La violenza dell’uomo sull’uomo è offesa gravissima a Dio: così il Papa alle Fosse Ardeatine
"Lo spirito umano rimane libero anche nelle condizioni più dure": così il Papa stamane alle Fosse Ardeatine. Benedetto XVI, a tre giorni di distanza dal 67° anniversario dell’eccidio del 24 marzo 1944, si è recato in visita al Sacrario delle Fosse Ardeatine su invito dell’Associazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri caduti per la libertà della Patria. ''Ciò che qui è avvenuto il 24 marzo 1944 – ha detto Benedetto XVI - è offesa gravissima a Dio, perché è la violenza deliberata dell'uomo sull'uomo”. Il servizio di Rosario Tronnolone.
Una folla composta, radunata nel piazzale antistante al Sacrario delle Fosse Ardeatine, ha accolto il Papa. Prima della sua visita il Santo Padre si è soffermato a lungo con queste persone, per un saluto, una parola, una stretta di mano ad una donna anziana, una carezza sul capo di un bambino. Prima di entrare nel Sacrario, Benedetto XVI ha offerto un cesto di rose rosse che è stato posto davanti alla lapide che ricorda la strage. Accompagnato, tra gli altri, dal Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, figlio di una delle vittime dell’eccidio, dal Cardinale Agostino Vallini, Vicario generale per la Diocesi di Roma, dalla signora Rosina Stame, Presidente dell’Associazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri caduti per la libertà della Patria, e dal Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, il Papa ha poi raggiunto l’interno del Sacrario e si è inginocchiato in preghiera silenziosa davanti alle tombe delle 335 vittime. Il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni ha poi recitato in ebraico il salmo 129, il “De Profundis”, e Benedetto XVI ha recitato in italiano il salmo 23, “Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla”.
Il Papa si è poi soffermato davanti a tre tombe: quella del padre del Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo, quella di don Pietro Pappagallo, che collaborò intensamente alla lotta clandestina e si prodigò in soccorso di ebrei, antifascisti e perseguitati, e quella di Alberto Funaro, appartenente ad una famiglia ebrea che ha sofferto la perdita di due parenti alle Fosse Ardeatine e di altri venti ad Auschwitz. All’uscita dal Sacrario, nel piazzale dove erano radunati i fedeli, tra cui molti familiari delle vittime, il Papa ha rivolto ai presenti un breve discorso, a partire dalle testimonianze di due delle vittime:
“Credo in Dio e nell’Italia / credo nella risurrezione / dei martiri e degli eroi / credo nella rinascita / della patria e nella / libertà del popolo”. Queste parole sono state incise sulla parete di una cella di tortura, in Via Tasso, a Roma, durante l’occupazione nazista. Sono il testamento di una persona ignota, che in quella cella fu imprigionata, e dimostrano che lo spirito umano rimane libero anche nelle condizioni più dure. Chi ha scritto quelle parole l’ha fatto solo per intima convinzione, come estrema testimonianza alla verità creduta, che rende regale l’animo umano anche nell’estremo abbassamento. Ogni uomo è chiamato a realizzare in questo modo la propria dignità: testimoniando quella verità che riconosce con la propria coscienza.
Un’altra testimonianza mi ha colpito, e questa fu ritrovata proprio nelle Fosse Ardeatine. Un foglio di carta su cui un caduto aveva scritto: “Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinché tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni”. In quel momento così tragico, così disumano, nel cuore di quella persona c’era l’invocazione più alta: “Dio mio grande Padre”. Padre di tutti! Sì, dovunque sia, in ogni continente, a qualunque popolo appartenga, l’uomo è figlio di quel Padre che è nei cieli, è fratello di tutti in umanità. Ma questo essere figlio e fratello non è scontato. Lo dimostrano purtroppo anche le Fosse Ardeatine. Bisogna volerlo, bisogna dire sì al bene e no al male."
Uscendo dal Sacrario, lasciando la sua firma nel Libro dei visitatori illustri, il Papa ha aggiunto un verso del salmo 23: “Non timebo, quia Tu mecum es” (Non temerò, perché Tu sei con me).
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