Mons. Bruno Forte sull’Anno della Fede indetto da Benedetto XVI: chi si estrania dalla storia non è un vero cristiano
L’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI con la lettera apostolica Porta Fidei pubblicata ieri, è un invito a “mettersi in cammino” per aprire il cuore alla speranza, a Gesù Cristo.
La porta della fede – scrive il Papa – è sempre aperta anche per tante persone che, “pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo”. Sull’Anno della Fede, che inizierà l’11 ottobre del 2012, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte:
D. – L’Anno della fede, dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre del 2013, sarà profondamente legato a pagine dense di significato come il 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II, la ricorrenza dei 20 anni del Catechismo della Chiesa cattolica e l’apertura, proprio ad ottobre del prossimo anno, dell’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi…
R. – Il Papa ha voluto celebrare il 50.mo del Concilio Vaticano II. Il Concilio è quanto mai vivo, e lo specifico che Benedetto sottolinea è che i grandi frutti del Vaticano II sono nell’ordine della fede. Il Concilio, cioè, è stato una "primavera" della fede, un rinnovato soffio dello Spirito. Credo che la coincidenza del 50.mo del Vaticano II, del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione e dell’apertura dell’Anno della fede sia estremamente emblematica di una profonda continuità nel costante rinnovamento che il Papa indica come via della Chiesa, in modo speciale all’insegna del grande dono della fede.
D. – E per percorrere questa via, la conoscenza dei contenuti della fede – aggiunge il Santo Padre – è essenziale per aderire con intelligenza e volontà a quanto viene proposto della Chiesa…
R. – Il Papa richiama la necessità di entrambe queste operazioni. E’ necessario che i credenti e coloro che sono in ricerca conoscano in profondità i contenuti della fede. In questo senso, richiama anche l’uso del Catechismo nella Chiesa cattolica. E dall’altra parte, indica che questo contenuto della fede va fatto anche proprio con un cammino di libertà, mettendosi in gioco. Io credo che sia molto bella l’attenzione anche a questo secondo aspetto, perché è l’aspetto che mette in luce l’importanza che ciascuno, nella propria libertà, giochi se stesso nel “sì” e nell’audacia della fede.
D. – E un altro punto cruciale di questo documento riguarda proprio l’audacia della fede: il cristiano – spiega il Papa – non può mai pensare che il credere sia un fatto privato. La fede implica una testimonianza e un impegno pubblici e questa è un’esigenza molto urgente, proprio in questa società…
R. – Non si può vivere la fede come un qualcosa di privato, di individualistico che ci estranei in qualche modo dalla storia. Il cristianesimo non è la religione della salvezza "dalla" storia, ma è la religione della salvezza "della" storia. E questo significa che proprio coloro che vivono l’adesione di fede al Signore Gesù, al Verbo incarnato di Dio, devono anche vivere la fedeltà al mondo presente, in cui essi sono posti, e la fedeltà al mondo che deve venire, che è il mondo della promessa di Dio dischiusa in Gesù Cristo. La coniugazione di queste due fedeltà è la testimonianza cristiana. Cioè, non si è testimoni di fede uscendo dalla storia. Si è testimoni di fede portando nel cuore della storia l’esperienza dell’avvento di Dio in Gesù Cristo, che ci ha toccato e cambiato il cuore e la vita. (gf)
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1 commento:
Invece uno come lui che nega la resurrezione fisica di Cristo lo sarebbe?
jacu
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