martedì 4 ottobre 2011

Francesco d’Assisi, un Santo che parla agli uomini di ogni tempo. La riflessione del rettore dell’Antonianum (Radio Vaticana)

Francesco d’Assisi, un Santo che parla agli uomini di ogni tempo. La riflessione del rettore dell’Antonianum

“Nacque al mondo un sole”: con queste parole, Dante Alighieri descrive, nella “Divina Commedia”, la nascita di San Francesco ad Assisi. Una figura che, nei secoli, ha conquistato persone di ogni cultura e religione ed è stato ammirato da personalità come Martin Luther King e Gandhi. Sull’universalità e attualità della testimonianza del Poverello d’Assisi, Alessandro Gisotti ha intervistato il rettore della Pontificia Università Antonianum, padre Priamo Etzi:

R. – Per San Francesco si è realizzato quel che in definitiva si realizza in tutti i Santi, ovvero che la loro esperienza deve essere interpretata, compresa e accolta a partire dal Vangelo che è un messaggio sempre valido, un messaggio perenne: “Le tue parole non passeranno mai”. San Francesco come uomo evangelico, con una sua peculiarità, anche con sua modalità tutta speciale, riesce ancora oggi, nonostante la distanza di otto secoli che ci differenziano e ci distanziano da lui, a proporci in tutta la sua forza e in tutta la sua importanza, la necessità di vivere i valori evangelici e dunque di seguire le orme del Signore.

D. – Benedetto XVI ha detto in una catechesi che l’ideale di San Francesco era "essere come Gesù". Una meta altissima, dunque. Eppure in ogni tempo e potremmo dire in ogni cultura il Poverello di Assisi è sempre stato percepito come vicino anche all’uomo comune…

R. – Penso che essere come Gesù sia il traguardo di ogni vita cristiana ben vissuta. Questo traguardo è insito nel Battesimo stesso. Certamente i Santi, per un dono di grazia e per una loro generosità speciale, hanno corrisposto in maniera piena e hanno perfettamente realizzato questo traguardo. Direi che Francesco proprio essendo autenticamente cristiano e anche autenticamente umano - perché i valori del Vangelo non sono al di fuori o non sono esclusiva solo dei cristiani ma penso che abbiano una valenza che vada al di là della confessionalità - è riuscito a trasmettere questo ideale di fraternità, di vicinanza ai più piccoli, ai più poveri, di comprensione della natura come Creazione, come un rimando più alto, un libro della Rivelazione ulteriore che sono assolutamente accettabili anche da chi cristiano non si dice o cristiano non è.

D. – In questo 150.mo dell’unità d’Italia è importante sottolineare anche quanto il Patrono dell’Italia, San Francesco, ed anche il francescanesimo, hanno contribuito alla formazione di questo Paese, alla identità del suo popolo?

R. – Sì, certamente Francesco è un italiano e il francescanesimo ha contribuito all’edificazione di questa nostra nazione. Però io non enfatizzerei troppo questo aspetto perché Francesco, come lo definisce la liturgia, come lo definiscono i suoi primi biografi, fu “homo catholicus et totus apostolicus": cattolico nel senso letterale del termine, uomo universale; apostolico perché aperto ad ogni uomo, ad ogni cultura, ad ogni nazione. La nostra fraternità è stata internazionale fin dagli inizi e lo stesso Francesco, secondo la tradizione, avrebbe avuto addirittura una mamma francese. Dunque, certamente, italiano nel senso che in qualche modo ha rappresentato al meglio quello che è il genio del nostro popolo ma non ne farei esclusivamente un italiano! (bf)

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