venerdì 11 marzo 2011

"Gesù di Nazaret", volume secondo: le quattro sfide di Joseph Ratzinger (Izzo)

LIBRO PAPA: LE QUATTRO SFIDE DI JOSEPH RATZINGER

(AGI) - CdV, 10 mar.

(di Salvatore Izzo)

Nel secondo, piu' ancora che nel primo volume del "Gesu' di Nazaret", Benedetto XVI "ha un atteggiamento da fratello maggiore, molto simpatico". Parola di Claudio Magris, scrittore e germanista, laico ma rispettoso della fede. Incaricato dal Vaticano di presentare alla stampa il nuovo libro del Papa, e' rimasto colpito dalla definizione che l'autorevolissimo autore ha dato della propria ricerca sulla figura di Gesu': "una Cristologia dal basso".
Per Ratzinger che nella sua ricerca si confronta con le ricerche e le opinioni di tanti altri studiosi, ha semplificato un po' arditamente Magris, "c'e' un relativismo buono, correttivo del fondamentalismo, diverso da quello infame per cui anche l'opinione di chi ammette la violenza e' sullo stesso piano". "Questo secondo volume - ha aggiunto - e' ancora piu' vigoroso e incalzante del primo. C'e' un di piu' di forza. Un punto interessantissimo, ad esempio, e' come con vigore tratta quegli stralci di tradizione che nel tempo si sono stratificati sulla figura di Gesu'".
Osservazioni, quelle del grande intellettuale triestino, che segnano un punto a favore di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI che con i due volumi su "Gesu' di Nazaret" ha sfidato prima di tutto i pregiudizi di chi lo ha descritto per anni come un severo censore, custode di una dottrina cristallizzata.
Ed invece non e' cosi': nel suo libro il Papa dimostra di non aver paura della scienza e del rischio che le sue acquisizioni possano smentire i dogmi del cattolicesimo.
"La fede cristiana sta o cade con la verita' della testimonianza secondo cui Cristo e' risorto dai morti", scrive defininendo storicamente credibili le testimonianze sulla Risurrezione, che non fu - secondo quanto emerge da testimonianze dirette e per il Papa certamente sincere, raccolte da fonti la cui affidabilita' e' verificabile - il semplice risveglio da una morte apparente, come sostengono i positivisti. "Se la storicita' delle parole e degli avvenimenti essenziali potesse essere dimostrata impossibile in modo veramente scientifico, la fede - ragiona il Pontefice - avrebbe perso il suo fondamento".
La seconda sfida vinta dal Papa e' quella pero', di segno opposto, con chi ritiene non possa esservi oggi una vera cultura ne' vera ricerca della verita' fuori dagli angusti steccati della verificabilita' scientifica. "A motivo della natura stessa della conoscenza storica - spiega in merito alla fondatezza del racconto evangelico - non ci si possono aspettare prove di certezza assoluta su ogni particolare.
E' pertanto importante per noi appurare se le convinzioni di fondo della fede siano storicamente credibili anche di fronte alla serieta' delle attuali conoscenze evangeliche". Per Ratzinger nel caso della Risurrezione lo sono e cio' e' dimostrato dal permanere di una tale certezza per 2000 anni. Invece, "il miracolo di un cadavere rianimato significherebbe che la Risurrezione di Gesu' era la stessa cosa che la risurrezione del giovane di Nain, della figlia del Giairo o di Lazzaro". Di questi risvegli chi se ne ricorda?
La terza sfida, vinta anch'essa alla grande da Joseph Ratzinger, e' quella che si era dato egli stesso nella prefazione del primo libro: scrivere da Capo della Chiesa Cattolica e accettare di essere giudicato dai lettori. In questo nuovo lavoro commuove l'umilta' del Papa-autore che confida di essersi sentito sostenuto dall'apprezzamento ricevuto per il primo volume del "Gesu' di Nazaret". "Considerata la molteplicita' delle reazioni alla prima parte, cosa certamente non sorprendente, costituiva per me - confida nella premessa - un prezioso incoraggiamento il fatto che grandi maestri dell'esegesi mi abbiano esplicitamente confermato nel progetto di procedere nel mio lavoro e di portare a termine l'opera incominciata. Senza identificarsi con tutti i dettagli del mio libro, essi lo ritenevano dal punto di vista sia contenutistico che metodologico un contributo importante che doveva raggiungere la sua forma completa". Benedetto XVI cita poi il "Jesus" del luterano Joachim Ringleben definendo il volume "un fratello ecumenico" della sua opera. Si nota, osserva, "la diversa provenienza confessionale dei due autori", ma "al tempo stesso si manifesta la profonda unita' nell'essenziale comprensione della persona di Gesu' e del suo messaggio. Pur con approcci teologici differenti e' la stessa fede che agisce, avviene un incontro con lo stesso Signore Gesu'. Spero che ambedue i libri, nella loro diversita' e nella loro essenziale sintonia, possano costituire uan testimonianza ecumenica che in quest'ora, a modo suo, puo' servire alla comune missione fondamentale dei cristiani".
Il Papa teologo pero' non si astiene dal chiarire che, secondo lui, l'esegesi classica mostra ormai la corda e finisce con l'allontanare molti studiosi dalla fede. "Una cosa - scrive - mi sembra ovvia: in 200 anni di lavoro esegetico, l'interpretazione storico critica ha ormai dato cio' che di essenziale aveva da dare.
Se la esegesi biblica scientifica non vuole esaurirsi in sempre nuove ipotesi diventando teologicamente insignificante, deve fare un passo metodologicamente nuovo e riconoscersi nuovamente come disciplina teologica, senza rinunciare al suo carattere storico". Per il Papa "l'ermeneutica positivistica" deve dunque lasciare il passo ad "una specie di ragionevolezza storicamente condizionata, capace di correzioni e integrazioni e bisognosa di esse", e riconoscere che "un'ermeneutica della fede sviluppata in modo giusto e conforme al testo" puo' congiungersi con un'ermeneutica storica, consapevole dei propri limiti per formare un'interezza metodologica". In ultima analisi, sostiene, "si tratta di riprendere finalmente i principi metodologici per l'esegesi formulati dal Concilio Vaticano II nella Dei Verbum, un compito - denuncia - finora purtroppo quasi per nulla affrontato".
In proposito, se da una parte va sottolineato il coraggio con il quale il Papa applica il Concilio al tema spinoso della responsabilita' del popolo ebraico nel processo a Gesu', arrivando a negarla una volta per tutte, il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione dei vescovi e teologo ratzingeriano, ha tenuto a ricordare che nel libro c'e' anche l'esortazione a non sacrificare i misteri della fede "a nessun razionalismo saccente". "E' evidente - ha commentato - come mediante quest'opera il successore di Pietro si dedichi al suo ministero specifico che e' di confermare i suoi fratelli nella fede. Cio' che qui colpisce in sommo grado, e' il modo con cui lo fa, in dialogo con gli esperti in campo esegetico, e in vista di alimentare e fortificare la relazione personale dei discepoli con il loro Maestro e Amico, oggi". Nel libro, inoltre, Benedetto XVI prende ruvidamente le distanze da alcune Cristologie di autori che non cita, del che essi gli saranno certamente grati: "mi sembra presuntuoso e insieme sciocco - spiega - voler scrutare la coscienza di Gesu' e volerla spiegare in base a cio' che egli, secondo la nostra conoscenza di quei tempi e delle loro concezioni teologiche, puo' aver pensato e non pensato".
Ma tra quelle che ha vinto con quest'opera che lo sta impegnando fin dall'inizio in tutti i momenti liberi del suo Pontificato, e che a 83 anni compiuti intende completare con un terzo volume sull'infanzia di Gesu' ("se ne avro' la forza", dice promettendo che sara' piu' agile dei precedenti tomi) la sfida piu' dramamtica e' forse la quarta: l'opera testimonia infatti una personale e sofferta "conversione" dell'autore, quella stessa che in ogni occasione sollecita ai fedeli. Il libro "e' il risultato di un lungo cammino interiore", assicura Giovanni Maria Vian, direttore dell'Osservatore Romano, che parla di "una maturazione del cuore". Divenuto Papa, infatti, anche il teologo tedesco, come scrive di Gesu' nel bellissimo capitolo sul Getsemani, oggi "vede con estrema chiarezza l'intera marea sporca del male, tutto il potere della menzogna e della superbia, tutta l'astuzia e l'atrocita' del male, che si mette la maschera della vita e serve continuamente la distruzione dell'essere, la deturpazione e l'annientamento della vita". Ma ugualmente riesce a non perdere la fede e scrivendo invoca: "Marana tha! - Vieni, Signore Gesu'!". "In momenti di tribolazione personale - confessa - lo preghiamo: Vieni, Signore Gesu', e accogli la mia vita nella presenza del tuo potere benigno".
"E' la preghiera - ammette il Pontefice - della persona innamorata, che nella citta' assediata e' oppressa da tutte le minacce e dagli orrori della distruzione e non puo' che aspettare l'arrivo dell'Amato. E' il grido pieno di speranza che anela la vicinanza di Gesu' in una situazione di pericolo in cui solo Lui puo' aiutare".

© Copyright (AGI)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quando sarà disponibile la versione ebook?