A colloquio con monsignor Cantafora, vescovo di Lamezia Terme
Formazione delle coscienze per ricostruire la società
Nicola Gori
La visita di Benedetto XVI a Lamezia Terme è come un soffio di speranza su una realtà difficile e contradditoria. Le potenzialità di questa terra, già mortificate dalla crisi economica e sociale, sono come soffocate dalla morsa della criminalità organizzata. Ci sono però segnali di resistenza a questo sistema basato sulla paura e l’acquiescenza. La diocesi, infatti, come spiega il vescovo Luigi Antonio Cantafora in questa intervista al nostro giornale, è impegnata nella formazione delle coscienze, per educare alla legalità e ricostruire il tessuto sociale.
La Chiesa che è in Italia ha sollecitato a più riprese un’azione di sviluppo reale e permanente per il Meridione. Come si colloca in questo contesto la visita del Papa?
La visita è un dono spirituale per tutti noi, ma è anche un invito a guardare avanti al futuro della Chiesa e della società meridionale. Stiamo vivendo un tempo particolarmente difficile, con una silenziosa ma continua emigrazione giovanile; una crisi a tanti livelli che nel Meridione assume tonalità forti. La visita del Papa è un balsamo davanti a tante insidie, e sappiamo che essa sarà anche apportatrice di una parola illuminata suscitatrice di impegno per il miglioramento delle persone e del territorio. Anche le sue encicliche, specialmente l’ultima in maniera inequivocabile, sollecitano i cristiani a interessarsi al bene comune. La sua visita in Calabria s’inquadra in questo momento storico in cui abbiamo tanto bisogno di prendere in mano, con maggior responsabilità e competenza, il destino del nostro Paese e in particolare del Mezzogiorno.
Da pochi giorni è stato celebrato il convegno diocesano di Lamezia Terme. Come si è preparata la comunità cattolica alla visita pastorale di Benedetto XVI?
Devo esprimere la mia gioia perché dopo aver annunciato la notizia della visita del Papa, c’è stata una grande mobilitazione. Dall’ottobre 2010 a oggi, tutto è stato orientato a preparare l’evento. Il servizio diocesano per il coordinamento della pastorale si è attivato suscitando e promuovendo incontri e iniziative di vario genere. Si è cercato, in particolare, di raggiungere tutte le vicarie e quindi di decentrare i punti di riferimento formativi. Rilevanti sono stati alcuni appuntamenti di riflessione e di approfondimento del magistero di Benedetto XVI attraverso le sue encicliche, sottolineando le peculiarità e l’incisività sul sociale, incontri di lectio divina e di preghiera sulla figura del Successore di Pietro, trasmissioni televisive su reti locali che hanno fatto conoscere le numerose realtà presenti nel territorio lametino, che sono una speranza viva di rinnovamento.
Con frequenza la terra lametina viene purtroppo alla ribalta delle cronache a motivo della criminalità organizzata e della corruzione. In che misura la crescita e lo sviluppo economico sono ostacolati dalla criminalità?
Purtroppo il male fa più rumore del bene, anche perché è subdolo e invasivo. La criminalità organizzata ostacola, qui come altrove, lo sviluppo dell’economia ma anche della libertà e della democrazia. Come Chiesa, stiamo puntando molto sulla formazione delle coscienze, collaborando anche con altre agenzia nell’educazione alla legalità. Bisogna ricostruire il tessuto sociale e ridonare speranza a partire da gesti concreti, da segni efficaci anche se piccoli. La scuola di dottrina sociale della Chiesa, operativa dal mio arrivo in diocesi e diffusa ormai in diversi centri vicariali, non solo è molto frequentata, ma fa parte delle esperienze pilota sul territorio nazionale. Grazie alla collaborazione di validi esperti abbiamo avviato il progetto Amos, realizzando così una vera circolarità del bene, un mettere in rete risorse e competenze, da nord e sud per il sud, pensando anche al Mediterraneo.
Come si armonizzano pastoralmente le varie vocazioni — economica, commerciale e agricola — del territorio con un’unica città sorta dall’aggregazione di tre centri urbani?
La città risente ancora di una mancata unificazione progettuale, sia sul piano urbanistico sia su quello dei servizi. La vocazione economica territoriale è come in subbuglio, va riprogettata, e forse non potremo ignorare il ruolo degli immigrati presenti nel commercio, nell’agricoltura e nelle nuove professioni. Da un punto di vista pastorale stiamo cercando di valorizzare e purificare la pietà popolare sperimentando l’unificazione di appuntamenti forti da un punto di vista religioso in un unico convenire, quali la via Crucis cittadina il venerdì santo o alcune feste patronali molto sentite dalla popolazione. Non è un’operazione facile e richiede la collaborazione persuasa del clero. Stiamo puntando molto sulla formazione dei presbiteri, che in diocesi sono in larghissima percentuale giovani.
Quanto ha inciso la visita di Giovanni Paolo II del 1984 sulla vita diocesana?
Quella visita fu molto apprezzata dalla popolazione, ma fu sentita come incontro fugace, una sosta, un passaggio verso altre città della Calabria dove poi ha soggiornato; oggi siamo grati a Benedetto XVI perché ha voluto fermarsi anche da noi. Questa sua sollecitudine pastorale ci ha colpito molto.
(©L'Osservatore Romano 9 ottobre 2011)
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