sabato 8 ottobre 2011

Il segno della certosa. Il 15 settembre 1991 l'allora card. Ratzinger si recò nell'abbazia Mariawald a Eimbach/Eifel, in Germania, per ordinare sacerdote un monaco cistercense (Di Cicco)

Il segno della certosa

Una volta -- era il 15 settembre 1991 -- il cardinale Joseph Ratzinger si recò nell'abbazia Mariawald a Eimbach/Eifel, in Germania, per ordinare sacerdote un monaco cistercense della stretta osservanza. Nell'omelia svolse il tema del sacerdote monaco considerato come un orante per il popolo.
La prima e più intima funzione del ministero sacerdotale, spiegava l'allora cardinale, è «comprendere e accogliere le cose umane e trasformarle in preghiera, in modo che ciò diventi un grido davanti al volto di Dio, un grido che, toccando il suo cuore, sempre di nuovo lo induce a discendere, a venire in mezzo a noi per redimerci». E poi aggiungeva: «Il centro di tutto l'impegno pastorale di Gesù Cristo erano le sue notti di preghiera sul monte, solo con il Padre. Da una tale notte vissuta nel Tu per Tu con il Padre, è nata la chiamata dei Dodici. In un tale stare sul monte, Egli ha visto come la nave della Chiesa si affatica sul lago, sulle acque di questo mondo e, lottando con il vento contrario, non avanza e sembra affondare. Egli ha dato e dà tuttora alla nave un nuovo slancio».
La narrazione di queste parole e di questo atto del cardinale Ratzinger si trovano nel recentissimo volume Il potere dei segni (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2011, pagine 299, euro 12) curato da Leonardo Sapienza, «collaboratore quasi quotidiano del Santo Padre all'interno della Prefettura della Casa Pontificia» lo definisce nella prefazione il cardinale Gianfranco Ravasi.
La raccolta di trentadue testi, quasi tutte omelie, dedicati dal cardinale Ratzinger - Benedetto XVI al sacerdozio, intende dimostrare l'impegno della Chiesa a passare dai segni del potere al potere dei segni propri di una comunità convertita totalmente al Vangelo. È un po' il filo conduttore dell'attuale pontificato che, volendo applicare in profondità il concilio Vaticano II, indica l'urgenza di ricuperare il primato di Dio nel mondo e nell'istituzione ecclesiastica, aprendosi alla via dell'amore concreto per l'uomo e il creato.
Cercare Dio rappresenta, secondo Benedetto XVI, la condizione preliminare per radicare qualsiasi novità positiva nella storia. La particolare attenzione al monachesimo e a ciò che ha significato nella storia, riscontrabile negli studi di Ratzinger teologo e nel magistero di Benedetto XVI, si spiega con il primato di Dio che sta alla base della vita monastica, conferendole una permanenza consolidata nella storia della Chiesa.
Il Papa non si stanca di proporre ai cristiani, ciascuno nella propria condizione, l'ispirazione ideale del monachesimo, che consiste nella ricerca di Dio quale scopo principale dell'esistenza. Tra i tanti, due richiami in tal senso restano ormai celebri e quasi emblematici.
Nel primo il Pontefice rilancia come tuttora valido il motto inserito da san Benedetto nella sua Regola a fondamento della vita monastica in Occidente: «Nulla anteporre all'amore di Cristo».
Il secondo è il quaerere Deum proposto al mondo della cultura il 12 settembre 2008 al collège des Bernardins di Parigi. «Nel crollo di vecchi ordini e sicurezze -- ricordò in quella circostanza -- l'atteggiamento di fondo dei monaci era il quaerere Deum -- mettersi alla ricerca di Dio. Potremmo dire che questo è l'atteggiamento veramente filosofico: guardare oltre le cose penultime e mettersi in ricerca di quelle ultime, vere». Il cercare Dio «oggi non è meno necessario che in tempi passati», per evitare un «tracollo dell'umanesimo».
La visita del Papa a una certosa isolata ma densa di storia come quella di Serra san Bruno, può essere ascritta nell'ordine dei segni e solo così compresa. (c.d.c.)

(©L'Osservatore Romano 8 ottobre 2011)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non ho ben capito il segno della Certosa con i cistercensi, se non per essere entrambi ordini monastici. Saluti, Eufemia