BENI CULTURALI SONO OTTANTAMILA TESTI DA SALVARE DAL DETERIORAMENTO. SARANNO CONSULTABILI IN RETE
Le pergamene vaticane in un bunker
La Biblioteca dei Papi diventa digitale
Parte l'operazione senza precedenti al mondo. Con tecnologia Nasa
Dieci anni
Servirà almeno un decennio per completare il progetto con l' aiuto di mecenati e fondazioni
Gian Guido Vecchi
CITTÀ DEL VATICANO
Adesso ci siamo. Il centro elaborazione dati sta per essere trasferito e sistemato, la camera blindata e i sistemi sofisticati di sicurezza sono pronti, i primi traslochi prossimi. Un palazzo fuori delle mure vaticane si prepara a ospitare un' impresa che «in queste dimensioni, in effetti, non ha precedenti al mondo», considera monsignor Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Vaticana: ottantamila manoscritti da fotografare e trasferire progressivamente in formato digitale - «più o meno 45 "petabyte", ovvero 45 milioni di miliardi di byte!», immagini ad altissima risoluzione grazie a una tecnologia elaborata dalla Nasa, la possibilità di consultare in Rete e quindi preservare il patrimonio più prezioso della più importante biblioteca umanistico-rinascimentale del pianeta. In un clic, testi di valore inestimabile come il papiro Bodmer, la trascrizione più antica - tra il 175 e il 225 dopo Cristo, meno di un secolo e mezzo dopo la loro composizione - dei Vangeli di Luca e di Giovanni. Manoscritti greci, arabi, persiani, copti, ebraici, un tesoro che va dai codici paleocristiani ai manoscritti tardo antichi di Virgilio e Terenzio fino ai capolavori della miniatura bizantina e del Rinascimento. Finora era un sogno. Per capire, quando nel 2007 fu annunciata la chiusura per restauri della Vaticana, la comunità scientifica internazionale precipitò nel panico: appelli a Benedetto XVI, suppliche da università e studiosi di tutta la Terra. Un' ansia pari alla gioia per la riapertura, nel 2010. Un patrimonio aperto a una élite di studiosi e docenti qualificati, circa 250 al giorno. Ma certo con dei limiti e non a tutti, ad esempio non agli studenti o ai laureandi: c' è un problema di conservazione di opere fragilissime, custodite al buio in un bunker sotterraneo a temperatura (tra i 20 e i 21 gradi) e umidità (tra 50 e 55) controllate. L' elaborazione del progetto è durata un paio d' anni. I supporti tecnologici hanno una durata limitata, così per conservare le immagini digitalizzate si sono scelte strumentazioni all' avanguardia e un formato libero e aperto, il Fits (Flexible Image Transport Systems), elaborato quarant' anni fa dalla Nasa «che lo usa tuttora per conservare le immagini delle missioni spaziali», adoperato in astrofisica e in medicina molecolare e «aggiornato continuamente dalla comunità scientifica internazionale». Nel frattempo si è concluso il test bed , il «banco di prova» compiuto sui primi 23 manoscritti «scelti campione, di varie tipologie», spiega monsignor Pasini: «C' è quello che può essere aperto solo di 90 gradi per non rovinare la legatura, ci sono da rendere i colori delle miniature e, difficilissimo, l' oro...». Risultato: «Ora sappiamo che tutto l' insieme funziona: come fare le foto, prendere i manoscritti, conservare i dati e così via. E si può partire». Per completare il progetto ci vorranno almeno dieci anni, donazioni e mecenati permettendo. Come nel caso della Fondazione Enzo Hruby che ha finanziato e realizzato tutti i sistemi di sicurezza del palazzo che ospiterà le digitalizzazioni: «Il sistema antintrusione, la videosorveglianza, il piccolo bunker dove verranno man mano trasferiti i manoscritti da digitalizzare, i locali dove lavoreranno da 120 a 150 persone...», riassume il vicepresidente Carlo Hruby. Così si procederà a tappe: «Il progetto generale ha costi altissimi e in questo momento di crisi non è facile. Ma già nelle prossime settimane, grazie all' università di Heildelberg, cominceremo da centinaia di manoscritti dei fondi palatini», spiega il prefetto della biblioteca. Per vedere su Internet i primi manoscritti non bisognerà aspettare dieci anni: «Contiamo di poter inserire in Rete le prime immagini già nel corso dell' anno prossimo». Il tutto secondo l' ispirazione originaria di Niccolò V, al secolo Tommaso Parentucelli, il grande pontefice umanista che a metà del Quattrocento fu il vero fondatore della Vaticana, poi istituita da Sisto IV nel 1475: «I manoscritti sono un patrimonio dell' umanità che vogliamo rendere accessibile all' umanità e che di fronte all' umanità abbiamo al responsabilità di conservare», sorride monsignor Pasini. «Certo uno studioso può avere necessità di vedere l' originale, lo capisco potrà farlo. Ma queste immagini ci permetteranno in gran parte dei casi di risparmiare al manoscritto una prolungata consultazione diretta: ogni uso, anche il solo avvicinarsi, con tutte le cure possibili, può sempre rischiare di danneggiarlo».
© Copyright Corriere della sera, 21 ottobre 2011 consultabile online anche qui.
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