Padre Hermann Geissler parla dei sessant'anni di sacerdozio di Joseph Ratzinger
Testimone e comunicatore della gioia di Cristo
In occasione dei sessant'anni di sacerdozio di Joseph Ratzinger, padre Hermann Geissler, della Famiglia spirituale Opera, capo ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha rilasciato al corrispondente da Roma dell'agenzia di stampa «Gaudium Press», l'intervista che riportiamo di seguito in una nostra traduzione italiana.
di Anna Artymiak
Lei che conosce il cardinale Ratzinger da molti anni, quali ricordi personali ha del suo modo di vivere il sacerdozio, della sua spiritualità sacerdotale?
Ho conosciuto il cardinale Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI, come personalità profonda e umile. È un uomo del dialogo, dell'ascolto, attento a ogni singola persona. Si distingue per una grande interiorità, una ricca spiritualità sacerdotale.
Questa spiritualità è anzitutto teologica. È un uomo che ama Dio con tutto il cuore e tutta la mente, che conosce la sua Parola e la trasmette. Non parla di se stesso, parla di Dio. Questa è sempre sta1ta una sua costante, prima da cardinale e adesso da Pontefice. Quando fu nominato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, qualcuno gli fece osservare che avrebbe dovuto svolgere un compito molto difficile; ed egli rispose che aveva capito nel profondo che, in fin dei conti, era responsabile non davanti alla storia, ma davanti a Dio. E questo gli ha dato una grande pace, serenità e libertà. Il Papa non ha paura. Già da cardinale non aveva paura. Mi pare che questa sia una conseguenza della sua spiritualità teocentrica.
Un secondo elemento mi ha sempre colpito: il Papa è uomo dell'Eucaristia. La messa è veramente il cuore di ogni sua giornata. Noi abbiamo potuto celebrare spesso l'Eucaristia con lui ed è stato sempre edificante vedere come celebra e come si nutre della Parola e del Pane della vita. Si può sperimentare che nella messa è veramente in comunione con il Dio fattosi uomo e presente nell'Eucaristia. Direi che l'Eucaristia è la sua fonte principale di ispirazione, di forza, di luce, anche adesso da Pontefice.
E poi occorre menzionare la sua spiritualità ecclesiale. È un uomo di Chiesa nel senso più profondo: il Papa sa che Dio è presente oggi nella Chiesa, che è la sua famiglia; nella Chiesa che rende amici fra loro i credenti di tutti i continenti; nella Chiesa che abbraccia tutti i secoli del passato, il presente e il futuro; nella Chiesa che unisce cielo e terra. Di questo il Papa è molto consapevole. Da questo deriva la sua profonda comunione con i santi, soprattutto con la Madre di Dio, ma anche con san Giuseppe, suo patrono, e con molti altri santi. Il Papa, quindi, è un uomo di Chiesa e per questo anche un uomo di comunione e di collaborazione. Mi ha sempre commosso, fin da quando nel 1993 ho cominciato a collaborare con lui, vedere che spesso chiedeva il parere dei suoi collaboratori, anche dei più giovani. Lo faceva non in modo superficiale, ma perché era, ed è, convinto che lo Spirito Santo può parlare anche attraverso gli ultimi. Nella Chiesa tutti hanno importanza, perché tutti possono essere strumenti dello Spirito di Dio.
Tutto questo ha una conseguenza visibile nel fatto che il Papa irradia una grande pace e serenità. È un uomo profondamente gioioso. Pur in mezzo a molti problemi e difficoltà che devono essere affrontati, egli è radicato in Dio, nell'Eucaristia, nella Chiesa. Per questo è convinto che, anche se le difficoltà e i problemi sono tanti e talvolta veramente pesanti, Dio c'è, il Signore c'è, la redenzione c'è. Noi cristiani siamo quindi sempre persone con una grande speranza. E questa speranza ci dà gioia, ci dà slancio, ci dà coraggio. Ricordo che il motto scelto dal sacerdote Joseph Ratzinger era questo: «Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia» (1 Cor 1, 24). Ecco ciò che il Papa vuole: essere testimone e comunicatore della gioia del Signore.
Lei ha detto che il Papa ha una profonda spiritualità teologica. Joseph Ratzinger viene considerato uno dei più grandi teologi del nostro tempo. Può spiegare a un semplice fedele il contributo che ha dato l'attuale Pontefice alla teologia?
Posso cercare di dare qualche spunto. Il Papa offre una teologia viva, nel senso che è una teologia radicata nella Sacra Scrittura, nella Parola di Dio, una teologia nutrita dai Padri della Chiesa, i primi grandi teologi dell'era cristiana. Nel contempo il Papa è capace di offrire una teologia molto comprensibile. È un grande comunicatore. Riesce a esprimere i grandi misteri di Dio, della redenzione, della Chiesa, dell'Eucaristia in termini molto profondi e insieme semplici. Così tutti i fedeli e tutte le persone di buona volontà possono veramente comprenderlo.
La sua teologia, poi, è una teologia attenta ai problemi del tempo. Vorrei menzionare solo tre temi centrali del suo impegno teologico. Il primo è quello della Chiesa. Il Papa ha dedicato il suo primo grande studio, la sua tesi di dottorato, al tema della Chiesa in sant'Agostino, descrivendola come popolo e casa di Dio. La Chiesa era uno dei più grandi temi del secolo scorso. Pensiamo al fatto che il concilio Vaticano II era sostanzialmente un concilio della Chiesa e sulla Chiesa. Certamente il Papa è tra i teologi più noti per quanto riguarda la teologia sulla Chiesa. Riesce sempre di nuovo a spiegare cosa veramente sia la Chiesa. È importante perché nel nostro tempo esiste il pericolo di pensare alla Chiesa solo come ad un gruppo di uomini. Esiste il pericolo di una interpretazione puramente sociologica della Chiesa. In realtà, la Chiesa è molto di più: la Chiesa è anzitutto di Dio. Dio sta al centro della Chiesa, quel Dio che si è rivelato in Cristo, il quale, esaltato sulla Croce, attira tutti a sé. Questa è la Chiesa: un popolo radunato da Dio, da Gesù Cristo, un popolo che possiede una chiara identità nella fede, una chiara convinzione, anche una chiara visione sulla morale, un popolo che vuole essere veramente il sale della terra e la luce del mondo, un popolo che ha la missione di offrire a questo mondo il Vangelo di Gesù Cristo, la buona novella della salvezza, il messaggio della gioia per tutti i popoli.
Un secondo tema nella teologia del Papa riguarda la fede, intorno alla quale dopo il concilio Vaticano II è subentrato un sentimento di incertezza: cosa veramente vale nella Chiesa? Cosa dobbiamo credere? Cosa dobbiamo fare? Cosa è bene e male? Il Papa, ancora da teologo negli anni Sessanta, ha tenuto all'università di Tubinga -- per tutte le facoltà, non solo per quella teologica -- una serie di lezioni sul Credo apostolico, una «Introduzione al Cristianesimo», cercando di spiegare in termini chiari e comprensibili il nucleo della fede, cioè cosa significa per noi oggi credere in Dio Padre Creatore, credere nel Figlio di Dio che si è fatto uomo e che è morto e risuscitato per noi, credere nello Spirito Santo, la Chiesa cattolica, la vita eterna. Il Papa ha il dono unico di offrire veramente una visione di insieme della fede. Ciò è molto importante. La fede non è un grande fardello che rende difficile la nostra vita. No, la fede è proprio il contrario. La fede è soprattutto una relazione di amore tra Dio e l'uomo, tra Dio che attira l'uomo a sé e l'uomo che si lascia attirare a Dio in quella grande famiglia che è la Chiesa. La fede è una relazione di amore che ci aiuta, ci sostiene, ci incoraggia e ci guida verso la felicità.
Un ultimo punto importante nella teologia del Papa è la questione cruciale di Gesù Cristo. Il Papa ha scritto molto su questo, soprattutto negli ultimi tempi. Egli sa che la grande questione oggi è: chi è Gesù. È solo uno dei grandi fondatori, come Buddha, come Confucio, come Maometto, come altri? Oppure è diverso? Il Papa cerca di mostrare che Gesù è diverso da tutti gli altri fondatori di religioni. In Gesù veramente appare il volto di Dio. Quindi, la Parola di Gesù non è come le altre parole: è l'ultima Parola, la Parola definitiva di Dio, perché Egli è il Figlio di Dio. Ci dice veramente parole di vita eterna. I libri su Gesù Cristo che il Papa pubblica in questi anni sono una spiegazione dei passi più importanti del Vangelo. Ci mostrano chi è Gesù, cosa ci offre la sua vita, cosa significano la sua morte e la sua risurrezione. In questo senso il Papa vuole spiegare il nucleo fondamentale del Cristianesimo, la nostra fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, in Gesù che rivela il cuore di Dio, che è Amore, Verità, Misericordia, che rivela chi è l'uomo, una creatura veramente amata da Dio, redenta da Dio, cercata da Dio, salvata da Dio. È una visione molto bella della fede che il Papa ci offre.
Quali sono le novità del suo opus magnum della vita, Gesù di Nazaret?
La specificità di questi due volumi -- ne uscirà ancora un terzo -- consiste nel fatto che il Papa riesce a unire esegesi storica e teologia. Offre una esegesi teologica, raccogliendo i risultati più importanti della ricerca storica e della esegesi degli ultimi due secoli, e collegandoli con una teologia sana: un po' come hanno fatto i padri della Chiesa. In questo senso il Papa è convinto che la sua missione principale sia quella di confermare i fratelli nella fede. Nel libro fa questo, non con la sua autorità di Pontefice, ma nella sua veste umile di teologo, mostrandoci cosa il concilio Vaticano II intende dire quando chiede agli esegeti di interpretare la Sacra Scrittura a partire da tre criteri: bisogna spiegare ogni passo della Scrittura nel contesto di tutta la Sacra Scrittura (primo criterio), poi nel contesto della tradizione della Chiesa (secondo criterio) e quindi in accordo con tutta la fede (terzo criterio). Il Papa ci indica questo metodo teologico come vero maestro. Si tratta quindi di un'opera di grandissima importanza. Forse segna un nuovo inizio nel rinnovamento della esegesi e dell'interpretazione della Parola di Dio.
Per quanto riguarda i contenuti del libro, posso fare solo alcuni brevi cenni. È molto interessante vedere come il Papa spiega che il cristianesimo abbia un fondamento storico. Si fonda su eventi storici: la nascita di Gesù, la sua vita, la sua predicazione; il Signore ha veramente celebrato l'ultima cena prima di morire; è veramente morto e risorto. Il cristianesimo non è una fantasia, non è un mito, è radicato nella storia.
Un secondo punto importante per me è questo: il Papa spiega cosa significa che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio. Egli parte spesso dall'Antico Testamento, è una sua specificità spiegare il Nuovo Testamento partendo dall'Antico. Afferma che nell'Antico Testamento i profeti hanno annunciato la venuta di un Messia. Ma ai tempi di Gesù, vi erano tante aspettative e immagini su come sarebbe stato questo Messia. Il Papa spiega che Gesù non era un Messia politico ma religioso: è venuto per liberarci dal peccato, per darci la vita, la vita in abbondanza. È stato condannato perché ha professato apertamente che era il Figlio di Dio. Ha confermato davanti a Pilato che era Re e il suo regno era un regno di verità. È venuto per rendere testimonianza alla verità. Non è venuto per combattere contro i romani, è venuto per combattere contro il peccato e per portarci la verità, per svelarci il vero volto di Dio e la grande vocazione dell'uomo, e per mostrarci il cammino che conduce verso la vera vita, la vita eterna.
Il Pontefice spiega un altro punto che oggi molti non intendono bene: cosa significa redenzione, salvezza, liberazione dai peccati. Fa presente che il peccato ha conseguenze gravi, non solo sulla persona che pecca, ma anche sulla società. Pensiamo ai criminali che distruggono non solo se stessi ma danneggiano molti, ai terroristi che sono una minaccia per tutta la società. Per riparare ai peccati bisogna prendere sul serio il male. Dio non poteva semplicemente ignorare il peccato. Gesù ha portato su di sé i nostri peccati. È morto per noi, per liberarci appunto dal peccato e dalle sue conseguenze. In questo senso Gesù è il Redentore, assume su di sé i nostri peccati. Ed è anche il vero Sacerdote della Nuova Alleanza, che offre non qualche cosa, ma se stesso per riconciliarci col Padre e tra di noi.
Il punto culminante del libro è la risurrezione di Gesù. Per il Papa, la risurrezione è come un nuovo passo nella «evoluzione» dell'uomo, una nuova «mutazione» dell'essere umano, un grande balzo in avanti verso una umanità che vive in piena comunione con Dio. Il fatto che Gesù è risorto significa che Gesù continua a vivere da uomo -- per sempre -- nel mistero di Dio, aprendoci la porta al Padre e mostrandoci quale sia la nostra grande vocazione: vivere la nostra umanità in un senso trasfigurato e rinnovato alla presenza di Dio stesso. La risurrezione di Gesù era un fatto così importante, spiega il Papa, che i cristiani sin dall'inizio non hanno celebrato il sabato come gli ebrei, ma il primo giorno della settimana, la domenica, il giorno della risurrezione. E così il Papa spiega anche l'importanza della domenica e della messa domenicale. Anche noi possiamo incontrare Gesù risorto nella messa ogni domenica, perché Egli rimane presente in mezzo a noi. Non ha lasciato il mondo; entrando in Dio è rimasto presente nella storia. Quindi il Papa ci spiega anche l'importanza della domenica, della liturgia e della messa domenicale.
Cosa ha imparato personalmente dal cardinale Joseph Ratzinger?
Ricordo bene il primo incontro con lui nel 1993. Mi disse: «Quando lei inizierà a lavorare nella nostra Congregazione non deve mai dimenticare di rimanere semplice e umile». Lui stesso è sempre stato una persona umile e semplice, che non vuole mettere al centro se stesso, ma il Signore. Questa, mi pare, è una caratteristica della sua personalità. Poi, certamente ho imparato da lui la passione per la verità, la passione per Gesù Cristo, la passione per Dio che è Amore. Abbiamo visto come egli si sia sempre impegnato a difendere la fede e la Chiesa, il popolo di Dio, per essere veramente uno dei cooperatori della verità -- Cooperatores Veritatis -- secondo il suo motto episcopale. Tale caratteristica ci mostra un altro punto: il Papa ha la capacità di suscitare uno spirito di collaborazione, di rispetto reciproco, di fiducia, al quale tutti possono contribuire con i loro doni, con le loro grazie, con ciò che hanno ricevuto da Dio. Ha sempre creato un clima familiare con la sua semplicità, la sua profondità, la sua cordialità. Mi ricordo che quando visitò la Congregazione da Papa, il giorno dopo la sua elezione alla cattedra di Pietro, fu accompagnato dal cardinale Sodano, al quale disse: «Eminenza, guardi, questa è la mia famiglia, la famiglia della Congregazione per la Dottrina della Fede». Ci ha considerato come sua famiglia. Per lui c'è grande affetto ancora adesso da parte di tutti i collaboratori. Il Papa, quindi, è un uomo semplice, un uomo profondo, un uomo paterno. Ovviamente il Papa è anche una «stella teologica» che ha una impressionante capacità di discernimento. Spesso quando penso al Papa mi viene in mente l'immagine dell'aquila che vede tutto «dall'alto». Con i suoi occhi di fede e di saggezza, il Papa vede il nucleo delle difficoltà e delle sfide da affrontare, ma sa indicare anche le vie per superarle secondo la volontà di Dio. È un grande dono averlo tra noi come maestro e pastore della Chiesa universale.
(©L'Osservatore Romano 30 giugno - 1 luglio 2011)
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3 commenti:
La fede toglie la paura e fa entrare nella Comunione di Dio. In un'omelia del dicembre 2005, Benedetto XVI disse che quando muoriamo, cadiamo nelle mani di Dio che sono sempre buone mani. Un Uomo così non ha mai paura perché il Signore è con Lui. Ringraziamo il Signore che ce lo ha donato.
molto belle le immagini della Stella teologica e dell'Aquila che vede tutto dall'Alto..
Volevo intervenire con un commento degno di nota, ma… l'articolo mi piace, quindi… GRANDI!!! Continuate così!
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