Gesù non gioca nella squadra dei rivoluzionari
di Marcello Veneziani
Gesù non era un rivoluzionario, non faceva politica e nemmeno sindacato o lotta di classe. Finalmente il Papa ha liquidato un’insopportabile retorica in vigore dal tempo del Concilio Vaticano II, con il suo sciame di preti agitatori e politicanti, parroci d’assalto come pretori divini,predicatori di un Cristo che somiglia troppo a Che Guevara. Quante volte avete sentito dire che Cristo è stato il primo rivoluzionario della storia, un sessantottino ante litteram, un pacifista, anzi un comunista sdentato che aggrediva il mondo non a morsi ma a rimorsi. E quanti preti si sono considerati compagni di lotta e di denuncia, più che pastori di anime. Benedetto XVI nel suo nuovo libro dedicato a Gesù restituisce Dio all’eternità e non lo costringe nella prigione del tempo; riporta la resurrezione di Cristo alla vita eterna e non la riduce a riscatto sociale. Il Gesù di Ratzinger non fa politica e distingue la religione dall’escatologia rivoluzionaria. Non confonde l’incarnazione con la militanza e libera la vita dalle utopie dei paradisi in terra, di chi vorrebbe imporre agli uomini, nel nome di Dio o di un suo supplente, una verità storica assoluta.
Così il Papa separa il messaggio cristiano da due tipi di fanatismi: quello teocratico, che in nome di Dio decide sulla vita e la morte altrui, e quello ideologico che nel nome di una divinità storica - il Progresso, la Rivoluzione, l’Umanità - , si arroga il diritto di parlare e agire nel nome del Bene e condanna il proprio nemico come agente del Male. La religione non può tradursi in politica, ma la politica può ispirarsi a principi e tradizioni religiose. Non è la frittata rovesciata ma proprio il suo contrario: perché chi si ispira alla religione non si sente il concessionario in terra del Signore, non dispone del mondo nel nome di Dio. È un uomo fallibile che liberamente si ispira a principi superiori, ha passione di verità ma non ne è il detentore. Non è il ventriloquo di Dio, rischia di suo. Si richiama a una Tradizione ma non impone il Vangelo come un codice penale. Non si sente iscritto per diritto divino nella Casta dei Giusti. Si diventa santi sulla propria pelle, non su quella altrui.
© Copyright Il Giornale, 13 marzo 2011 consultabile online anche qui.
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6 commenti:
Veneziani è senza dubbio un laico intelligente ed acuto, discretamente lontano dalla Chiesa, ma aperto al confronto delle idee e dei valori della Chiesa, di cui parla sempre con grande rispetto. La sua vita matrimoniale non sembra "in linea" con le aspettative della Chiesa; ma non tocca a noi cattolici giudicare moralmente, specie su questioni legate a fragilità sentimentali, "i singoli individui, e, a maggio ragione, quelli come lui comunque aperti al trascendente"; tutti noi siamo soggetti deboli, cedevoli alle tentazioni ed alle attrazioni naturali. Prendiamo di lui i suoi meriti e la sua difficile, ma onesta, ricerca di Dio.
Cherokee.
Capisco quel che vuol dire Veneziani, ma non è vero che il Papa abbia restituito Dio all'eternità senza costringerlo nel tempo: il Papa avrebbe negato l'incarnazione! Dice piuttosto, e lo dice esplicitamente, che con Cristo l'eternità si fa presente nel tempo. Per ciascuno di noi, se la accogliamo, l'eternità inizia nel tempo...
Adriano
Veneziani ha chiarissima una cosa: che comunità è civiltà, individualismo è barbarie.
Anche solo per questo, l'intonazione generale dei suoi scritti è sana.
Sì, Adriano: "già E non ancora" (et-et), come ripete Messori da "vecchio".
Che cosa c'entrano i pettegolezzi sulla vita matrimoniale di Veneziani?
Antonio Caterinato
Ho partecipato alla presentazione di un libro cui era presente Arrigo Levi, che fu consigliere del presidente Ciampi. Il presidente visitò tutte le provincie italiane, e Levi preparava ogni volta il viaggio, incontrando preliminarmente anche i vescovi. Mi ha colpito la sua dichiarazione che molti vescovi gli sono apparsi "operatori sociali" (sic), anche se ha riconosciuto che c'erano molti uomini di fede
Antonio Caterinato
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