PAPA: GIOVANE ROM GLI DICE "ALCUNI SBAGLIANO, COLPA E' PERSONALE"
Salvatore Izzo
(AGI) - CDV, 11 giu.
"Ci sono rom che sbagliano ma la colpa e’ sempre personale. La colpa non è mai di un’etnia, di un popolo".
Lo ha detto al Papa un giovane rom nato e cresciuto nei campi nomadi della Capitale.
"Quando vedono nei documenti che vivi in un campo, nessuno piu’ ti tende la mano", ha raccontato ricordando di aver studiato nelle scuole con gli altri e di avere gli stessi sogni e speranze dei suoi coetanei.
Benedetto XVI lo ha ascoltato e poi abbracciato.
Tra le testimonianze anche quella di Ceija Stojka, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
"Quando sono nata in Austria la mia famiglia contava piu’ di 200 persone. Solo sei di noi son sopravvissuti alla guerra e allo sterminio", ha raccontato ricordando di essere stata deportata a 9 anni "prima ad Auschwitz, poi a Ravensbruk e a Bergen-Belsen".
"Ero bambina - ha confidato - e dovevo vedere morire altri bambini, anziani, donne, uomini; e vivevo fra i morti e i quasi morti nei campi. Mi chiedevo ’perche’?
Che cosa abbiamo fatto di male? Sento gli strilli delle SS, vedo le donne bionde le ’Aufseherinnen’ (sorveglianti) con i loro cani grandi che ci calpestavano, sento ancora l’odore dei corpi bruciati. Come posso vivere con questi ricordi? Come posso dimenticare quello che abbiamo vissuto?".
Quel che e’ accaduto, ha affermato la donna, "non e’ possibile dimenticarlo. E l’Europa non deve dimenticarlo. Oggi Auschwitz e i campi di concentramento si sono addormentati, e non si dovranno mai piu’ svegliare. Ho paura, pero’, che Auschwitz stia solo dormendo".
"Per dire la verita’ - ha aggiunto - non vedo un futuro per i rom. L’antigitanesimo e le minacce in Ungheria, ma anche in Italia e in tanti altri posti mi preoccupano molto e mi rendono triste. Ma vorrei dire che i rom sono i fiori di questo mondo grigio . Hanno bisogno di spazio e di aria per respirare". "Se il mondo non cambia adesso - ha concluso - se il mondo non apre porte e finestre, se non costruisce la pace - la pace vera! - affinche’ i miei pronipoti (il quarto nascera’ fra alcuni mesi) abbiano una chance per vivere in questo mondo, allora non so spiegarmi il perche’ sono sopravvissuta ad Auschwitz, Bergen-Belsen e Ravensbruk".
Musica, colori e danze su ritmi gitani hanno accompagnato le testimonianze di alcuni zingari che hanno raccontato al Papa il loro mondo, fatto di liberta’, ma spesso anche di difficolta’ e diffidenza da parte degli altri, di esperienze drammatiche racchiuse nel loro passato, ma anche di speranza nel futuro. Un gruppo di ragazze ha danzato con i variopinti costumi tradizionali e dopo l’esibizione, una a una sono andate a porgere il loro saluto a Benedetto XVI.
I duemila pellegrini riuniti in Vaticano erano rappresentanti dei popoli Rom, Sinti, Manuches, Kale, Yenish e Travellers d’Europa e d’Italia invitati per incarico del Papa dal Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti assieme alla Fondazione Migrantes della Cei, alla Diocesi di Roma e alla Comunita’ di Sant’Egidio. Questo pomeriggio, ci sara’ una celebrazione nella chiesa di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, presieduta dal presidente del Pontificio consiglio Migranti, monsignor Antonio Maria Veglio’, nel corso della quale, nell’altare dei Testimoni della fede di Spagna, sara’ posta una reliquia del Beato Zeffirino, uno dei suoi rosari.
Domani sara’ celebrata la messa conclusiva del pellegrinaggio nella chiesa all’aperto che ricorda il beato Zefferino nel complesso del Santuario del Divino Amore. L’incontro di oggi nasce, ha affermato monsignor Veglio’ alla Radio Vaticana, "a seguito di un colloquio privato concessomi dal Santo Padre Benedetto XVI.
Nella sua sollecitudine verso i poveri, il Papa ha manifestato particolare preoccupazione per la minoranza zingara ed ha espresso il desiderio di incontrare gli zingari in Vaticano, affidando a questo Pontificio Consiglio la promozione dell’evento".
A seguito di tale richiesta del Papa, precisa Veglio’, "il nostro Dicastero ha chiesto la collaborazione della Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana, come pure della Diocesi di Roma e della Comunita’ di Sant’Egidio".
Nell’intervista, il capodicastero ha ricordato che il Papa chiede alla Chiesa di "essere accogliente e di aiutare i cristiani a superare ogni sentimento di diffidenza, timore o, peggio ancora, di rifiuto verso gli zingari".
"Pertanto - ha spiegato l’arcivescovo - essa accompagna con fiducia gli sforzi perche’ siano riconosciuti agli zingari i diritti di minoranza. Inoltre, sostiene l’autentica integrazione di questo popolo e cerca di aiutarlo a inserirsi nella societa’, mantenendo la propria identita’ culturale".
D’altra parte, pero’, "la Chiesa - ha concluso monsignor Veglio’ - non cessa, poi, di ricordare che anch’essi sono chiamati ad assumersi le proprie responsabilita’", come affermano anche il Consiglio d’Europa e gli altri organismi internazionali, "i quali offrono al popolo zingaro programmi d’aiuto per uscire dall’emarginazione e partecipare, a pieno titolo, ai diritti e ai doveri della societa’".
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