mercoledì 17 agosto 2011

Testimoni per il mondo. I 567 giovani giunti a Madrid dalla Terra Santa (Sir)

Testimoni per il mondo
I 567 giovani giunti dalla Terra Santa


Una speranza per il loro Paese e una testimonianza al mondo intero. Sono i 567 giovani giunti in Spagna dalla Terra Santa per partecipare alla Giornata mondiale della gioventù, accompagnati del vicario patriarcale per Israele e coordinatore per la pastorale giovanile, mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo. Il SIR ha incontrato mons. Marcuzzo a Las Rozas, nella periferia madrilena, a margine di una catechesi tenuta a un gruppo di giovani italiani, nella quale ha messo in evidenza, tra l’altro, il pericolo rappresentato tanto da una “laicità negativa” che rifiuta la religione, quanto da un “fideismo” che la piega al radicalismo fondamentalista.

Cosa significa per i giovani di Terra Santa la presenza a questo evento?

“Loro rappresentano la terra delle origini, la terra della Bibbia, dell’alleanza, dell’elezione di Dio. I nostri giovani sono oggi, davanti al mondo intero, i testimoni attuali di una storia meravigliosa di salvezza partita da quella terra e che vuole coinvolgere tutti i giovani, in tutto il mondo”.

La Terra Santa è particolarmente travagliata. Pensa che le nuove generazioni siano in grado di portare la pace?

“Abbiamo fiducia nei giovani. Questa generazione non la si può scartare, né dimenticare; anzi, vogliamo prendere atto che qualsiasi giovane porta con sé sogni e desideri nuovi. E questo è proprio ciò di cui abbiamo bisogno. Abbiamo fiducia nella capacità dei giovani di proporre nuove visioni, diversi orizzonti in grado di realizzare nuove strade per la pace in Terra Santa”.

Da alcuni giorni in Israele si è levata la voce degli “indignados”, giovani che manifestano contro le politiche del governo…

“È meraviglioso vedere come tutto questo sia partito da una giovane, che ha messo la sua tenda in strada, nella Rotschild Boulevard, per protestare contro il caro-affitti. Proprio questa tenda ha suscitato un nuovo movimento, si direbbe quasi spontaneo, in tutta Tel Aviv, che adesso è piena di tende, e poi nelle altre città d’Israele, che siano indifferentemente arabe o israeliane. Ecco qui manifestarsi la capacità dei giovani d’interpretare i veri bisogni, far sentire la voce della società, le sue vere difficoltà, e probabilmente – è ciò che speriamo – indicare anche le possibili soluzioni. Questo l’abbiamo visto, ma non ci deve far dimenticare il vero grande problema della Terra Santa, che è la ricerca della giustizia e della pace. Se questa fosse raggiunta, anche gli altri problemi economici e sociali troverebbero soluzione molto più facilmente”.

Pensa che gli “indignados” israeliani avranno successo nella loro azione?

“Sì, certamente, anche se alla lunga. Il fenomeno ha smosso le acque, il governo stesso se ne è preoccupato e quindi occupato. Certamente ci vorrà del tempo, ma sono sicuro che quanto sta accadendo porterà a un cambiamento radicale di politica, nelle decisioni”.

Parlando ai giovani oggi, ha messo in guardia dal rischio del secolarismo e, al tempo stesso, dal fideismo…

“Il laicismo negativo è mortale per la società, poiché toglie all’uomo le sue radici. Dall’altra parte, altrettanto negativo è il fideismo, ossia il considerare la fede in modo radicale, ma senza essere accompagnata dalla ragione. Mentre fede e ragione solo se sono unite e procedono di pari passo permettono all’uomo di completarsi e realizzarsi”.

La primavera araba, secondo alcuni osservatori, sembra correre il rischio di far ripiombare i Paesi che ne sono stati protagonisti in un nuovo “inverno” dominato dal fondamentalismo. Condivide questa preoccupazione?

“È vero che quanto è successo nei Paesi arabi è di difficile lettura, e non sappiamo dove questi avvenimenti ci porteranno. Anzi, ci chiediamo se gli stessi protagonisti di quella primavera lo sappiano: è un fenomeno che ha coinvolto tutti, ma senza un piano preciso. Comunque quello che è successo è una grande benedizione: c’erano tanti aspetti problematici e i giovani hanno trovato il coraggio di metterli in evidenza, opporsi e dunque dar vita a un cambiamento. Il porto d’approdo non sappiamo dove né come sarà, ma certamente abbandonare un mare d’ingiustizia, assistenzialismo, campanilismo, fissità che era alla base di quella società è certamente positivo dal punto di vista tanto sociale quanto politico. Il rischio che l’approdo non sia quello che ci siamo augurati, nella democrazia e nella giustizia, è reale; tuttavia la possibilità di cambiare adesso c’è davvero”.

Resta problematica la questione della Siria, dove ormai ogni giorno si registrano scontri e la repressione da parte del governo. Pax Christi parla di 5 mila tra uccisi e scomparsi e 13 mila prigionieri politici…

“La situazione non è facile: vi è una dittatura che trova radici nella società, appoggi interni ed esterni. Ma anche se questa rivolta non avrà il risultato atteso, già lo scossone dato è positivo per l’avvenire”.

a cura di Francesco Rossi – inviato SIR a Madrid

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