giovedì 6 ottobre 2011

Il priore della Certosa di Serra San Bruno: la presenza del Papa è un messaggio di speranza per tutta la Calabria

Il priore della Certosa: la presenza del Papa è un messaggio di speranza per tutta la Calabria

Il Papa arriverà a Serra San Bruno, nel pomeriggio di domenica prossima, dopo aver passato la mattina a Lamezia Terme. Ad accoglierlo, tra gli altri, sarà anche il priore della Certosa di Serra San Bruno, padre Jacques Dupont. Hélène Destombes lo ha intervistato:

R. - Que le Pape pense à la Calabre, que le Pape vient ici…

Il fatto che il Papa pensi alla Calabria, che il Papa venga qui - nel cuore di un contesto molto, molto difficile dove i giovani non trovano lavoro e decidono di andare via perché questa regione ha un futuro molto incerto - spero che riesca ad aprire gli occhi e invitare tutti coloro che hanno delle responsabilità a prendere delle decisioni, ad attuare delle misure che possano dare un futuro a questa regione e, quindi, anzitutto ai giovani.

D. - Lei accoglierà Benedetto XVI a Serra San Bruno; lei sarà al suo fianco nella celebrazioni dei Vespri, domenica sera: che si attende da questa visita?

R. - Nous nous sommes surtout très, très reconnaissants…

Noi siamo, soprattutto, molto, molto riconoscenti, perché è il Papa che è voluto venire da noi: non mi sarei mai permesso di sperare questo … Quindi molto, molto riconoscenti a Dio per averci dato questa grazia, per averci fatto questo regalo immenso; molto riconoscenti al Santo Padre che sia riuscito, nella sua agenda di impegni così intensa, a trovare due ore per vivere e stare con noi, anzitutto per pregare con noi. Noi speriamo ci dia un incoraggiamento a restare fedeli alla nostra vocazione. Il Papa è fortemente legato alla spiritualità monastica e confido che ci confermerà e ci incoraggerà a essere sempre più figli di San Bruno.

D. - Come si svolge la vita a Serra San Bruno e che legame avete con la popolazione della Regione?

R. - Il ya un lien surtout spirituel…

C’è anzitutto un legame spirituale: noi siamo un ordine contemplativo e viviamo in clausura. Questo vuol dire che a Serra San Bruno si vive una situazione particolare, proprio perché questo piccolo paese è nato accanto alla Certosa, anzi è nato dalla Certosa. Posso dire che la gente è molto, molto legata a noi; fa parte della loro stessa identità di vivere accanto alla Certosa. Ci rispettano, rispettano la nostra solitudine: noi siamo molto riconoscenti per il loro aiuto e crediamo che trovino in noi un punto di riferimento spirituale, un sostegno perché la vita qui, in Calabria, non è certo facile. Penso al mondo del lavoro, alla mafia … e credo che il fatto di sapere che i certosini sono presenti con la loro preghiera, dia loro certamente conforto e incoraggiamento.

D. - In cosa, dunque, la vostra presenza può costituire un segno di speranza per questa terra?

R. - Je crois que c’est une réponse que l’on peut donner dans la foi…
Credo che questa sia una risposta da ricercare nella fede: la nostra vita è una vita consacrata alla preghiera. Noi siamo qui per dire che c’è un Dio, un Dio che è al di sopra di tutti gli avvenimenti della terra, ma che è anche molto, molto vicino a noi… Questo è quello che San Bruno ci insegna, perché San Bruno è un uomo totalmente preso da Dio, è un uomo che ha scelto la solitudine per avere Dio solo; ma allo stesso tempo, risponde con la bontà ed è molto vicino alla gente spiritualmente e direi anche col cuore … E’ quello che credo la Certosa, insieme a San Bruno, è chiamata a vivere: essere totalmente consacrati ad una vita contemplativa nel Signore, ma - attraverso la preghiera e attraverso la nostra relazione con il Signore - essere con le persone, quelle vicine e quelle meno vicine, perché noi preghiamo per tutti gli uomini.

D. - Nella visita a Serra San Bruno, nel 1984, Giovanni Paolo II vi aveva invitato a continuare a mostrare al mondo il vostro stile di vita, uno stile di vita che, nel mondo d’oggi – aveva detto - è una “provocazione”…

R. - Ce qu'il nous a dit reste très, très présent…

Quello che ci ha detto Giovanni Paolo II resta molto, molto attuale. E’ un messaggio che ci aiuta a vivere qui. La nostra è una provocazione molto forte, in particolare provoca i giovani a darsi una risposta. La nostra vita è certamente paradossale, a livello umano appare inutile: che cosa facciamo qui, visto che ci sono tanti problemi da affrontare e risolvere concretamente? I giovani sono chiamati a rispondere: non possono certo restare indifferenti davanti alla nostra scelta di vita. Molti non capiscono e non ci comprendono e si domandano cosa realmente facciamo dietro queste mura; ma molti si fermano, riflettono. Devo dire che quando si avvicinano un poco più a noi, attraverso i libri o attraverso qualche incontro, penso che scoprano che noi non siamo poi così lontano dal mondo… al contrario, siamo nel cuore del mondo! (mg)

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