Benedetto XVI sulle orme di san Francesco
Un pellegrinaggio fortemente voluto
È il momento di Assisi. Giovedì 27 ottobre, il Papa torna a pregare nella città di Francesco. L'attesa è sempre la stessa: che una speranza diventi certezza. La speranza che guida i passi del Pontefice si chiama pace.
Benedetto XVI ha voluto fortemente questo pellegrinaggio. Lo ha voluto per fare memoria di quella giornata di venticinque anni fa, durante la quale, con un gesto inedito, Giovanni Paolo II convocò per la prima volta i leaders religiosi di tutto il mondo nella città del Poverello per impetrare il dono della pace.
«Una puntuale profezia» ha definito Benedetto XVI quell'evento.
Effettivamente si trattò di una grande intuizione di Papa Wojtyła. Il mondo stava attraversando un periodo di forti tensioni per una strisciante recrudescenza della guerra fredda e il tema della pace era spesso oggetto di strumentalizzazioni. Da un punto di vista religioso, erano anni nei quali cominciavano a cogliersi i primi frutti del dialogo avviato tra diversi leaders e si avvertiva il bisogno di un nuovo slancio in avanti. In questo senso la data del 27 ottobre 1986 segna un giorno memorabile nel calendario dell'umanità credente. Il Papa polacco si vide attorniato da musulmani, ebrei, buddisti, animisti, induisti e da tanti altri leaders religiosi che avevano risposto al suo invito per ritrovarsi insieme a chiedere la pace per il mondo. Pregarono ciascuno in un luogo diverso, e poi insieme condivisero l'anelito per la pace. «Mai come ora -- disse non a caso Giovanni Paolo II -- nella storia dell'umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il gran bene della pace». E fu in quel giorno che cominciò a soffiare sul mondo «lo spirito di Assisi». Quello spirito che, secondo le intenzioni di Papa Wojtyła, avrebbe dovuto spezzare «le catene fatali delle divisioni ereditate dalla storia o generate dalle moderne ideologie».
Tre anni più tardi cominciarono a sgretolarsi i regimi comunisti, crollarono i muri della divisione. Iniziò un periodo nuovo; tuttavia il mondo non fu esente da guerre e violenze. I primi anni Novanta furono segnati dalle violenze nei Balcani. Un conflitto tremendo, che lasciava quotidianamente sul campo centinaia di vittime innocenti. Papa Wojtyła non fece mancare i suoi appelli. Ma alla fine, sentendosi quasi impotente, chiamò di nuovo a raccolta tutte le persone di buona volontà e li guidò nuovamente ad Assisi a pregare per la pace.
Seguì un periodo di pacificazione in alcune regioni, di instabilità in altre. Tuttavia i fermenti non si arrestavano e continuavano a fomentare quell'odio che condusse alla drammatica data dell'11 settembre 2001. Fu quel tragico evento a convincere Giovanni Paolo II a riprendere, ancora una volta, la strada di Assisi per cercare di ravvivare il soffio di quello «spirito» che qualche anno prima aveva sferzato la coscienza dell'umanità. Fece salire su un treno, subito ribattezzato «il treno della pace», i rappresentanti delle diverse religioni e si incamminò nuovamente sulle vie della cittadina umbra. Era il 24 gennaio 2002.
Il tempo passa e sullo scacchiere del mondo le carte continuano a essere rimescolate per una partita che sembra infinita. In gioco ora c'è una crisi globale le cui radici non sono certamente, o almeno non soltanto, economiche. La gente continua a morire tra violenze e catastrofi ambientali che si abbattono sull'umanità, non senza la complicità dell'uomo stesso.
La Chiesa rinnova, ancora una volta, l'invito a riflettere, a ripensare all'indispensabilità della pace, della giustizia, del dialogo. E guarda ancora verso la casa del Poverello d'Assisi. In quel luogo mistico che sembra contenere nella sua semplicità il rumore di sottofondo di tutte le confessioni religiose, l'impeto silenzioso di un messaggio di pace, che parte da Francesco, dai suoi viaggi nei Paesi del Maghreb, e arriva ai giorni nostri come una nuova tappa di uno stesso pellegrinaggio. Benedetto XVI sale ancora su quel «treno» e porta con sé i delegati delle altre religioni. Li ha invitati per proseguire in un infaticabile e comune lavoro per la costruzione di un mondo pacificato. Sarà anche l'occasione per fare insieme il bilancio degli impegni assunti e dei risultati raggiunti in 25 anni di dialogo. E un modo per chiedere di rinnovare, ancora una volta e più convinti che mai, i rapporti tra le diverse religioni, come risposta forte ai problemi che attanagliano popolazioni intere.
Se il potere e gli interessi di parte continuano a dividere il mondo, la preghiera, è l'idea di fondo, deve farsi più intensa per riuscire a riunire i popoli. Per questo il Papa ha chiesto, a credenti e non, di farsi ancora una volta «pellegrini della verità, pellegrini della pace», come recita il motto della giornata di Assisi 2011.
Invitati d'eccezione alcune personalità del mondo della cultura e della scienza che, pur non professandosi religiose, si sentono sulla strada della ricerca della verità e avvertono la comune responsabilità per la causa della giustizia e della pace nel mondo. È chiaro l'intento di voler coinvolgere in questa ricerca tutti gli uomini e tutte le donne di buona volontà, a prescindere dai loro convincimenti personali. Ogni essere umano è, in fondo, un pellegrino in cerca della verità e del bene.
(©L'Osservatore Romano 27 ottobre 2011)
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