Il Papa ai parroci romani: siate uomini con il cuore di Dio, annunciate la verità anche se scomoda, amate soprattutto i poveri
Il sacerdote non è un “amministratore”, ma un uomo scelto da Dio per imitare Cristo, che sa come Lui essere umile, amare l’umanità, avere sensibilità per i poveri, sostenere con coraggio la Chiesa là dove essa è minacciata. Con un’articolata lectio divina ispirata dal capitolo 20 degli Atti degli apostoli, Benedetto XVI si è intrattenuto stamattina con i sacerdoti della diocesi di Roma, guidati dal cardinale vicario, Agostino Vallini, nel tradizionale incontro annuale svoltosi nell’Aula della Benedizione. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Avere l’occhio di Dio, non quello del burocrate. Non c’è alternativa per un sacerdote. San Paolo lo aveva compreso e San Luca descritto in quel capitolo degli Atti degli Apostoli che il Papa ha definito come “destinato agli uomini di ogni tempo”. L’attualità del testo antico è diventata materia di riflessione per il prete del tempo moderno, centellinata dal Pontefice frase dopo frase. Il sacerdote, ha affermato, anzitutto “non è un padrone della fede”:
“Prete non si è a tempo solo parziale; si è sempre, con tutta l’anima, con tutto il nostro cuore. Questo essere con Cristo ed essere ambasciatore di Cristo, questo essere per gli altri è una missione che penetra il nostro essere e deve sempre più penetrare nella totalità del nostro essere”.
Il servizio, ha proseguito Benedetto XVI, chiama l’umiltà. Che non è esibizione di “falsa modestia” ma amore per la volontà di Dio, che proprio grazie all’umiltà del servitore può essere annunciata nella sua integrità, senza condizionamenti o preferenze, e senza “creare l’idea che il cristianesimo sia un pacchetto immenso di cose da imparare”:
“Questo è importante: non predica un cristianesimo à la carte, secondo i gusti propri, predicando un Vangelo secondo le proprie idee preferite, secondo le proprie idee teologiche: non si sottrae dall'annunciare tutta, tutta la volontà di Dio, anche la volontà scomoda, anche i temi che personalmente non mi piacciano tanto”.
Il testo paolino ha poi suggerito al Pontefice spunti di riflessione sul tema della conversione del cuore. “Conversione”, ha detto il Papa, è soprattutto quella del pensiero e del cuore, per cui la realtà non sono le cose tangibili o i fatti del mondo così come si presentano, ma realtà è riconoscere la presenza di Dio nel mondo. Da questa visione il sacerdote deve condurre la sua “corsa” nel mondo, senza mai perdere – ha raccomandato Benedetto XVI – lo smalto degli inizi:
“Non perdiamo lo zelo, la gioia di essere chiamati dal Signore (...) lasciamoci rinnovare la nostra gioventù spirituale (...) la gioia di poter andare con Cristo fino alla fine, di ‘condurre a termine la corsa’ sempre nell’entusiasmo di essere chiamati da Cristo per questo grande servizio”.
Il sacerdote, come Paolo, ha affermato il Papa non deve pensare alla sua mera “sopravvivenza biologica”. Certo, custodirsi è doveroso, ma non dimenticando che l’offerta di sé, anche fino al dono della vita, assimila il sacerdote al suo modello, Cristo:
“Solo Dio può farci sacerdoti, solo Dio può scegliere i suoi sacerdoti e se siamo scelti, siamo scelti da Lui. Qui appare chiaramente il carattere sacramentale del presbiterato e del sacerdozio, che non è una professione che dev’essere fatta perché qualcuno deve amministrare tutte le cose (…) E’ un’elezione dallo Spirito Santo”.
Pio XI, ha ricordato Benedetto XVI, rimarcava il problema della “la sonnolenza dei buoni”, cioè la mancanza di argini che spesso gli stessi cristiani oppongono alle forze del male. Il sacerdote, ha ribadito, è chiamato a “vegliare” e a pregare intensamente:
“’Vegliate su voi stessi’: siamo attenti anche alla nostra vita spirituale, al nostro essere con Cristo (...) pregare e meditare la Parola di Dio non è tempo perso per la cura delle anime, ma è condizione perché possiamo essere realmente in contatto con il Signore e così parlare di prima mano dal Signore agli altri”.
La Chiesa è minacciata e lo sarà sempre, ha detto il Papa. Ma questa consapevolezza non deve mai far dimenticare altre e immodificabili realtà:
“La verità è più forte della menzogna, l’amore è più forte dell’odio, Dio è più forte di tutte le forze avverse ... a Dio. E con questa gioia, con questa certezza interiore prendiamo la nostra strada (…) nelle consolazioni di Dio e nelle persecuzioni del mondo”.
Nell’indirizzo di saluto a Benedetto XVI, il cardinale Vallini aveva definito la lectio divina l’ideale conclusione del recente pellegrinaggio a Cipro dei sacerdoti romani, quindi – ringraziando il Pontefice per il suo nuovo libro su Gesù – ha definito il volume “un buon compagno” per la Quaresima. Affettuose e toccanti, poi, le parole che il cardinale vicario ha rivolto al Papa ricordandone il 60.mo di sacerdozio – che cadrà il prossimo 29 giugno – e mettendo in risalto le qualità sacerdotali di Benedetto XVI più apprezzate dal clero:
“La fedeltà, umile e gioiosa, senza incrinature, al Signore Gesù; la disponibilità totale a servire la Chiesa dove la Provvidenza L’ha chiamata, fino al formidabile peso del supremo Pontificato; l’amore alla Parola di Dio e alla Liturgia e alla gioia di vivere il tempo secondo il ritmo dell’Anno Liturgico; l’esercizio dell’intelligenza e la passione per la ricerca della verità da proporre e difendere senza compromessi; la dolcezza del tratto e la magnanimità del cuore; la serenità dell’anima interamente donata a Cristo”.
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