mercoledì 2 marzo 2011

Libro su Gesù, il Papa: nel Vangelo possiamo realmente trovare le risposte a tutte le nostre inquietudini (Izzo)

PAPA: NEL VANGELO RISPOSTE A TUTTE LE INQUIETUDINI

(AGI) - CdV, 2 mar.

(di Salvatore Izzo)

"Se Cristo non fosse risorto - come dice San Paolo - vana sarebbe la nostra fede".
Ma, afferma Benedetto XVI, "Gesu' e' davvero risorto".
Quindi nel Vangelo possiamo realmente trovare le risposte a tutte le nostre inquietudini.
E' molto chiaro il messaggio che il Papa vuole trasmettere con la sua nuova opera teologica, il secondo volume di "Gesu' di Nazaret" che ricostruisce passo dopo passo gli ultimi giorni della vita terrena del Messia, mettendo a confronto i quattro racconti evangelici e prendendo in considerazione gli studi esegetici piu' moderni in un'ottica molto precisa, quella cattolica che si basa sulla storicita' degli eventi narrati dal Vangelo.
Viviamo, ha detto il Papa all'Udienza Generale di questa mattina, "una stagione che cerca la liberta', anche con violenza", ma la liberta', "quella vera", possiamo trovarla solo "con l'aiuto della Grazia di Dio che permea l'umano e, senza distruggerlo, lo purifica, innalzandolo alle altezze divine".
Parole pronunciate nell'Aula Nervi poco prima che la Libreria Editrice Vaticana diffondesse alcune pagine del nuovo libro che sara' presentato giovedì' 10 marzo dal card. Marc Ouellet, allievo del teologo Ratzinger e prefetto della Congregazione dei vescovi, e dal prof. Claudio Magris, il grande germanista dell'Universita' di Trieste, scelto perche' il Papa ha scritto i nove capitoli della seconda parte del "Gesu' di Nazaret" in tedesco per l'editore Herder (la Lev pero' ha gia' pronte altre sei lingue, tra cui l'italiano che sviluppa 380 pagine).
Dalle anticipazioni emerge la ricchezza delle riflessioni proposte con umilta' da Benedetto XVI che riveste ancora i panni dello studioso e dell'insegnante, tenendo fede all'impegno di voler suscitare una discussione e non chiuderla con l'autorevolezza del Magistero assunto all'inizio dell'opera, nel 2007.
Cosi' riaffermate le certezze di base, il libro e' pieno di domande.
Nel racconto evangelico, ricorda il Pontefice, "il pragmatico Pilato" chiede a Gesu': "Che cos'e' la verita'?". E' la stessa domanda, rileva, "che pone anche la moderna dottrina dello Stato: puo' la politica assumere la verita' come categoria per la sua struttura? O deve lasciare la verita', come dimensione inaccessibile, alla soggettivita' e invece cercare di riuscire a stabilire la pace e la giustizia con gli strumenti disponibili nell'ambito del potere? Vista l'impossibilita' di un consenso sulla verita', la politica puntando su di essa non si rende forse strumento di certe tradizioni che, in realta', non sono che forme di conservazione del potere?". "Ma, dall'altra parte - continua il Papa - che cosa succede se la verita' non conta nulla? Quale giustizia allora sara' possibile? Non devono forse esserci criteri comuni che garantiscano veramente la giustizia per tutti - criteri sottratti all'arbitrarieta' delle opinioni mutevoli ed alle concentrazioni del potere? Non e' forse vero che le grandi dittature sono vissute in virtu' della menzogna ideologica e che soltanto la verita' pote' portare la liberazione?".
Il personaggio Pilato, che "come prefetto, rappresentava il diritto romano" in un'epoca nella quale "la forza di Roma era il suo sistema giuridico, l'ordine giuridico, sul quale gli uomini potevano contare", e' analizzato in profondita' da Joseph Ratzinger.
Certamente, scrive, "conosceva la verita'" - e cioe' che Cristo "non e' un rivoluzionario politico" dunque "il suo messaggio e il suo comportamento non costituiscono un pericolo per il dominio romano" - ma "alla fine vinse in lui l'interpretazione pragmatica del diritto: piu' importante della verita' del caso e' la forza pacificante del diritto, questo fu forse il suo pensiero e cosi' si giustifico' davanti a se stesso". "Un'assoluzione dell'innocente - osserva Ratzinger - poteva recare danno non solo a lui personalmente, il timore per questo fu certamente un motivo determinante per il suo agire".
Con grande cura, il Papa teologo presenta anche il dramma di Giuda, ricordando come Giovanni, che pure fu testimone diretto del tradimento, si limiti ad accennare "al fatto che Giuda, come tesoriere del gruppo dei discepoli, avrebbe sottratto il loro denaro" e ad annotare "laconicamente" che dopo le parole di Gesu' sul fatto che sarebbe stato tradito da chi era seduto alla sua stessa mensa, Giuda si servi e "dopo quel boccone, Satana entro' in lui".
"Cio' che a Giuda e' accaduto - commenta Joseph Ratzinger - per Giovanni non e' piu' psicologicamente spiegabile. E' finito sotto il dominio di qualcun altro: chi rompe l'amicizia con Gesu', chi si scrolla di dosso il suo 'dolce giogo', non giunge alla liberta', non diventa libero, ma diventa invece schiavo di altre potenze, o piuttosto: il fatto che egli tradisce questa amicizia deriva ormai dall'intervento di un altro potere, al quale si e' aperto". Il Papa teologo si preoccupa, nel suo nuovo libro anche del destino di Giuda, nel quale la luce proveniente da Gesu' "non si era spenta del tutto", tanto che nel racconto evangelico e' registrato "un primo passo verso la conversione". infatti Giuda dice "Ho peccato" ai suoi committenti, "cerca di salvare Gesu' e rida' il denaro". "Tutto cio' che di puro e di grande aveva ricevuto da Gesu' - scrive il Pontefice -rimaneva iscritto nella sua anima, non poteva dimenticarlo". Ma "la seconda sua tragedia - dopo il tradimento - e' che non riesce piu' a credere ad un perdono. Il suo pentimento diventa disperazione. Egli vede ormai solo se stesso e le sue tenebre, non vede piu' la luce di Gesu', quella luce che puo' illuminare e superare anche le tenebre". Secondo il Papa, la mancata auto-liberazione di Giuda dal male "ci fa vedere il modo errato del pentimento: un pentimento che non riesce piu' a sperare, ma vede ormai solo il proprio buio, e' distruttivo e non e' un vero pentimento. Fa parte del giusto pentimento la certezza della speranza - una certezza che nasce dalla fede nella potenza maggiore della Luce fattasi carne in Gesu'". E cosi', ricorda Ratzinger, "Giovanni conclude il brano in modo drammatico: Giuda esce 'fuori' in un senso piu' profondo. Entra nella notte, va via dalla luce verso il buio; il 'potere delle tenebre' lo ha afferrato"
Nel nuovo volume il Papa si sofferma anche sulla data dell'Ultima Cena scrivendo che ha ragione il Vangelo di Giovanni e hanno torto i sinottici: "al momento del processo di Gesu' davanti a Pilato, le autorita' giudaiche non avevano ancora mangiato la Pasqua e per questo dovevano mantenersi ancora cultualmente pure". E dunque "la crocifissione non e' avvenuta nel giorno della festa, ma nella sua vigilia".
Ma il Papa "corregge" soprattutto Matteo quando nel raccontare la condanna di Cristo parla di "tutto il popolo", attribuendo ad esso la richiesta della crocifissione. Un brano "fatale nelle sue conseguenze", ma che, avverte, "sicuramente non esprime un fatto storico: come avrebbe potuto essere presente in tale momento tutto il popolo e chiedere la morte di Gesu'?". definendo l'interpretazione che e' stata data di questa frase di Matteo. "La realta' storica - spiega - appare in modo sicuramente corretto in Giovanni e in Marco. Il vero gruppo degli accusatori - infatti - sono i circoli contemporanei del tempio e, nel contesto dell'amnistia pasquale, si associa ad essi la 'massa' dei sostenitori di Barabba".Riguardo agli accusatori di Gesu', scrive ancora il Papa, "nelle risposte dei Vangeli vi sono differenze su cui dobbiamo riflettere".
"Secondo Giovanni - ricorda - essi sono semplicemente i 'Giudei'". Per Ratzinger, dunque, "nel quarto Vangelo il cerchio degli accusatori che perseguono la morte di Gesu' e' descritto con precisione e chiaramente delimitato: si tratta, appunto, dell'aristocrazia del tempio". E anche in Marco, "in ogni caso - tiene a precisare il Papa tedesco - non e' indicato 'il popolo' degli Ebrei come tale".
Infatti se e' vero che, a quanto risulta agli storici, "nell'amnistia pasquale, il popolo ha il diritto di fare una proposta manifestata per 'acclamazione' che ha in questo caso un carattere giuridico", Bendetto XVI fa notare che "in quel momento i sostenitori di Barabba erano "mobilitati per l'amnistia", mentre "gli aderenti a Gesu' per paura rimanevano nascosti, e in questo modo la voce del popolo su cui il diritto romano contava era presentata in modo unilaterale".

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