lunedì 24 ottobre 2011

La conferenza stampa di presentazione della Nota del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

La conferenza stampa di presentazione della Nota del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

Con il documento presentato oggi dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, si ribadiscono alcuni punti di un magistero pontificio che viene da lontano: il mondo della finanza non può schiacciare i bisogni dell’umanità e ciò che mostra di non essere legittimato o rappresentativo di tutti i popoli deve poter essere riformato. Sono alcuni dei concetti emersi questa mattina nella conferenza stampa di presentazione della Nota del dicastero pontificio. Molte le domande dei giornalisti rivolte ai relatori: il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio, e il segretario, il vescovo Mario Toso, insieme con il prof. Leonardo Becchetti, docente di Economia Politica all'Università di Tor Vergata. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Con questa Nota, la Chiesa non si mette alla testa del movimento degli “indignados”, perché la Chiesa segue il magistero dei Papi. È stato questo uno dei botta e risposta più interessanti di una conferenza stampa incentrata su temi di non facile comprensione per i non addetti ai lavori, ma resi intellegibili dalla chiarezza dei relatori. Anzitutto, il cardinale Turkson ha premesso quale sia il grado di interesse che i vertici vaticani pongono all’attuale crisi finanziaria:

“Il Santo Padre e la Santa Sede seguono queste questioni con viva e particolare attenzione, esortando ed incoraggiando costantemente non solo un’azione d’insieme ma un’azione basata su una visione chiara di tutti gli aspetti economici, sociali, culturali e spirituali, come si dice nella prefazione della nota”.

Molta parte della spiegazione fornita ai giornalisti presenti ha ruotato attorno a quella che mons. Toso ha definito la “vera originalità” del documento vaticano, ovvero la proposta di creazione di un’“Autorità pubblica a competenza universale”, che meglio degli organismi sovranazionali esistenti sappia sottrarre politicamente e in chiave etica ai mercati ciò essi compiono seguendo le sole leggi della finanza:

“Gli Stati che compongono il G20 non possono considerarsi rappresentativi di tutti i popoli. Sebbene allargato, il G20 - che com’è ben noto, non è parte dell’Onu - è sempre un forum informale e limitato che, tra l’altro, mostra di perdere di efficacia più viene ampliato. Allo stato attuale delle cose, il G20 manca di una legittimazione e di un mandato politico da parte della comunità internazionale”.

Di grande rilievo anche l’intervento del prof. Becchetti, che ha offerto una disamina dell’attuale quadro della crisi economica mondiale con un linguaggio privo di tecnicismi esasperati:

“Con la globalizzazione non possiamo più disinteressarci di nessuno, come invece accadeva in passato. Faccio alcuni esempi, molto concreti, di quest’interdipendenza: la crisi del tesoro americano, come sappiamo, è un problema per i risparmiatori di tutto il mondo, e soprattutto per la Cina che ha investito gran parte delle proprie riserve in quel Paese. Il fallimento della Grecia è un problema per le banche francesi e tedesche, che hanno investito pesantemente in quel Paese. La povertà mondiale, nel mondo globale, diventa un problema di tutti perché quella massa di poveri disposti a lavorare a salari molto bassi è una minaccia formidabile per il nostro welfare”.

Ciò che il documento propone a livello pratico, ha detto il prof. Becchetti, è un riequilibrio tra politica e finanza, l’unione dell’Europa dal punto di vista fiscale e una maggiore disciplina delle finanze pubbliche nazionali. Le regole, ha soggiunto, ci sarebbero già ma trovano molta difficoltà ad essere applicate. E con un efficace esempio ha spiegato in quale tunnel siano finite le grandi banche internazionali, per le quali il Vaticano condivide l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie:

“E’ come se una persona guidasse la macchina a 400 all’ora e gli si dicesse: ‘Ti do una macchina che va a 150 e ti metti le cinture di sicurezza’. Ma quella persona preferisce invece andare a 400 all’ora e rischiare la vita. Con la crisi finanziaria mondiale, le grandi intermediarie finanziarie sono tutte fallite e rischiano continuamente di fallire perché non accettano di rallentare un pochino, di lavorare un po’ di più a servizio della persona e di darsi delle regole che ne garantirebbero anche una maggiore possibilità di sopravvivenza nel tempo”.

Un giornalista ha chiesto se dietro l’idea di una Autorità a carattere mondiale si celi, in realtà, il desiderio di un governo globale. Mons. Toso ha replicato, ricordando come questa possibilità sia contemplata già nella Pacem in terris di Giovanni XIII, come pure nella Caritas in veritate di Benedetto XVI:

“Non è che il Pontificio Consiglio, con queste proposte, stia cambiando linea. Tutt’altro: sta semplicemente mettendo in evidenza il fatto che volere la democrazia in tutto il mondo non esclude la necessità di un governo mondiale. Anzi, le democrazie nazionali di tutto il mondo esigono delle istituzioni sovranazionali proprio per essere più democrazia”.

Le istanze che ormai da settimane stanno unendo sotto una medesima bandiera il cosiddetto popolo degli “indignados” sono simili, ha notato un cronista, alle proposte del documento vaticano. Il prof. Becchetti ha risposto così:

“La Chiesa non ha mai perso di vista l’attenzione e lo sguardo all’uomo ed ai suoi problemi. Qualcun altro lo ha fatto e sono nati i problemi che sono nati. Poi, esiste il momento della protesta - cioè qualcuno che protesta di fronte a quella inversione di scala dei valori di cui parlavo prima - e c’è il momento della proposta e proposte stanno nascendo da molte parti: questa è una proposta”.

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