La visita in Calabria
Il papa di fronte alla ’ndrangheta
Nicola Mirenzi
Se Benedetto XVI farà della sua visita in Calabria il corrispettivo di ciò che Giovanni Paolo II fece nel ’93 con il discorso antimafia alla Valle dei templi di Agrigento, è difficile dirlo.
Di sicuro c’è che l’attesa intorno alle parole che il papa pronuncerà nel corso dell’Angelus di domenica a Lamezia Terme si è fatta giorno dopo giorno sempre più sentita. Non solo perché il numero delle persone che si presenteranno all’appuntamento è altissimo. Ma perché si avverte un bisogno quasi fisico di ascoltare parole che nominino i disagi che sgomentano questo pezzo di paese, e più in generale tutto il Sud Italia.
Come ha detto a Famiglia cristiana il vescovo della diocesi lametina, monsignor Luigi Cantafora, i problemi della Calabria «sono tanti», ma due sono quelli davvero fondamentali: la «disoccupazione», soprattutto giovanile; e «la criminalità organizzata di stampo mafioso». Due temi che, lungi dall’essere slegati uno dall’altro, sono come due facce di una stessa medaglia.
Perché – come ricorda Cantafora stesso – «spesso è proprio tra i disoccupati» che la ’ndrangheta «trova la sua manovalanza».
Quando si parla di mafia calabrese – giova ricordarlo – si parla dell’organizzazione criminale più potente d’Europa. La stessa che nelle grandi metropoli del Nord Italia (e non solo) si presenta col colletto bianco, offrendo liquidità agli imprenditori stremati dalla crisi. Ma che nel luogo dove ha messo le radici «impedisce tragicamente la crescita e la libertà delle persone e delle famiglie», per dirla ancora con le parole di monsignor Cantafora.
Tra tutte le città della Calabria, poi, Lamezia Terme è una delle più difficili. E lo sa bene don Giacomo Panizza, un prete bresciano che dal 2002 è finito nel mirino dei clan lametini per il suo impegno contro la criminalità. Ma che ha scritto con Goffredo Fofi un libro che s’intitola Qui ho conosciuto l’inferno, il purgatorio e il paradiso (Feltrinelli), e che dunque indica oltre alla maledizione di vivere questi luoghi, anche la possibilità della loro redenzione.
E in effetti la Lamezia Terme del sindaco Gianni Speranza è la città che pochi mesi fa ha ospitato il primo festival dei libri sulla mafia. È la città che ha tributato un omaggio pubblico a don Tonino Vattiata, il parroco di un piccolo paese del vibonese a cui non più tardi di giugno i soliti ignoti hanno incendiato l’automobile – per fargli pagare quel vizio di mettersi contro i malavitosi che hanno ormai preso certi preti.
Domenica, dunque, Benedetto XVI si troverà di fronte una folla di persone che vive queste storie sulla sua pelle, ogni giorno. Più che probabile che nel suo discorso ci saranno dei riferimenti chiari a questi temi.
Certo, molto dipenderà dal modo e dal tono che il papa utilizzerà per farlo. Ma già il solo nominare queste piaghe, sarà della fondamentale importanza per lasciare un messaggio di speranza. Tentando di scacciare «la disperazione più grande di una società ». Che, come scriveva Corrado Alvaro, «è il dubbio che vivere onestamente sia inutile».
© Copyright Europa, 8 ottobre 2011 consultabile online anche qui.
Anche in questo caso si segue il copione indicato dal decalogo. Temo che nulla di cio' che il Papa potrebbe dire o fare sara' mai sufficiente per i media (punto 5, lettera i, decalogo).
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