Giornata di riflessione a Todi aperta dal cardinale Bagnasco
Perché i cattolici non possono tacere
Marco Bellizi
«I fedeli laici non possono tacere», perché sanno «che è loro dovere lavorare per il giusto ordine sociale», il quale si fonda su un’«antropologia illuminata dalla fede e dalla ragione». Per i cristiani, infatti, «l’assenteismo sociale» è un «peccato di omissione».
Il bene comune non è però un «groviglio di equivalenze valoriali da scegliere a piacimento ma esiste un ordine e una gerarchia costitutiva» che mette al primo posto i valori «sorgenti dell’uomo», per questo definiti «non negoziabili».
Sono alcuni passaggi della prolusione con la quale il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), ha avviato questa mattina, lunedì, i lavori della giornata di riflessione sulla «Buona politica per il bene comune», organizzata dal Forum delle associazioni cattoliche a Todi, nel convento francescano di Montesanto, e al quale partecipano oltre cento rappresentanti dei movimenti e delle associazioni cattoliche, del mondo economico, finanziario, imprenditoriale, culturale e della comunicazione. Oggetto dell’incontro di Todi sono stati i contenuti e la forma di un rinnovato impegno dei cattolici in politica, a partire dalle esortazioni di Benedetto xvi, del suo segretario di Stato e della Cei, cui ha fatto seguito il «Manifesto della buona politica per il bene comune», presentato dal Forum nel luglio scorso.
Nell’intervento della mattina il cardinale Bagnasco, dopo aver ribadito il primato della «vita spirituale», senza il quale i cristiani sarebbero «omologati alla cultura dominante e a interessi particolari», ha ricordato che «la dimensione religiosa» dell’uomo «è storicamente innegabile»: negarla, o non riconoscere «la dimensione pubblica» della fede, «significa creare una società violenta, chiusa e squilibrata a tutti i livelli», incapace di «pensare e tanto più attuare il bene comune, scopo della società giusta». La Chiesa, ha proseguito il porporato, «non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma deve poter esercitare liberamente questa sua missione». È opportuno ripetere, ha ribadito ancora, «che non c’è motivo di temere per la laicità dello Stato». Oggi «l’attenzione generale è puntata ai grandi problemi del lavoro, della politica, della solidarietà e della pace» e «la sensibilità e la presenza costante della Chiesa sul versante dell’etica sociale è sotto gli occhi di tutti». La «giusta preoccupazione per questi temi», tuttavia, «non deve fare perdere di vista la posta in gioco che è forse meno evidente»: una specie di «metamorfosi antrop0logica» che mette in gioco «le sorgenti stesse dell’uomo, l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa», ovvero i principi «non negoziabili».
Non si può chiedere alla Chiesa di abdicare ai propri criteri di giudizio, uniformandoli alle richieste dettate dalla contingenza politica. Chi voglia confrontarsi con i credenti dovrà dunque interrogarsi sui propri criteri e le proprie priorità. Non a caso l’incontro di Todi è stato preceduto da un ampio dibattito, ospitato anche sui principali quotidiani nazionali, a partire dal «Corriere della Sera», il quale dopo aver avviato il confronto sul tema del nuovo impegno politico dei cattolici, stimolato da un intervento di Ernesto Galli della Loggia, oggi pubblica un editoriale di Ferruccio de Bortoli. «Il Paese — si legge nell’articolo — ha bisogno dei cattolici. La ricostruzione civile e morale non sarà possibile senza un loro diverso e rinnovato impegno politico». E senza «un dialogo più stretto» con «gli eredi delle tradizioni liberale e riformista». Il direttore del quotidiano auspica poi che, al di là delle indicazioni che matureranno dopo Todi, i cattolici alimentino in primo luogo lo «spirito comunitario», la «voglia di partecipare», quell’«etica politica», in sintesi, della quale tutti affermano di sentire la mancanza.
Temi che ispirano anche la «lettera aperta» al Partito democratico (Pd), firmata dagli intellettuali di sinistra Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti e Giuseppe Vacca, pubblicata ieri da «Avvenire» e rilanciata oggi dal quotidiano «l’Unità». Per i quattro autori, il Pd, nato come «partito di credenti e non credenti», deve procedere nella definizione di una nuova laicità, a partire dalla consapevolezza che la condanna cattolica del relativismo etico, lungi dal travolgere il pluralismo culturale, interviene piuttosto contro «le visioni nichilistiche della modernità». Una lotta che, secondo i firmatari della lettera, non può non costituire «l’assillo fondamentale della politica democratica, comunque se ne declinino i principi, da credenti o da non credenti». Allo stesso modo, il concetto di «valori non negoziabili» richiama alla «coerenza fra i comportamenti e i principi ideali che li ispirano», non esclude «l’autonomia della mediazione politica» e la prospettiva di un nuovo «soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica» è in sé un elemento in grado di rischiarare il confronto fra «credenti e non credenti». A tal fine — concludono gli autori — «noi riteniamo che il Pd debba promuovere un confronto pubblico con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni religiose» sui temi «eticamente sensibili» e su quelli che attengono alla tenuta dell’«unità della nazione italiana» e alla «sostanza etica del regime democratico».
(©L'Osservatore Romano 17-18 ottobre 2011)
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