna religione, ma sono alla ricerca della verità, come è apparso chiaro dalla loro presenza ad Assisi, presenza che costituisce la grande novità di questo incontro.
La purificazione è anche la risposta più chiara da dare alla critica — nata dall’illuminismo e che oggi viene di continuo rilanciata dai «nemici della religione» — secondo la quale dalle religioni non potrebbe venire che violenza. Al contrario, sono proprio l’assenza e la negazione di Dio a originare la violenza, come mostrano gli orrori dei campi di concentramento e l’adorazione del denaro e del potere: un esempio è la diffusione globale della droga, flagello spaventoso che distrugge la pace e che più volte è stato denunciato da Benedetto XVI.
Smentendo ancora una volta stereotipi infondati, il Papa va avanti e ripropone con forza la causa della pace. Che si costruisce cercando l’unico Dio. Per questo Benedetto XVI ha voluto ad Assisi anche intellettuali non credenti, togliendo argomenti agli «atei combattivi» ed esigendo dai credenti che purifichino le loro fedi e non diano scandalo, offuscando così la trasparenza di Dio. Il cui nome, secondo le parole dell’apostolo Paolo, è «Dio dell’amore e della pace», il Signore della storia che vi si è incarnato per salvare il mondo.
g.m.v.
(©L'Osservatore Romano 28 ottobre 2011)
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